Da Job che durante la maratona di Fugatti dichiara che al ''vaccino scaduto'' preferisce il tampone all'attacco di Zeni alla campagna ''Respira sei in Trentino''
“Più sono vuote le teste, più sono lunghe le lingue”. (Bruce Lee)
In inglese “job” sta per lavoro, impiego retribuito. Nel Trentino si assicura un lavoro esageratamente retribuito anche a chi non pare abbia granché di meriti (politici) da vantare. In Trentino Job è un cognome. E’ il cognome di un consigliere provinciale/regionale. In inglese lavoro (più in generale) si dice anche work. Nel trentino che sfruculia con l’inglese capita di sentire l’appellativo “what a works'' ''che laori'. Suona di presa in giro di chi proprio non ce la fa ad eccellere e alla fine finisce per essere en por laor nel dialetto che diverte. Ecco, Ivano Job, consigliere provinciale targato Lega, si può dire non ci abbia abituato al più british dei ''good job'' ma al più trentino ''che laori''.
Nell’agosto del 2020 l’ineffabile consigliere leghista scalò le classifiche del ludibrio. Chiese i sussidi Covid che il Governo, tramite Inps, garantiva alle partite Iva. Quel tentativo - legittimamente immorale - di arrotondare uno stipendio dieci volte più sostanzioso di quello di un operaio e venti volte più ricco di quello di un rider gli costò una “sospensione precauzionale” dalla Lega. Una Lega “dura” ad intermittenza. Se punisce lo fa con uno scappellotto. La sospensione finì ovviamente a tarallucci e teroldego. Il prode Ivano tornò ad essere un indistinguibile ben compensato su banchi del consiglio provinciale.
Al dimenticatoio Job deve essere però allergico. Eccolo dunque di nuovo. Non troppi giorni fa ha detto la sua sulla pandemia nel perfetto stile dei “what a works'' ''che laori''. Nello stile, cioè, di chi alla scienza preferisce la stregoneria, alla saggezza del silenzio l’arroganza del dover per forza parlare: a vanvera. Ivano Job non ha proferito nulla di più di quanto non vaneggino ogni minuto schiere di no e ni vax : i paladini della libertà di ammalarsi e soprattutto di ammalare il prossimo. Job mal digerisce il green pass. Job preferisce i tamponi – così dice – ad un “vaccino che magari è scaduto da mesi”. Job non si vaccina ma controlla regolarmente i suoi anticorpi e tanto gli basta.
Job dice scemenze compiendo il miracolo di far coincidere l’astrusità dei contenuti (Il vaccino scaduto? Un insulto a chi si fa da mesi il mazzo negli hub vaccinali) con l’astrusa tempistica della sua esternazione. Job, infatti, se ne uscito proprio nel momento in cui il leghista presidente, Fugatti, lanciava con ammirevole piglio un immenso sforzo della Provincia per impedire al Covid di richiudere tutto e tutti. Fugatti varava la maratona vaccinale e implorava – (drammaticamente inascoltato) – gli indecisi della prima dose (per gli invasati non c’è purtroppo nulla da fare se non assicurarsi altri letti d’ospedale e altri respiratori). Mentre Fugatti ci provava (e gli va dato merito senza ipocrisie) Job lo sgambettava. Fugatti ha reagito col minimo sindacale: inaccettabile. Job ha fatto spallucce. Il caso sarà archiviato sotto la voce “dialettica in famiglia”? In casa Lega va spesso a finire così. Probabilmente anche stavolta il teroldego (quello dei tarallucci) è pronto allo stappo.
Vieni avanti Trentino. (libera interpretazione del titolo del film di Luciano Salce, 1982)
Luca Zeni - un veterano della politica trentina nonostante l’ancor giovane età e il fisico allenato anche ad uso dei social - “interroga” con frequenza record. Attacca pensieri ed atti del governo provinciale. Lo fa h24 nel suo ruolo - frustrante - di oppositore (Pd) e nella nostalgia del “fu” assessore alla sanità. Ci piglia spesso Zeni, anche perché con la giunta provinciale che ci si ritrova l’esercizio della critica non comporta alcuna fatica. Tuttavia la dipendenza da polemica è una sindrome infida. È rischiosa anche per il più avvezzo al protocollo delle interrogazioni e delle mozioni senza emozione. L’ultima di Zeni pare davvero un inciampo. Se così non fosse, mani nei capelli. Zeni se l’è presa con una recente campagna promozionale (a spesa pubblica) che richiama i turisti al motto di “Respira, sei in Trentino”. Secondo Zeni quel respiro è ingannevole e anacronistico perché – (e qui ci arrendiamo) – “non tiene conto del Covid”.
Il veterano in età ancora giovane considera scandaloso pubblicizzare il territorio con un’immagine di salute pre-pandemica, specie in un momento come purtroppo è quello attuale: contagi in crescita e forte pericolo di nuove restrizioni. Non è dato sapere come uno Zeni pubblicitario avrebbe diversamente gestito il messaggio. Ci sono mille e più motivi per fare le pulci a Fugatti o al suo assessore albergatore (Failoni) che non ne imbrocca una e che fa danno prima col pensiero e poi con le azioni. Ma incaponirsi su una foto ed uno slogan certamente poco originali ma non passibili di falsità non è una genialata.
Nel Trentino della natura si respira eccome. Ad esempio si può respirare a distanza di sicurezza nel trekking, nel passeggio e perfino nelle code agli impianti se non si svicola con furberia masochistica dalle sagge norme sul vaccino e sui green pass. Bene ha fatto Zeni a ricordare, allora, nella sua interrogazione che prima di tutto si promuovano anche le regole sul green pass e il rispetto delle norme anticovid a cominciare dalle piste, ma va anche detto che immaginare ogni campagna di promozione del Trentino ricollegata con ossessione al Covid rischia di far perdere la bussola anche al più orientato sì vax in circolazione. Dai Mercatini, alle mele, dal vino buono (perché no, anche il teroldego di cui sopra) agli impianti da sci, il respiro val la pena farlo per prendersi il tempo per pensare. L’opposizione è una cosa buona, seria e giusta. Ma Cartesio predicava il “penso, dunque sono” mica “interrogo, dunque sono”. La differenza non è di poco conto.