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Empatia e sguardo spiazzante, la voce di Susanna Tartaro per Sorella Radio

Tartaro sabato 16 a Levico racconta “Le mie cose preferite”: Roma, gli alberi, gli haiku e quella particolare forma di poesia che è la radiofonia
DAL BLOG
Di Paolo Ghezzi - 13 November 2024

Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)

Nel globo terracqueo squassato da guerre e inondazioni, c’è ancora una meravigliosa, incredibilmente intatta baia italiana dove tsunami, odio e ignoranza non arrivano, e ai naviganti offre approdo sicuro in numerose magnifiche calette, spiagge e insenature.

 

La grande baia dorata è quella di Radio3. E le insenature piene di bellezza sono Radio3Suite, le Lezioni di Musica, Uomini e Profeti, Radio3Scienza, Radio3Mondo, Sei Gradi, L’idealista e WikiRadio e i libri letti “Ad alta voce” (magari dalla magica Manuela Mandracchia) e, naturalmente, Fahrenheit, che ogni pomeriggio per tre ore ci accompagna in una impagabile avventura tra libri, voci e idee. Per noi radio3monogamici, le voci della baia sono una più bella dell’altra. E il bello della baia è che regala l’immortalità, grazie all’archivio di RaiplaySound dove si possono ancora riascoltare, per dirne solo due di leggendarie, le voci di Rossella Panarese (maestra di scienza divulgata) e di Guido Zaccagnini (ironia e musicologia).

 

E tra le voci di “Fahre”, si staglia inimitabile e curiosa e affettuosa e consolante quella della curatrice Susanna Tartaro, ormai per fortuna entrata nella short-list dei conduttori. Empatia via etere, una voce che fa compagnia e riscalda le stanze dove si irradia il segnale radio, radiazioni positive di intelligenza e di cura.

 

S.T. è un po’ E.T. perché esercita uno sguardo laterale, spiazzante, sulle cose della vita. E non è solo una voce radiosa, ma anche un’autrice di libri intensi e solo in apparenza minimalisti: stavolta si intitola “Le mie cose preferite” (Editore Marsilio, sarà presentato da Giacomo Bianchi di ArteSella alla Piccola Libreria di Levico sabato 16 novembre alle 18).

 

Il titolo riprende la mitica, venticinquennale sigla (“My Favorite Things”) dal “santo” jazzista Coltrane, a sua volta pescata nel meraviglioso musical di ambientazione salisburghese “Tutti insieme appassionatamente” (“The Sound of Music”), in cui Julie Andrews elencava le sue cose preferite: regali avvolti in carta da pacco, campanellini da slitta, pony color crema, strudel, cotolette eccetera. EsseTì ci racconta la sua vita dentro e intorno e di lato alla radio. E ci mette il cuore. Insieme a uno sguardo acuto e colorato, mai ingrigito dall’abitudine.

 

Il nome Susanna viene dall’ebraico “giglio” e il cognome designa un fiero guerriero delle steppe: e Tartaro – sia conduttrice sia scrittrice – è felice combinazione di floreale lievità e di tenace resistenza. Il suo libro è plurima dichiarazione d’amore: a Roma (e al suo palindromo Amor), alla Rai e agli incontri che ci fai, agli alberi e ai cani e alla gente nelle strade, alla poesia e alla memoria.

 

Non emozioni troppo forti, ma lampi, squarci, acquarelli, pastelli, simil-haiku (altra passione della Nostra) in liquida prosa.

EsseTì sa scrivere. Solo un assaggio: Da qui, dal panottico di casa, guardo un cane. Lingua al vento si lancia nell’erba del giardino sottostante… L’incuria ha regalato al quartiere un pezzetto di Amazzonia protetto da auto e cemento, i latrati di gioia aleggeranno nell’aria fino al tramonto. Più tardi, come aperitivo, berrò il venticello che accarezza la gramigna”.

 

E un altro assaggino, a proposito di un rider: “Il ragazzo si alza, s’imbriglia di nuovo nel basto con le pizze, traffica col monopattino e sparisce nella lava dei fari”.

 

Alberi, poeti, voci e autori sono descritti con poetica precisione, EsseTì dipinge con le parole e raramente inciampa nel manierismo (forse solo due volte in cento pagine: calpestano il guano e si consegnano a una memoria di litio”, per dir di turisti con telefonino; e “come una carpa arpionata, si dibatte sul bagnasciuga del nulla” per dire del “buco” – collegamento interrotto, telefono perduto dell’ospite – terrore dei radioconduttori).

 

Venialità, del tutto trascurabili nella saggezza scrivente di EsseTì che sa bene evocare la magia della vita (“I was born to love magic”, cantava la voce soprannaturale di Nick Drake, che Radio3 benedetta spesso ci ripropone) anche solo partendo da un albero, indicato con botanica acribia, o da un baretto, da un semaforo o da uno scaffale.

 

Saggezza perfino filosofica, per non dire mistica, quando descrive la magia della radio che ci è compagna quotidiana, seguendoci leggera dovunque camminiamo: “L’autobus caracolla alla fermata mentre un’emozione sta screziando la voce di chi è al microfono. Premo gli auricolari dentro le orecchie, ché non mi sfugga quel silenzio abitato che suona nitido, col respiro dopo la domanda e il sospiro dentro la risposta. La radio è poetica anche quando non parla di poesia, anche quando non emette suono. Fa silenzio quando fuori c’è rumore. È soffice. E che cada pure la linea, che l’altro non parli o che non trovi la parola giusta! Quel buco silenzioso lo abiterà solo chi è all’ascolto...”.

 

Proprio così. Proprio questo fa della radio un dono e un miracolo. C’è pure l’archeologia affettuosa della radio, in “Le mie cose preferite”. Come quando le musicassette si riavvolgevano con la matita ruotata dentro la rotellina. O come quando le registrazioni erano ancora su nastro e ti capitava, alla Rai di via Asiago, di sentire un tecnico masticare l’invocazione, rovistando nel mucchio dei nastri tagliati, “Me serve un perché… un perché, me serve un perché”.

 

Passando ai miei personali nastri della memoria, Marino Sinibaldi era eloquente e perfetto, ma lontano dall’empatia di Tartaro. Gabriella Caramore saggezza avvolgente. Paola De Angelis, a Seigradi, l’ideale compagna di giochi musicali. (Unica eccezione a Radio3: Enrico Rufi, a Radio radicale, rassegna delle prime pagine, un graffio amico a mezzanotte). Guido Barbieri e Oreste Bossini, la sera della Suite, pura musica alle nostre orecchie. A Fahrenheit, di questi tempi, Tommaso Giartosio colto e caldo. Ma Susanna Tartaro è unica. La cura della curatrice, insuperabile: “Diventare aria, che privilegio!”. “Sono fugaci, la radio e la poesia, sono musica, canto, soffio, parola”.

 

Sorprese, pure, nel libro: Mario Marenco, leggenda di Alto Gradimento, che si mette EsseTì sulle spalle e la fa volteggiare in volo nei corridoi di viale Mazzini (“è da quella lezione volante che amo l’architettura”). Gianni Bisiach e un codazzo di segretarie. Patrizia Cavalli. Caproni e Pasolini in dialogo.

 

Viaggio nella memoria, anche. Un padre, una madre, una cameriera che era stata la governante di Helmut Berger e parlava con accento lucan-teutonico! Luoghi da ritrovare girando in autobus (non più motorino, rimasto accartocciato sul selciato) in periferie larghe e spaesanti: “Il cameriere sta passando lo straccio e io torno a quando nascevo, al 1966 di Uccellacci e uccellini, cercando in queste strade in bianco e nero un pezzo di me”. Nostalgia, certo: “Nella toponomastica romana resistono monti, vigne, orti, prati e colli come baluardi di un verde antico perlopiù scomparso”.

 

Le mie cose preferite” è il regalo di Natale perfetto per le sue radioascoltatrici e i suoi radioseguaci, come un piccolo manuale di sguardi attenti, nonviolenti, sul mondo, uno sguardo che irradia. Anche l’incidente di lei speronata da un Suv arrogante passato col rosso (rischio di morte e frattura del radio!, quasi una predestinazione!) è evocato con tocchi leggeri, senza schizzi di sangue e violenza. Con umanità dolente di ospedali affratellanti.

 

La televisione è madre matrigna, grandefratella, droga e mammella. San Francesco, tornasse, elogerebbe invece la Radio con l’Acqua e la Terra. E se la Radio è una Sorella, Susanna ne è una sapiente anima guida, radiomantica rabdomante.

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