I giovani italiani pensano a laurearsi invece che lavorare? Nulla di più falso: i nostri ragazzi sono tra i più indietro d'Europa per studio e formazione
Direttore de il Dolomiti
"Io sono stato da un falegname l'altra settimana. Tutti i falegnami nello studio avevano più di 50 anni perché non avendo delle aziende che possono sopravvivere da sole, ai figli fanno fare altre cose tipo mandarli a scuola o all'università. Noi ci ritroveremo tra 20 anni che non ci saranno più falegnami, non ci saranno più muratori, non ci sarà più gente che fa i controsoffitti". Le parole di Flavio Briatore detta a Cartabianca, la trasmissione condotta da Bianca Berlinguer su Rai3 qualche giorno fa, oltre a qualificare, come al solito, l'imprenditore per quel che è hanno riaperto un dibattito sui giovani e il lavoro, con una parte di popolazione a dar man forte al patron del Billionaire.
Uno dei luoghi comune che serpeggiano nel Paese, infatti, è quello che i giovani d'oggi sarebbero tutti laureati o comunque ''studiati'' e quindi anche per questo una volta costretti a misurarsi con il mondo del lavoro non accetterebbero molte offerte perché vorrebbero da subito inserirsi in ambienti e livelli che diano loro, in qualche modo, la possibilità di dare seguito al proprio percorso di studi. Nulla di più falso, purtroppo e l'Istat non mente. I giovani italiani sono quelli in Europa che si laureano di meno con solo la Romania a fare peggio. Se, infatti, la media europea di giovani laureati è del 41% (quindi su 100 giovani di età compresa tra 24 e 34 anni, in Europa si laureano in 41) in Italia è il 28%. Un livello bassissimo se si pensa che paesi come Lussemburgo e Irlanda possono contare sul 63 e il 62 per cento di giovani laureati e che hanno tassi superiori al 45% (che è l'obiettivo minimo da raggiungere, secondo l'Ue, entro il 2030) Cipro, Lituania, Paesi Bassi, Belgio, Francia, Svezia, Danimarca, Spagna, Slovenia, Portogallo e Lettonia.
E se a livello di laureati siamo in coda a tutta Europa non va meglio con i diplomati. L'abbandono scolastico in Italia nel 2021 è il terzo più alto del Continente (l’Italia con una percentuale del 12,7% viene infatti dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%) mentre la la media Ue è del 9,7%). Si dirà, almeno gli italiani si diplomano in massa? Sbagliato anche nel livello di istruzione delle scuole secondarie siamo fanalino di cosa. In Italia il 62,7% dei 25-64enni ha almeno un titolo di studio secondario superiore, contro il 79,3% della media Ue27, l’84,8% della Germania e l’82,2% della Francia.
Insomma il problema che non ci sono più falegnami, muratori o gente che fa i controsoffitti perché i giovani starebbero tutti, in qualche modo, a perder tempo con l'Università è una bufala bella e buona. Semmai i giovani italiani rischiano di restare tra i meno professionalizzati e pronti alle sfide del mondo del lavoro, d'Europa. D'altronde finché ci saranno ''esempi'' come Briatore che vanno in televisione e trasmettono concetti come quello espresso che confortano l'opinione pubblica nei suoi falsi miti (come quello che le scuole italiane sono le meglio del mondo) sarà ben difficile che certe informazioni passino nella testa degli italiani e permettano loro di comprendere quanto è grande il divario che si sta costruendo con il resto dell'Unione europea, per gli anni a venire, perché qui parliamo di futuro vero, esclusivamente per colpa nostra.
Interessante, a ulteriore conferma del fatto che quanto detta da Briatore non è suffragato da nessuno straccio di appiglio dialettico, è constatare come anche il concetto che sarebbero gli stessi genitori (falegnami, muratori etc) a far andare i figli all'Università perché le loro aziende non sono solide. E' proprio il contrario. L'Istat lo dice chiaramente: ''Il background familiare condiziona fortemente la possibilità che un giovane raggiunga un titolo terziario. Nelle famiglie con almeno un genitore laureato, la quota di figli 30-34enni che hanno conseguito un titolo terziario è pari al 70,1%, se almeno un genitore è diplomato cala al 39,3% e scende all’11,4% quando i genitori possiedono al più un titolo secondario inferiore. L’associazione tra contesto familiare e titolo di studio è meno stretta per le giovani donne; la quota delle figlie con titolo terziario nelle famiglie con elevato livello di istruzione è infatti cinque volte superiore a quella registrata nelle famiglie con bassi livelli di istruzione, mentre tra i loro coetanei la differenza sale a circa nove volte''.
Eppure Biratore ha poi aggiunto: "Se le piccole imprese funzionano i figli sono invogliati a portare avanti l'impresa dei genitori, se queste non funzionano, sono costretti a fare altri lavori. Mio figlio non andrà all'università, lo porterò a fare il mio lavoro, non ho bisogno di un avvocato e se lui non vuole va fuori casa". Anche in questo caso facendo intendere che alla fine della fiera se uno ha già un'attività alle spalle che se ne fa di un pezzo di carta come la laurea. Eppure anche in questo caso è l'Istat a chiarire che quel titolo di studio conta eccome. ''L’istruzione premia - scrive l'Istat dati alla mano - e la laurea non è solo un pezzo di carta. A confermarlo è il tasso di occupazione dei giovani laureati di 30-34 anni che supera di oltre 12 punti quello dei coetanei diplomati''.
A questi dati angoscianti sul livello di istruzione vanno aggiunti quelli sulla disoccupazione giovanile: in Europa il tasso di disoccupazione giovanile (persone di età compresa tra 15 e 29 anni) è sceso al 13,0% nel 2021. In Italia, secondo il dato Istat, il tasso di disoccupazione totale giovanile sale al 23,7% (+1,6 punti). Il nostro Paese registra il terzo dato più alto sulla disoccupazione giovanile in Europa (dati Eurostat). Al primo posto la Spagna (disoccupazione giovanile al 32,1%), al secondo posto la Grecia (disoccupazione giovanile al 28,5%).
Per provare a cambiare passo e a dare un futuro a questo Paese a parlare di certi argomenti sarebbe meglio invitare qualche esperto in più, professori, tecnici e qualche Briatore in meno. Ne gioverebbero tutti forse anche il figlio di Briatore che, chissà, tra qualche anno in un'Italia meno critica con chi studia potrebbe anche scegliere liberamente di continuare a studiare e laurearsi senza temere che il padre lo cacci di casa. Vuoi vedere che una laurea in giurisprudenza potrebbe anche aiutarlo a gestire le attività di papà?