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Sui migranti l'Italia deve dare un segnale forte

Se non giungeranno dal vertice di Tallinn risposte adeguate, dobbiamo essere pronti a rivedere tutte le nostre politiche sull’accoglienza, rimettendo nuovamente in campo l’ipotesi di chiusura dei porti.
DAL BLOG
Di Franco Panizza - 04 luglio 2017

Segretario politico del Patt e Senatore nella XVII legislatura 

750 militari austriaci al Brennero se non si arresterà il flusso dei migranti proveniente dall’Italia. E, intanto, solo una manciata di deputati all’Europarlamento per ascoltare le parole di Juncker sulla trattativa con l’Italia, plastica rappresentazione del disinteresse per la situazione del nostro Paese nel fronteggiare la crisi migratoria.

 

Insomma, se ieri qualcosa era sembrato muoversi per andare incontro alle necessità del nostro Paese, stamattina appare già insufficiente e inadatto. Certo, l’impegno a rafforzare il lavoro per la stabilizzazione della Libia, prima o poi, qualche beneficio lo darà. Così come il restringimento dei visti per quei Paesi africani che non collaborano con le procedure di rimpatrio dei loro cittadini. O l’apertura delle procedure di infrazione per quei paesi dell’Europa Orientale che non hanno tenuto fede agli accordi del 2015 per l’accoglimento di una quota di migranti sbarcati in Italia.

 

Ma tutto questo, nella situazione nella quale adesso ci troviamo, rischia di essere solo un pannicello caldo. Sul punto più importante, la possibilità di far attraccare navi sulle loro coste, Francia e Spagna non hanno voluto sentire ragione. L’Austria si comporta conseguentemente. E l’Italia è, ancora, tra l’incudine e il martello.

 

Per questo, se non giungeranno dal vertice di Tallinn risposte adeguate, dobbiamo essere pronti a rivedere tutte le nostre politiche sull’accoglienza, rimettendo nuovamente in campo l’ipotesi di chiusura dei porti.

Perché qui non si tratta di mettere in discussione lo spirito di umanità di un Paese che ha soccorso vite, che si è dotato di una legge di grande civiltà quale quella per tutelare i bambini-migranti che finiscono nella rete della criminalità e della prostituzione infantile.

 

Qui si chiede conto del mancato rispetto degli accordi che prevedevano, già dal 2015, il riparto tra tutti i Paesi europei dei profughi. Qui si parla del mancato impegno a superare gli accordi di Lisbona per giungere al diritto d’asilo europeo. Qui ci si interroga se sia giusto che alcuni paesi come la Francia rispediscano in Italia 200 persone e altri alzino addirittura dei muri, quando il nostro Paese ha gettato sempre il cuore oltre l’ostacolo, molto di più di quanto era nelle sue possibilità.

 

Oggi la credibilità dell’Unione agli occhi del mondo si basa tutta sulla buona volontà del nostro Paese. Lo devono capire soprattutto i Paesi confinanti al nostro: davanti a numeri così grandi, non basta chiudere le frontiere a quei migranti che nell’Italia vedono solo un posto di transito.

 

È un fenomeno che va governato nella sua interezza e in maniera collegiale. Voltarsi dall’altra parte, far finta che sia un problema solo italiano, nel giro di poche settimane apparirà una scelta del tutto inadeguata. Per i rispettivi Paesi, per la casa comune europea. Che, a un anno esatto dalla Brexit, deve lanciare un segnale concreto. Oggi, più che un anno fa, ne va del suo ruolo, della sua credibilità agli occhi dei suoi cittadini e di quelli di tutto il mondo. L’Italia attende risposte. Non c’è più molto tempo. 

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