Dai "simpatici" ai "magici", dagli "opportunisti" agli "inquisitori": le cinque "specie" di "fauna" politica
Giornalista appassionata, approfondisce temi di carattere politico, storico e sociologico
La “fauna” che abita i territori della politica è davvero varia e, come si suol dire, non tutta in “campana”. È così a livello nazionale e in Trentino le cose non vanno molto meglio. Se ci limitassimo all’aspetto antropologico, all’interesse per i comportamenti umani, studiare questa “fauna” e le specie che la abitano potrebbe risultare quasi affascinante. Peccato che la principale e irrinunciabile funzione della politica non sia quella di rappresentare un interessante campo di studio per gli appassionati del genere, ma gestire una realtà delicata, complessa e carica di problemi come è quella di oggi.
Osservare, come si fa in natura, questa “fauna” e catalogarne i generi non risolverà la questione critica delle sue inadeguatezze, ma potrebbe essere di qualche aiuto per un cittadino elettore che voglia dare al voto qualche elemento di giudizio in più. Da ciò che si può capire dai media e da quel po’ di conoscenza diretta che la realtà di oggi consente, sembrerebbe che la “fauna” della nostra politica abbia sviluppato al suo interno cinque specie principali. Ovviamente non è una catalogazione scientifica, che non avrei certo i titoli per effettuare, ma un libero esercizio di lettura di ciò che vedo.
In primo luogo ci sono i “simpatici”, quelli che si presentano bene, che hanno la battuta pronta, che ti sanno dire sempre quello che ti aspetti di sentire. Per loro risolvere i problemi, specie se sono complicati, è per definizione la cosa da evitare a tutti i costi. L’importante è piacere, riscuotere consenso ed approvazione, dare l’idea che tutto è risolvibile con la battuta giusta, con la frase ad effetto. Il loro impegno primario non è quindi documentarsi, capire i problemi, cercare le soluzioni, fare in modo che siano condivise, ma risultare graditi, e in ultima istanza, votati.
La seconda specie è quella dei “magici”, che per ogni questione, anche la più critica, hanno una soluzione che per incanto risolve tutto. Sono quelli che trovano nel disimpegno degli elettori e nell’antipolitica i bacini più pescosi. Le soluzioni vere sono sempre complicate e mai completamente soddisfacenti. Quindi meglio le soluzioni miracolistiche, che almeno emotivamente qualcosa soddisfano, soprattutto tenendo conto che nella realtà molti elettori ritengono che fino ad oggi nulla di veramente importante sia stato ancora risolto.
La terza specie è quella degli “inquisitori”, che per ogni problema non cercano una soluzione ma un colpevole. Qui ce n’è per tutti, dall’estrema sinistra all’estrema destra passando per i movimentismi e per l’antipolitica. Ciò che conta non sono i giudizi, ma i pregiudizi, non i fatti ma le convinzioni, i credo e sempre più anche le appartenenze. Se poi l’approccio “anatemico” provoca danni, rovina persone o blocca iniziative, anche importanti, pazienza, perché quel che vale è sempre e solo il principio, ovviamente il proprio.
La quarta “specie” è quella degli “opportunisti”, per i quali è giusto solo ciò che conviene. È un approccio commerciale puro per cui, di fronte a qualunque scelta o proposta a fare da stella polare è il rapporto costi benefici. Purtroppo è una specie tremendamente prolifica che riesce a contaminare, anche a distanza, quasi tutte le altre specie. Per gli opportunisti e i loro estimatori parole come merito, coerenza, interesse generale non sono richiami dovuti ma fastidiosi intralci.
In ultimo, quasi in solitudine, c’è la specie dei “costruttori”. Rispondono a due culture diverse, quella idealistica e quella pragmatica, che si incontrano nella volontà caparbia di trovare soluzioni per risolvere le questioni e non scuse per non risolverle, punti di incontro e non di scontro, il meglio del possibile e non l’impossibile. I tratti essenziali di questa specie pregiata sono il realismo, perché la realtà è quella che è e non quella che si vorrebbe; la competenza, perché i problemi, soprattutto quelli seri, richiedono soluzioni adeguate, sostenibili e praticabili; la generosità, perché per fare il “bene collettivo” sempre più spesso è necessario pagare qualche conto in termini di dissenso o di svantaggio personale, piuttosto che trarne vantaggi.
I politici, fino che si è in democrazia, non sono scelti dagli extraterrestri ma da chiunque sia titolato ad esercitare i diritti politici in un determinato territorio, per noi in scala ascendente i sindaci e i consiglieri comunali, il presidente della Provincia Autonoma e il Consiglio Provinciale, il Parlamento Italiano e il Parlamento Europeo. Quindi la titolarità a decidere chi ci governerà ai vari livelli siamo noi, elettori, a cui spetta il diritto dovere di compiere responsabilmente e consapevolmente la scelta giusta.
Se continueremo a premiare i bizzarri, termine abbastanza neutro per indicare chi demerita, non premiando i costruttori, che secondo me meritano, lamentarsi della cattiva politica è solo un esercizio sterile che nasconde, anche, una irrinunciabile quota di responsabilità personale.