Alla scoperta delle 'idee di confine' tra scienziati di tutto il mondo, l'esperienza di Open Wet Lab in Olanda
Siamo un'associazione di giovani studenti o ex-studenti, impegnati nella divulgazione scientifica. La wet biology è l'attività di ricerca che si fa in laboratorio e a noi piace mettere le mani in pasta
Come vi avevamo anticipato, Open Wet Lab ha partecipato all’ultima edizione del festival 'Border Sessions', tenutasi recentemente all’Aia (Qui post precedente). Con questo articolo vi racconteremo la nostra esperienza.
28 Giugno 2017, L’Aia, Paesi Bassi, Europa, Pianeta Terra
E’ una giornata grigia e piovosa, scendiamo dal treno in stazione centrale e ci dirigiamo verso il luogo designato per i laboratori. All’ingresso ci attendono due ragazzi che ci consegnano i biglietti, ci invitano a prendere posto e ci indicano nome e password della rete wifi:
Network: The Grey Space in the Middle 'Lo Spazio Grigio nel Mezzo'
Password: questioneverything 'metti in dubbio qualsiasi cosa'
Le premesse sono chiare, non siamo qui per partecipare ad un laboratorio ordinario, con persone ordinarie che si occupano di cose ordinarie.
'Border Sessions' è un festival nel quale scienziati, artisti, politici e innovatori di ogni genere si ritrovano per discutere di 'idee di confine', di visioni e di tecnologie che stanno trasformando il nostro modo di vivere. Siamo stati invitati dalla Waag Society, una organizzazione di biohacking affine alle nostre attività, per partecipare come partner alla sessione da loro organizzata. Le premesse sono eccitanti e non attendiamo altro che l’inizio della giornata.
Il primo laboratorio tratta della nuova tecnologia per la modifica del genoma: Crispr. Si parla delle sue implicazioni etiche e della sua percezione da parte della società.
L’argomento è fondamentale perché, come ci viene mostrato in pratica, le sue applicazioni sono tanto rivoluzionarie quanto relativamente semplici da portare a termine, rendendole di conseguenza potenzialmente pericolose. Guidati da biologi esperti ci ritroviamo a preparare le soluzioni per portare a termine una modifica genomica di un batterio, attraverso l’utilizzo della tecnologia Crispr.
Prima di concludere l’esperimento, la responsabile del laboratorio ci pone di fronte una questione fondamentale: siamo sicuri di volerlo portare a termine? La reazione che stiamo compiendo è infatti illegale, perché comporta la creazione di un organismo geneticamente modificato al di fuori di uno spazio predisposto come quello di un laboratorio.
Ci guardiamo attoniti tra partecipanti: siamo sicuri di volerlo fare? Quali sono i motivi che ci spingono a continuare la ricerca? In che misura questa si relaziona con il benessere della società?
Fin dal primo momento veniamo esposti alla riflessione centrale dell’intero festival: qual è lo scopo del progresso tecnologico e in che modo la società civile si confronta con esso? E’ una riflessione essenziale e cruciale dei nostri tempi, in cui le novità tecniche influenzano le comunità umane ad un ritmo accelerato.
La giornata prosegue con incontri tenuti da altri biohackers austriaci e olandesi, in cui ci sono stati presentati progetti artistici all’interfaccia tra la scienza dell’informazione e le biotecnologie. Venire a conoscenza di come si possa fare arte mediante sistemi biologici ed algoritmi è stata una scoperta affascinante: unire la potenza comunicativa dell’arte con la creatività e le innovazioni scientifiche ci è sembrata essere una combinazione strabiliante.
La giornata si è quindi conclusa con un lungo laboratorio sugli effetti del cibo e degli inquinanti sul sistema endocrino umano. Come il resto delle attività della giornata anche questa è stata a dir poco conturbante. Partendo dagli estrogeni naturali e dagli aromatasi inibitori (molecole naturali e che hanno un effetto sul sistema ormonale dell’uomo e della donna) il laboratorio ci ha portato a discutere del concetto di 'gender' e dell’effetto di queste sostanze sullo sviluppo sessuale e la sessualità.
Abbiamo avuto l’onore di discutere di queste tematiche fondamentali con persone diverse e con diverse preparazioni in ambito artistico, scientifico e filosofico: è stato un momento costruttivo, un invito a riflettere e a usare un pensiero critico, cosa che spesso dimentichiamo di fare, travolti dall’eccesso di informazione.
29 Giugno 2017, L’Aia, Paesi Bassi, Europa, Pianeta Terra
Il secondo giorno è stato altrettanto sorprendente: i laboratori hanno lasciato spazio alle presentazioni di scienziati ed inventori di tutto il mondo, che hanno voluto condividere con noi le loro esperienze e le loro idee, lasciandoci importanti spunti di riflessione. Due in particolare hanno catturato la nostra attenzione.
Il primo è stato uno scienziato giapponese che ha presentato il 'pesce-robot': un robot marino il cui sviluppo, avvenuto quasi per gioco, ha portato alla creazione di tecnologie con possibili applicazioni nel campo della chirurgia.
Il secondo è stato un agronomo americano che si occupa di 'fattorie verticali': si tratta di tecniche di coltivazione verticale, senza l’utilizzo di suolo, per le quali si stanno scoprendo nuove possibilità di creare un sistema che sia in grado di autosostenersi dall’inizio alla fine, riducendo al minimo gli sprechi. Una possibile applicazione è appunto la coltivazione in-loco di ortaggi e frutta. Forse un giorno entreremo nei supermercati e coglieremo direttamente dalla pianta i pomodori che intendiamo acquistare.
Il messaggio centrale di questa giornata è stato l’importanza della collaborazione, che deve essere incentivata non solo a livello di discipline e competenze ma anche di paesi e culture. Le sfide globali che ci attendono non possono che essere risolte attraverso un intenso lavoro di comunicazione e sviluppo di visioni comuni alla soluzione dei problemi.
Scienziati ed ingegneri devono lavorare insieme a politici, economisti, antropologi ed artisti, di paesi e culture diverse, uniti dalla passione e dall’obiettivo di costruire un mondo migliore per le future generazioni.
Divulgare e diffondere idee innovative e inter-disciplinari è la chiave affinché la società civile sia parte del processo di sviluppo stesso.
Questo clima di collaborazione e condivisione che si vorrebbe creare implica l’abbattimento delle barriere per l’instaurazione di un dialogo comune che vada ben oltre i confini della scienza e insegni a ognuno di noi a fare tesoro delle idee e delle peculiarità altrui, cosa che può avvenire solo se si impara prima di tutto a rispettare il prossimo in quanto essere umano.
Noi di Open Wet Lab ci stiamo provando, consapevoli che anche nel piccolo della realtà trentina si possano avere grandi idee. 'Border Sessions' ci ha insegnato che, come noi, molti altri sono impegnati nell’intento. E voi? Accettate la sfida?
(di Giovanni Palla e Chiara Baggio)