"Libertà vaccinale", quando la libertà individuale non si sposa con la responsabilità
Eletto presidente della Provincia di Trento per la prima volta nel 1999 resta in carica fino al 2012 quando si dimette per entrare poi alla camera dei deputati con la lista Scelta Civica nel 2013
Anche in Trentino si moltiplicano le manifestazioni popolari a favore della cosiddetta "libertà vaccinale". E' giusto che la politica dica la sua al riguardo, con rispetto delle varie opinioni ma anche con sincerità. Mi pare che il modo più corretto per affrontare la questione sia il seguente: dove sta il punto di giusto contatto tra il diritto di una famiglia a decidere liberamente circa la vaccinazione del proprio figlio e il diritto della società (la comunità delle famiglie) a vedere tutelati i figli di tutti, in base alle convinzioni espresse in scienza e coscienza dalle autorità sanitarie?
Da parte di chi protesta, non si accetta che questo punto di contatto possa essere determinato dalle pubbliche autorità attraverso la Legge. Già questo è un punto critico. Nessuno ritiene ovviamente che la pubblica autorità debba avere natura "assoluta". E tuttavia, in una società democratica non è neppure possibile che ognuno si faccia "pubblica autorità di se stesso". I principi di autorità e di credibilità delle istituzioni sono oggi messi in discussione da molti punti di vista, alcuni anche motivati da effettive incongruenze e da palesi inaffidabilità; ma occorre riflettere bene sulle conseguenze di una loro generalizzata delegittimazione. Che altro resta, se non un trasparente e democratico esercizio dei poteri pubblici, per regolare i conflitti tra diversi interessi e le difformi aspettative dei singoli o dei gruppi sociali?
I genitori che propugnano la libertà vaccinale affermano di non essere in assoluto contro i vaccini: pensano però che la loro somministrazione dovrebbe avvenire per scelta informata e non per obbligo di Legge. Sulla necessità di una maggiore e migliore informazione non c'è discussione. Sul resto, invece, occorre discutere. In realtà, ciò che si chiede è quello che si era deciso in molte realtà, compreso il Trentino. Quando quasi tutte le famiglie vaccinano i figli, può essere inutile stabilire un obbligo generalizzato, perché esiste la cosiddetta copertura del "gregge": se quasi tutti si vaccinano, anche quei pochissimi che non lo fanno beneficiano della scelta vaccinale dei più e dunque la loro libertà di non vaccinarsi non espone loro stessi e la comunità al rischio di contrarre le malattie.
Già questa situazione - che anche la Giunta Provinciale da me presieduta all'epoca aveva proposto al Consiglio - se si giustifica in via di fatto, lascia però irrisolta una questione di principio. Infatti: perché i rischi di effetti collaterali - assolutamente marginali e irrilevanti in senso statistico, ma sempre riconosciuti e dichiarati - dovrebbero essere assunti dai più che si vaccinano anche per garantire la sicurezza dei pochi che invece - non avendo motivi clinici ostativi - non lo fanno e dunque non assumono la loro quota di rischio marginale?
Ma il problema assume dimensioni tutt'altro che di puro principio se la percentuale delle famiglie che decidono - senza obbligo giuridico - di vaccinare i figli scende al di sotto della percentuale che le autorità sanitarie a livello mondiale ritengono sia la soglia minima di sicurezza per la collettività. Oggi in Trentino la percentuale di chi si vaccina è al 92 per cento (87 per il morbillo) mentre la soglia minima di sicurezza è fissata al 95 per cento. Dati ancora più allarmanti sono dichiarati a livello nazionale. In questo caso, come si può affermare che il problema non esiste? Come si può contestare che i pubblici poteri prevedano con Legge l'obbligo vaccinale?
Sostenendo tali posizioni, in realtà, si assume l'insostenibile convinzione che il punto di contatto tra diritti individuali e diritti della comunità sia collocato semplicemente nel perimetro dei primi. Senza nessuna mediazione con il diritto alla salute degli altri. Senza nessuna apertura ai doveri minimi di solidarietà con i figli dei vicini. E senza nessuna disponibilità ad ascoltare le opinioni della scienza, che certo non va vista come la "verità assoluta" ma neppure contrastata in assoluto, sulla base di sensazioni e timori molto spesso evocati a sproposito, come la storia e la cronaca insegnano.
E' una brutta idea di società quella che viene fuori da queste pretese di assoluta libertà individuale non sposata con la responsabilità, in questo come - per la verità - in molti altri campi della vita sociale. Riflettiamoci pacatamente, senza crociate.