La senatrice Testor ci querela e il Gip (dopo il Pm) archivia: ''Dissenso ragionato''. Quando la politica si 'stupisce' del diritto di critica
Direttore de il Dolomiti
Il Pm aveva chiesto l'archiviazione chiarendo che ''tenuto conto del contenuto dell'articolo e della finalità perseguita, atteso che l'autore si limita ad esprimere la propria opinione, nei limiti della continenza, su temi politici di attualità''. D'altronde se fosse passata la linea della senatrice Testor avrebbe significato uccidere la libertà di stampa, di critica politica, di dissenso in un colpo solo tanto era strampalata la querela della politica trentina.
Lei però ha voluto anche opporsi alla richiesta del Pm ed ha deciso di proseguire la causa nei confronti del sottoscritto e così si è dovuto attendere anche il pronunciamento del giudice per le indagini preliminari che ha disposto l'archiviazione sottolineando che ''dallo scritto è emersa una forte critica alla modalità di espressione e alle idee manifestate dalla senatrice ma non un attacco personale alla stessa, bensì un dissenso ragionato''. ''La prognosi sulla ragionevole previsione di condanna è assolutamente negativa'' e pertanto si ''dispone l'archiviazione del procedimento perché la notizia di reato è infondata ed il fatto non costituisce reato''.
Tutto bene? Certo che sì, tutto è bene quel che finisce bene, ma c'è un ma: sono passati più di 2 anni da quella querela per diffamazione inoltrata dalla senatrice Testor al nostro giornale e a me nello specifico. Era il 25 luglio 2022 quando la senatrice, candidata alla Camera nel 2013 con la Lega, poi eletta nel 2018 con Forza Italia e rieletta nel 2022 con la Lega, depositava la sua querela per diffamazione contro il mio articolo dal titolo ''Quando la politica sprofonda nella peggiore delle strumentalizzazioni. Testor sull'arresto di due jihadisti: 'Con lo Ius Scholae sarebbero stati italiani'''.
Già perché la senatrice era riuscita a produrre un comunicato stampa, a margine dell'arresto di due giovani a Rovereto accusati di jihadismo, che metteva in collegamento il fatto di cronaca con una potenziale riforma dello Ius Scholae. ''I due ragazzi (due giovani jihadisti arrestati in Trentino ndr) - scriveva - non solo erano incensurati ma nati in Italia e ben inseriti nel contesto sociale, di studio e di lavoro. Ciò significa che, con una legge come lo Ius Scholae tanto promossa dalla sinistra, questi pericolosi terroristi sarebbero stati italiani a tutti gli effetti. Ennesima dimostrazione che una legge per la cittadinanza facile non solo non serve, ma in casi come questo potrebbe addirittura mettere in pericolo la sicurezza del nostro paese”. Oggettivamente frasi che rilette a anche a due anni di distanza fanno accapponare la pelle. Come scrivevamo allora ''una strumentalizzazione delle più basse''.
Il nostro articolo a commento di queste (s)considerazioni lo trovate qui . La senatrice ha pensato bene di sporgere querela per quanto da noi scritto per diffamazione aggravata. Un brutto segnale anche di come si percepisce la stampa, il diritto di informazione e di critica politica. Un (mal)costume sempre più in uso da parte di una classe politica che negli ultimi decenni è diventata sempre più fragile, che fatica a riconosce prerogative e priorità, che se la prende con chi dissente, pur volendo partecipare (giustamente) al gioco delle opinioni, del confronto pubblico, della politica appunto. Si chiede la ribalta con tanto di comunicato stampa e poi ci si stupisce se quel ''pensiero'' viene analizzato e, di conseguenza, criticato. Eppure la Costituzione parla chiaro e all'articolo 21 non lascia spazi di interpretazione disciplinando il diritto di critica e di cronaca in maniera tanto semplice quanto chiara. Per non parlare della fondamentale funzione del giornalismo che devi farsi ''cane da guardia'' del potere a tutela della democrazia e del pluralismo delle opinioni (Watchdog journalism). Ecco perché appare ancor più grave quando è il politico (per non parlare di un Parlamentare) a querelare.
In un articolo di pochi giorni fa dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia si leggeva che ''negli ultimi due anni, la libertà di stampa in Italia ha affrontato una pressione crescente, con un numero di episodi di intimidazione ai media documentati dalle organizzazioni internazionali. Secondo i dati del Media Freedom Rapid Response (MFRR) – l’osservatorio europeo che anche grazie a finanziamenti della Commissione Europea monitora le violazioni alla libertà di informazione – nel biennio 2022-2024 sono state registrate ben 250 segnalazioni di minacce e intimidazioni nei confronti dei media italiani, in aumento rispetto alle 74 del biennio precedente. Un quarto di esse proviene da pubblici ufficiali o membri del governo. Tra azioni legali, intimidazioni verbali e tentativi di censura, il panorama mediatico italiano appare sempre più ostile per chi cerca di svolgere il proprio lavoro in modo libero e indipendente''.
A noi, che siamo rimasti appesi a questa vicenda per 2 anni, non resta che scrivere. Raccontare quanto è successo: che una senatrice della Repubblica Italiana, che da due legislature siede in Parlamento, ed è stata capace di produrre quel comunicato stampa di cui davano notizia (non certo in modo acritico, impossibile non indignarsi quando si incappa in certe considerazioni), ha pensato bene di querelarci proprio per aver stigmatizzato quanto da lei scritto. Mala tempora currunt per la libertà di informazione. Anche se alla fine, tutto è bene quel che finisce bene. Dopo 2 anni.