''Un rituale un po’ tribale per violenza verbale e assenza di senso. I no vax, no pass, no e basta bloccano via Brennero ma va tutelato il diritto della maggioranza di non vedersi assurdamente penalizzata''
“Una cosa è pensare di essere sulla strada giusta, ma tutt’altra è credere che la tua strada sia l’unica" (Paulo Cohelo, scrittore).
Ecco, appunto, la strada. Capita a volte di trovarla bloccata per un incidente, un’emergenza. Nel caso, ci si adatta. Nel caso, si accetta la sosta forzata. Per i più c’è una partecipe apprensione (che sarà successo? Morti? Feriti?).
In quel caso si svolta. Si cambia percorso. In quel caso ci si imbudella senza proteste lungo vie anguste, inadatte, presto paralizzate. Riponendo ogni accenno al fastidio. Si metabolizza presto una “vera” causa di forza maggiore.
Ma se anziché ad un incidente si incappa in un “accidente”? Beh, allora tutto cambia. Mutano sentimento e reazione. L’incomprensione diventa insopportazione. E l’insopportazione - già messa a massima prova in questi troppi mesi di polmoni in affanno - si trasforma in rabbia. Una rabbia legittima.
L’accidente è un rischio che non si vorrebbe dover correre ogni sabato di qui in avanti. Il sabato si celebra – da mesi - un rituale un po’ tribale per violenza verbale e assenza di senso. È il rituale pubblico (quello privato deve essere anche peggio) dei no vax, dei no green pass, dei no e basta.
Poco importa che il sabato negazionista faccia e farà male principalmente a chi lo anima – (citofonare terapia intensiva). Poco importano le tesi malsane di chi collettivizza solo l’egoismo dell’anti-scienza.
Deve però importare l’assurda dinamica di un accidente trattato alla stregua di un incidente. Abbiamo visto lasciare ai nichilisti il completo possesso di una strada a forte percorrenza: via Brennero, rotatoria compresa. Per troppo tempo e con troppo altrui disagio.
Questa scelta non è parsa un’iperbole di fantasia da parte di chi governa l’ordine pubblico. Dove sta scritto che per risolvere un problema se ne debba creare un altro, perfino più grande? Quale è la ratio che porta al giusto (e tardivo) divieto di occupare il centro per non penalizzare il commercio permettendo però di paralizzare il traffico di entrata ed uscita alla città da nord? E non per cinque o dieci simbolici minuti ma per un tempo lungo, rumoroso, disagevole e vaneggiante.
Non va, così non va. Si dice che il diritto alla ripetizione (la protesta del sabato, movida adulta e immatura) va garantito a qualsiasi minoranza. Vero, ma allora allo stesso modo va tutelato il diritto della maggioranza di non vedersi assurdamente penalizzata. Parliamo di una stragrande maggioranza (i vaccinati, quelli che condividono limitazioni utili a salvarsi la pelle e salvare la convivenza) che fino ad oggi ha preferito un critico silenzio alla reazione, la condanna muta al “non se ne può più” da contro-urlare.
Se mai accadesse – lo sappiano quelli del no – le loro grida sarebbero nulla più che fruscii. Il concetto vale ancora di più se si considera che i “noisti” sembrano vivere l’appuntamento del sabato come il più potente degli eccitanti. Manifestano per fare proseliti all’autolesionismo oppure solo per contarsi? L’inarrivabile Corrado Guzzanti che faceva l’improbabile santone (Quelo) risponderebbe “La seconda che hai detto”.
Se occupi le strade considerandoti il depositario di verità non vere e sputacchiando in faccia (metaforicamente) a chi teme il virus, sarà dura trovare consenso. I crociati del no non sembrano interessati al consenso. Si crogiolano in un dissenso sempre più incattivito. E quindi dovrebbe essere del tutto indifferente il “dove” sgolarsi per allontanarsi sempre più dalla realtà pandemica, dal buon senso e dal buon gusto.
Il bello della democrazia è lasciare spazio anche al brutto o al pessimo. Ma è lecito chiedere – semmai imporre – che la loro posizione non si trasformi in imposizione? È così assurdo desiderare che la città non debba subire anche fuori dal centro la disagevole geografia del sabato no vax? Che sbraitino pure sul complottismo e su altre facezie false, ridicole e pericolose. Ma che siano almeno costretti in condizioni logistiche tali da non mettere ulteriormente a prova una pazienza che ogni giorno si indebolisce di fronte all’incubo di nuove privazioni della libertà: quelle che i pochi causano ai tanti. Ai tanti, cioè, che si sono fidati e si fidano della scienza.
Più simili ad una setta che ad un “popolo” i negazionisti di ogni razionalità potrebbero essere dunque obbligati a riunirsi in qualche altrove che non provochi problemi: in cima ad una montagna per esempio. Sarebbero comunque felici di aizzarsi l’un l’altro. Sarebbero forse ancor più galvanizzati nel trovare nuovi argomenti per lamentarsi di dittature immaginarie. In altura, il loro furore sarebbe infreddolito ma considerandosi immuni da ogni magagna non patirebbero.
Noi, i creduloni che vaccinandoci e respirando da dietro una mascherina abbiamo riconquistato il bene prezioso della socialità, ci sentiremo meno prigionieri di una contraddizione sempre più imbarazzante: ignorarli e stare alla larga oppure reagire. Lo scontro – ovviamente – è opzione sbagliata. Ma è altrettanto sbagliato dare per ineluttabile il blocco di una strada con il risultato magro di tutelare il centro città ai danni del resto di Trento. Sabato scorso era via Brennero. Sabato prossimo sarà una strada a sud, ad est oppure ad ovest?
Nota a margine. A quelli che vomiteranno insulti e qualche minaccia saccheggiando il vocabolario degli epiteti (accade sempre) consigliamo umilmente almeno un poco di creatività linguistica. In ogni caso quando ci additeranno come “servi al soldo delle case farmaceutiche” sappiano che non serbiamo rancore. Se abbisognassero di prestiti, si facciano pure avanti. Senza timori.