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Voucher, serve al più presto uno strumento sostitutivo

In Trentino, nel 2016, il valore complessivo dei voucher venduti ammontava a 6 milioni di euro, una cifra che rappresentava un’integrazione al reddito di chi offriva prestazioni occasionali e che oggi rischia di non essere immessa nel mercato del lavoro. Sono già tantissime le aziende che a fronte delle difficoltà di altri strumenti di regolamentazione del lavoro occasionale, preferiscono rinunciarvi
DAL BLOG
Di Franco Panizza - 20 aprile 2017

Segretario politico del Patt e Senatore nella XVII legislatura 

Abolire i voucher è un errore, giustificabile solo dalla necessità di non tenere il Paese in un clima da campagna elettorale permanente. Allo stesso tempo dobbiamo impegnare il Governo a predisporre subito uno strumento sostitutivo che vada incontro alle esigenze delle famiglie e di settori quali l’agricoltura, il turismo, il commercio, i servizi.

 

Il lavoro non si crea con maggiore burocrazia, ma attraverso la competitività delle imprese. Con l’abolizione dei voucher si sono privati settori che devono fronteggiare un’agguerrita competizione internazionale, di uno strumento utile per la loro crescita. In agricoltura è stato eliminato uno strumento di integrazione al reddito per tanti pensionati, soggetti in difficoltà come disoccupati e persone in mobilità, o studenti fino a 25 anni che potevano vivere una prima esperienza lavorativa.

 

Senza dimenticarci degli effetti per le piccolissime aziende agricole di montagna, che solo così riuscivano ad avere un supporto di manodopera.

 

Il Paese paga l’approccio tutto ideologico da parte della CGIL che ha promosso il referendum e che danneggia non solo le imprese, ma anche le famiglie che, attraverso i voucher, pagavano le ripetizioni scolastiche dei figli, la baby-sitter, le pulizie di casa, l’assistenza ai disabili e agli anziani. Tutti lavori che, con alcune eccezioni, vivevano quasi esclusivamente nel sommerso e che negli ultimi anni stavano finalmente emergendo.

 

In Trentino, nel 2016, il valore complessivo dei voucher venduti ammontava a 6 milioni di euro, una cifra che rappresentava un’integrazione al reddito di chi offriva prestazioni occasionali e che oggi rischia di non essere immessa nel mercato del lavoro. Sono già tantissime le aziende che, come ha ricordato la Confcommercio trentina in un incontro coi parlamentari di qualche giorno fa, a fronte delle difficoltà di altri strumenti di regolamentazione del lavoro occasionale, preferiscono rinunciarvi.

 

Per questo occorre approvare nel più breve tempo possibile una norma per ridare alle famiglie e alle imprese uno strumento in grado di favorire in maniera semplice, con costi contenuti e poca burocrazia, l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro occasionale. Anche per dare la possibilità agli studenti di avvicinarsi al mondo del lavoro. Bisogna farlo però prima che cominci la stagione estiva, quando l’agricoltura e il turismo entreranno nel pieno delle loro attività. Tecniche e modelli non mancano.

 

Il tema non è solo quello specifico dei voucher, riguarda, e molto, anche il messaggio che le istituzioni vogliono dare al sistema delle imprese. Per questo si faccia in fretta e si faccia bene, per chiudere questa brutta pagina.

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