Il Trentino è morto? Evviva il Trentino. Lo stupore di quei collaboratori che hanno contribuito a realizzare per decenni il giornale e subito dimenticati
Delle mie passioni (la politica, la scrittura e la biblioteca) mi è rimasta integra, o quasi, solo la seconda. La biblioteca era a scadenza e la politica è da tempo “scaduta” pur restandomi brandelli di interesse a livello locale
Il “Trentino” è morto? Evviva il “Trentino”. Mi riferisco ovviamente al giornale quotidiano che ha smesso le pubblicazioni sabato 16 gennaio, anzi ai giornalisti e ai collaboratori che per 75 anni hanno raccontato questa terra, (e per 45 di questi l’ho fatto anch’io in val di Fiemme) non certamente alla proprietà che, dopo aver assicurato a novembre, in occasione della fusione della Seta nella società proprietaria de L’Adige, di garantire i livelli occupazionali, ha fermato le rotative dalla sera alla mattina.
Su questa improvvisa chiusura, che ha colto di sorpresa giornalisti e collaboratori, si è detto molto. Non voglio ripetere altro di questa fine ingloriosa. Vorrei solo fare qualche considerazione più in generale su come è cambiata l’informazione, che partono dall’esperienza personale, tenuto conto che essa riguarda il 60% della vita di questo giornale. Era il 1976, a 24 anni, quando entrai nel bellissimo ufficio del direttore dell’Alto Adige a Bolzano. Lo aveva occupato dal 24 maggio Gianni Faustini, il quarto direttore succedutosi dal ’45, maestro del giornalismo regionale e padre dell’attuale direttore di Adige e Alto Adige. Ma con lui c’erano due giornalisti, Franco Filippini e Giorgio Fait, dai quali sentii per la prima volta parlare di “cani da guardia del potere” anche se parlavamo di una modesta corrispondenza locale.
Vedendo la deriva di certa informazione verrebbe da dire che siamo diventati dei cagnolini d’accompagnamento, senza dimenticare quanto l’informazione sia scivolata nella propaganda e nella pubblicità. Ma in mezzo ci stanno 45 anni di profonde trasformazioni della società e della comunicazione: dagli articoli scritti a macchina e spediti per posta, ancorché “fuorisacco”, all’informazione (e misinformazione) in tempo reale, disintermediata grazie alla rete. Nonostante non mi dispiaccia la fine della mia collaborazione, la chiusura del “Trentino” è stata un duro colpo. Se ne sono accorti in tanti, ma solo un po’ di giorni dopo, che mancava qualcosa. Oddio!
Qualcuno si sarà anche rallegrato, ma quale che fosse stato il giornale chiuso, l’assenza di una testata è stata avvertita anche nelle valli. Oltretutto non c’è più concorrenza sul cartaceo. Ci sono i quotidiani online, i blog, ma è un’altra cosa. E gli stessi giornalisti de L’Adige, mi conferma qualcuno dalle mie parti, a volte se la prendono comoda poiché “tanto non c’è più concorrenza”. Si narrava che il proprietario (che ha in mano quasi tutta l’informazione cartacea della Regione) vantasse di non aver mai licenziato nessuno. Ora lo farà. Purtroppo (posto che prima o poi doveva accadere, ma non in questo modo) c’eravamo personalmente accorti, dalle mancate risposte a qualsiasi richiesta di chiarimento circa la liquidazione delle nostre “magre” competenze, che qualcosa non andava.
E non ci è parso molto “bello” che gli abbonati al Trentino si siano visti recapitare l’Adige al suo posto, senza la possibilità di alcuna opzione, tanto che c’è anche chi, abbonato ad entrambi i quotidiani locali, si ritrova con due copie dell’Adige. Ma tant’è, quisquiglie. “Chiusa una porta può aprirsi un portone”, ho scritto subito sui social. Nel senso che l’informazione, mi riferisco soprattutto alla mia valle, può e deve trovare un’alternativa, magari online e che si affianchi o arricchisca le testate esistenti. Staremo a vedere. Nel frattempo vorrei ricordare le persone che fino al 16 gennaio hanno contribuito ogni giorno a garantire le notizie sulle pagine di Fiemme e Fassa del Trentino e che come i molti altri collaboratori, sono rimasti basiti senza, a tutt’oggi, alcuna comunicazione: Luciano Chinetti nella bassa valle, Gilberto Bonani a Moena e in Fassa, accanto a Elisa Salvi e Valentina Redolfi, oltre allo “sportivo” Tullio Daprà, il più anziano in età e in anni di collaborazione.
Scusandomi per errori ed omissioni, come ha fatto Mauro Lando elencando in una pagina dell’ultimo numero “tutti i nomi di chi vi ha informato”, vorrei soprattutto ricordare i collaboratori del passato, recente o remoto: Giampaolo Corradini di Castello, Michele Zadra di Cavalese, Monica Gabrielli di Predazzo, Claudio Gabrielli di Pozza, Claudia Debertol e Domenico Volcan di Canazei. E per ultimo, ma non ultimo, il “senatore” Mario Ventura che ha collaborato con l’Alto Adige negli anni Sessanta e Settanta.