Zika, le Olimpiadi sono passate...e adesso?
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Meno di un anno fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lanciava l’allarme: la diffusione del virus Zika è un’emergenza di salute pubblica. L’avvertimento risultava impellente, dato l’approssimarsi dei Giochi Olimpici proprio nel paese da cui l’allarme era partito. Infatti, l’organizzazione delle Olimpiadi era stata assegnata al Brasile, nazione stremata dalla povertà e dalla corruzione, che ha portato all’attuale crisi governativa e alla destituzione del presidente Dilma Rousseff.
A peggiorare la situazione, nel corso del 2015 un’anomala incidenza di bambini nati con microcefalia congenita aveva interessato il Nord-Est del paese. Studiando i fattori concomitanti che avrebbero potuto spiegare una tale incidenza, gli epidemiologi brasiliani si focalizzarono sulla comparsa del virus Zika in territorio brasiliano.
Si era a conoscenza della sua espansione nel paese sin dal Marzo 2015 e a metà Luglio erano stati registrati una cinquantina di casi di sindrome di Guillaine-Barré, un raro disordine auto-immune del sistema nervoso la cui aumentata incidenza era già stata associata ad un’improvvisa epidemia di Zika nella Polinesia Francese. L’impennata di casi di microcefalia congenita da una media inferiore ai 200 casi nel 2014 ai 3.174 casi registrati nel 2015, scatenò innumerevoli preoccupazioni.
I Giochi Olimpici e Paralimpici, tuttavia, non furono rimandati su suggerimento dell’OMS stesso, in considerazione del fatto che l’evento si sarebbe tenuto durante l’inverno brasiliano, quando l’attività degli artropodi che diffondono il virus, le zanzare Aedes aegypti, è minima. Un sottile isterismo collettivo ha tuttavia pervaso il globo. Oltre alle ovvie precauzioni da adottare contro il morso delle zanzare per chiunque si recasse nelle zone a rischio, l’OMS raccomandava e raccomanda tuttora di praticare sesso sicuro o di astenersi per un periodo di sei mesi dal ritorno dal Brasile. Infatti, Zika è trasmesso anche per via sessuale. Ciò risulta particolarmente preoccupante data l’associazione tra infezione da virus Zika e alterazioni fetali in gravidanza. Addirittura, si sconsigliava alle donne gravide di viaggiare in Brasile.
Quali ripercussioni hanno avuto sulla diffusione di Zika le masse di turisti, operatori e sportivi che si sono riuniti a Rio per i Giochi?
A Rio, la trasmissione del virus è stata minima durante i mesi invernali rispetto ai picchi raggiunti a Febbraio, durante l’estate brasiliana. Addirittura, non un solo caso di infezione da Zika è stato riportato tra turisti e atleti a fine agosto. Nonostante questi dati, a settembre l’OMS riconfermava la necessità di ritenere il virus un’emergenza di salute pubblica, anche sulla base di nuovi casi di infezione in altri paesi. Soprattutto in vista dell’imminente estate, quando la densità delle zanzare che trasmettono Zika è ai massimi livelli.
Come già menzionato, il maggior numero di casi di microcefalia associata al virus si è registrato nel Nord-Est. Gli epidemiologi si attendevano un analogo andamento nel resto del paese nei mesi successivi, ma così non è stato. Secondo il Centro di Operazioni di Emergenza in Salute Pubblica (COES), su 9.091 casi di microcefalia notificati dall'8 novembre 2015 al 20 agosto 2016, 6.346 casi sono stati registrati nel Nord-Est (69,8%) e di questi ultimi 1.538 casi sono stati confermati essere associati a infezione da virus Zika (su un totale di 1.845 casi confermati). I pochi dati disponibili per tracciare lo sviluppo e le tempistiche della diffusione di Zika dal suo arrivo in Brasile rendono difficile determinare le ragioni di una tale differenza. Si suppone che la spiegazione dell’alta incidenza di casi di microcefalia sia da ricercarsi in fattori socio-economici, come il livello di povertà. Anche fattori genetici, immunologici o ambientali potrebbero essere implicati. Per esempio, è stata avanzata l’ipotesi di una correlazione tra le basse percentuali di vaccinazione contro il virus della febbre gialla e l’alto numero di casi di microcefalia, suggerendo un possibile effetto protettivo di tale vaccino contro le complicazioni date da Zika (entrambi i virus appartengono alla famiglia Flaviviridae e sono trasmessi dallo stesso vettore).
Un altro spunto da prendere in considerazione è la procedura di diagnosi di microcefalia congenita. Negli scorsi anni, il Brasile riportava un numero di casi inferiore rispetto a quello atteso, probabilmente sottostimando l’incidenza di questa malformazione. Il Sistema brasiliano di Informazione sulle Nascite (SINASC) nel 2010 segnalava un’incidenza di microcefalia nel paese di 0.5 casi su 10.000 nati vivi, mentre altri studi suggerivano un valore atteso di casi tra i 1,0 e i 2,0 su 10.000 nati vivi. Inoltre, il Ministero della Salute brasiliano adottava dei parametri di diagnosi meno restrittivi rispetto a quelli consigliati dal programma di investigazione clinica ECLAM (Estudio Colaborativo Latino Americano de Malformaciones Congènitas). Il Ministero cercava in tal senso di monitorare il più alto numero possibile di neonati per precauzione, sebbene l’applicazione di tali parametri suggerisca che il numero di casi sospetti non fornisce una precisa immagine della situazione.
Non è dunque facile comprendere l’entità dei danni. Le prove che Zika possa essere la causa di complicazioni quali la microcefalia vanno accumulandosi con i mesi. Una delle evidenze più sostanziali è stata fornita dalla presenza del virus in un feto abortito con gravi anormalità a livello cerebrale. Non è ancora chiaro, però, quale sia il rischio di incorrere in malformazioni congenite in seguito ad infezione da Zika virus. Molti altri microorganismi possono causare microcefalia, come il cytomegalovirus e la toxoplasmosi, ma il rischio associato ad essi è quantificabile e molto basso. Nel caso di Zika, invece, questo dato non è ancora conosciuto con precisione. Secondo recenti studi, la trasmissione verticale del virus da madre a figlio sarebbe possibile in quanto le cellule dell’endometrio che rivestono la superficie dell’utero sono permeabili al virus e ne permettono il passaggio durante il primo trimestre di gravidanza.
Parafrasando il titolo di un articolo pubblicato dal New Yorker qualche mese fa, la gara per il vaccino è aperta. Sempre più laboratori si stanno unendo alla corsa per capire quali meccanismi sono alterati nei casi di microcefalia, ridotta crescita intrauterina e altri difetti associati con l’infezione in donne gravide. Alcuni vaccini sono già in via di sperimentazione su topo e scimmia, ma ci vorrà ancora molto tempo prima di arrivare alla commercializzazione. Nel frattempo, secondo l’ultimo report dell’OMS, il rischio non è mutato e il virus Zika continua a diffondersi in quelle aree dove proliferano le zanzare che lo ospitano.
Così, in meno di due anni, Zika è passato dall’indifferenza mondiale alla notorietà estrema. È stato certamente il virus più discusso e studiato del 2016. Noi ci auguriamo che continui ad esserlo, perlomeno finché la corsa al vaccino non avrà il suo vincitore.
(di Lucrezia Ferme)