Un viaggio nella 'memoria' argentina su dittatura militare e desaparecidos, scoprendo tra questi una discendente trentina: Maria Angelica Ferrari
Vive da sempre in Trentino, si occupa professionalmente di storia, pratica sport di resistenza ed è appassionato (ancora) di politica...
La realtà argentina mi ha colpito moltissimo per l’intreccio tra passato e presente. Per quanto possa essere superficiale la conoscenza che ho ricavato da un viaggio di dieci giorni, posso assicurarvi che vi sono motivi di estremo interesse.
L’occasione è stato un viaggio istituzionale promosso dalla Provincia di Trento che mi ha dato l’occasione, parlando della nostra Grande Guerra, di frequentare molti discendenti trentini e di entrare in contatto con istituzioni argentine che si occupano di storia e di memoria.
Vorrei tornare prossimamente sulla realtà dei trentini in Argentina e concentrarmi in questa occasione sulla memoria (attuale) della dittatura militare e dei desaparecidos.
Durante il mio soggiorno, difronte alla Casa Rosada di Buenos Aires ho assistito alla settimanale manifestazione delle madri di Plaza de Mayo e dei sostenitori dei diritti civili. Il tema all’ordine del giorno è la campagna di protesta e di denuncia per la sparizione di Santiago Maldonado, un giovane di 28 anni che il 1 agosto di quest’anno è stato “prelevato” dalla polizia nel corso di una manifestazione organizzata dalla Comunità Mapuche in Patagonia.
E’ evidente il collegamento con i 30.000 desaparecidos che i militari argentini hanno fatto “sparire” tra il 1976 e il 1983. Il caso è molto dibattuto anche perché si intreccia alla difesa dei diritti di questa comunità indigena e perché è diventato elemento non secondario della campagna elettorale (elezioni di medio termine, che si svolgeranno il 22 ottobre).
Tra memoria e attualità politica. Una parte dell’opinione pubblica sostiene che il caso di Santiago sia lontano anni luce dal terrorismo di Stato attuato ai tempi delle giunte militari guidate da Videla e da Viola. Vi è una parte che sottolinea la continuità tra quel passato drammaticamente recente e l’oggi, insistendo sulla responsabilità dell’attuale governo.
Difficile capire cosa succede in Argentina oggi al di là dello scontro tra Maurizio Macri, attuale presidente, e Cristina Kirchner. Francamente riesco a capire poco quello che avviene in questo momento nel nostro Paese. Immaginate nell’Argentina del peronismo e delle frequenti “parentesi” gestite dai militari.
Mi è bastato, accompagnato dal giornalista Mariano Roca, vedere una grande manifestazione di protesta della sinistra con le sue decine di sigle, movimenti, partitini. O tentare di capire, senza riuscirvi del tutto, la composizione degli schieramenti in campo secondo le classiche categorie della politica.
Torno sulla memoria della dittatura e dei desaparecidos perché l’Argentina sembra affrontare la questione con particolare rigore e coraggio. Sicuramente esistono delle ambiguità e vi è uno scontro sull’uso pubblico della memoria e del tema dei diritti umani.
Ciò non impedisce che vi sia a Buenos Aires uno straordinario “luogo” espositivo ed educativo realizzato presso l’ESMA, la scuola di meccanica della marina militare, che era un centro di detenzione e di tortura clandestino e che ospita l’Archivio nazionale della memoria: una finestra aperta sui processi ancora in corso e sulla ricerca di verità e di giustizia.
Un luogo analogo l’ho trovato a Cordoba. In quella che è stata la sede della polizia a pochi metri dalla splendida cattedrale vi si torva il sito della memoria. All’ingresso, sulla strada, un poliziotto in divisa spiegava a un gruppo di studenti la funzione avuta dal centro di detenzione. All’interno ricercatori e studiosi lavorano al recupero di testimonianze e alla loro conservazione e divulgazione.
Tra i desaparecidos vi sono anche discendenti trentini. E quello che mi ha spiegato la ricercatrice Ana Miravales, che gestisce un interessante blog “Trentinos en Bahia Blanca” e che lavora in un innovativo museo.
E’ il caso di Maria Angelica Ferrari, studentessa di biochimica e militante della Gioventù Universitaria Peronista, prelevata da casa sua nel febbraio 1977 e trovata massacrata a La Plata il 21 aprile dello stesso anno dopo alcuni mesi di permanenza nel centro clandestino “La Escuelita”.