Mangio, quindi sono. Una nuova politica alimentare per l’Europa
Alimentato dall'associazione Euronike, intende raccontare le politiche europee
Uno degli aspetti che il periodo di lockdown ha fatto riscoprire a molti europei è l’attenzione per il cibo, per la sua qualità e anche per la garanzia di un suo facile approvvigionamento. Ed è proprio sul cibo, ovvero sulla filiera agro-alimentare, che è intervenuta nei giorni scorsi la Commissione Europea, lanciando la nuova strategia chiamata “From Farm to Fork”, dalla “Fattoria alla forchetta”, che, insieme alla strategia per la Biodiversità, affronta le sfide del settore alimentare, agricolo ed ambientale, rappresentando una delle azioni chiave del nuovo Green Deal europeo.
Sebbene si sia registrata un’ampia condivisione sui principi, la strategia, come vedremo, non è stata accolta con consenso unanime in tutta Europa, in particolare da alcune associazioni di categoria che hanno espresso più di una preoccupazione rispetto a tempi e strumenti.
La filiera agro-alimentare ed il cambiamento climatico.
Il nesso tra la strategia ed il cambiamento climatico è piuttosto chiaro: nonostante il sistema agricolo europeo abbia ridotto complessivamente del 20% le emissioni dal 1990 ad oggi, esso è ancora responsabile del 10% di emissioni di gas serra in Europa, gran parte delle quali, circa il 70%, è riconducibile direttamente all’allevamento. Il livello di conversione ad una modalità di lavoro più sostenibile è molto diversificato tra i diversi Stati Membri ed il sistema di trasformazione, imballaggio, trasporto e vendita al dettaglio ha ancora un impatto molto forte sulla qualità dell’aria, dell’acqua e dell’ambiente in cui viviamo. Allo stesso tempo, che si abiti in campagna o in città, la richiesta da parte dei cittadini per un cibo “fresco”, sano e facile da reperire è sempre in aumento.
Ecco allora, che la strategia della Commissione punta a rendere il sistema alimentare europeo più sano, più sicuro e più sostenibile, proprio nel momento in cui ne abbiamo maggiormente riscoperto importanza e vulnerabilità. Se il cibo europeo, nel mondo, è già considerato simbolo di alta qualità, l’obiettivo ora è di renderlo emblema di sostenibilità, rendendo la sua produzione ed elaborazione più attenta alla salute e rispettosa dell’ambiente e del clima. E proprio questo sembra essere il “nodo” della questione: nel raggiungere questo obiettivo si gioca un delicato equilibrio tra competitività economica delle imprese (anche in chiave intra-europea), sostenibilità ambientale e garanzie nutrizionali e fito-sanitarie. Se nel lungo periodo il risultato atteso è di rendere le imprese europee più competitive sul mercato globale riducendo l’import da Paesi terzi che non rispettano i nuovi standard di sostenibilità, nel breve periodo alla filiera agroalimentare viene richiesto uno sforzo considerevole per adottare cambiamenti sostanziali.
Gli obiettivi della Commissione sono, infatti, particolarmente ambiziosi: da una parte, per esempio, si prevede di ridurre del 50% l’utilizzo dei pesticidi e del 20% l’utilizzo dei fertilizzanti entro dieci anni, dall’altra si pone l’obiettivo di far crescere almeno del 25% le coltivazioni di tipo biologico, anche attraverso l’adozione di un piano di azione che stimoli sia l’offerta che la domanda in un settore in cui l’Italia, secondo i dati di Coldiretti, è già leader in Europa con la presenza di oltre sessantamila aziende agricole bio. Gli obiettivi sono in realtà l’esito di un compromesso tra le istanze ambientaliste, le ONG chiedevano di alzare all’80% la quota di pesticidi da ridurre entro il 2035, e quelle del mondo produttivo.
Se si pensa che in Europa, solo nel 2017, più di 950 mila persone sono morte per ragioni attribuibili a regimi alimentari errati, si comprende l’importanza della previsione di introdurre entro il 2022 un sistema di etichettatura trasparente con l’indicazione dell’origine degli alimenti, del loro impatto climatico ed ambientale, e dei valori nutrizionali. Da un lato la strategia della Commissione presenta un carattere innovativo poiché è la prima volta che a livello europeo la politica alimentare viene trattata in maniera integrata: tutte le fasi della catena sono prese in considerazione e vengono messe insieme la tutela della salute e della sicurezza, con la sostenibilità economica ed ambientale, puntando sulla ricerca e sull’innovazione. Dall’altra, la strategia sembra presentare alcune debolezze: il panorama del sistema agricolo è fortemente diversificato non solo da Paese a Paese, ma anche all’interno degli stessi Stati. Applicare le stesse norme a soggetti molto diversi, dai grandi produttori ai coltivatori di piccoli appezzamenti, può risultare difficile e addirittura distorsivo nei suoi effetti.
La seconda criticità è legata alle risorse finanziarie. Per supportare trasformazioni così impattanti nelle modalità produttive sono necessarie molte risorse: quelle veicolate dai programmi gestiti direttamente dalla Commissione Europea sono importanti, ma complessivamente residuali rispetto al supporto che dovrà essere veicolato dalla nuova PAC (Politica Agricola Comune), la cui riforma è stata rinviata e sulla cui dotazione ad oggi permangono molte incertezze. In particolare, per accompagnare i produttori in questa transizione appare positiva la conferma dell’introduzione degli “Eco-schemi” o Regimi ecologici nel primo pilastro della nuova PAC: attraverso questo nuovo strumento, finanziato al 100%, le Autorità di Gestione potranno sostenere la realizzazione, da parte degli agricoltori che ne facciano richiesta, di una serie di pratiche positive per l’ambiente ed il clima, identificate a livello nazionale in base ai bisogni specifici e agli obiettivi dei singoli Stati.
Nonostante fosse atteso da mesi, il lancio della strategia “From Farm to Fork” non era scontato ed anzi da più parti ne era stato chiesto un rinvio. Ciò che preoccupa è l’effettiva capacità di agricoltori e allevatori di riuscire a modificare il loro sistema di lavoro per raggiungere i nuovi obiettivi mentre si trovano ad affrontare le già pressanti difficoltà indotte dalla pandemia da Covid-19. Il punto di vista della Commissione Europea, espresso dal Vicepresidente Frans Timmerans, è che proprio la fase di trasformazione che la pandemia sta accelerando possa essere un’occasione, per gli stessi agricoltori, di introdurre e sviluppare nuove tecnologie per una coltivazione più sana e più sicura.
Il tema è effettivamente controverso, e tuttavia la scelta della Commissione di evitare un ennesimo rinvio, (sarebbe stato già il terzo), sembra aver espresso la volontà di riaffermare una priorità, che nello scenario attuale rischia di essere ridimensionata in favore di interventi di più breve periodo. In ogni caso, è bene ricordare che la comunicazione della Commissione Europea non è un atto normativo vincolante, ma fornisce delle linee guida. La “parola”, inclusa la revisione della normativa per la definizione di tempi e standard, spetta ora al Parlamento ed al Consiglio europeo.
Quali fondi per mettere in pratica queste trasformazioni?
Complessivamente un quarto del bilancio europeo per i prossimi sette anni sarà dedicato a finanziare azioni che affrontino la sfida del cambiamento climatico. Nell’ambito dei programmi settoriali, la Commissione propone di impegnare più di 10 miliardi di euro nel nuovo programma Horizon Europe per la ricerca e l’innovazione, mentre 1 miliardo di euro dedicato alle priorità del nuovo Green Deal è già stato stanziato per il solo 2020. Un’ulteriore fonte di finanziamento “diretto” è rappresentata dal programma europeo Life + dedicato all’ambiente ed al clima. Imprese, autorità locali e centri di ricerca possono partecipare direttamente all’invito a presentare proposte progettuali entro il 14 luglio, se interessati al sottoprogramma ambiente o al 6 ottobre se interessati al sottoprogramma clima. Attivo dal 1992, il programma Life+ ha finanziato ad oggi più di 5.400 progetti in tutta Europa.
Come anticipato, fondamentale sarà tuttavia il contributo ed il raccordo con la nuova Politica Agricola Comune (PAC) che rappresenta da sola un terzo del bilancio europeo e che da sempre è una delle politiche più complesse da riformare. In pratica, dunque, molto si giocherà nell’ambito del negoziato in corso sul nuovo quadro finanziario pluriennale che stabilirà le effettive risorse finanziarie in campo e le priorità.