Cari politici, non aspettate le elezioni per dirci che intenzioni avete per il prossimo futuro
Giornalista appassionata, approfondisce temi di carattere politico, storico e sociologico
In vista del 2018 si respira un’aria di attesa, una sorta di sospensiva temporale che rallenta, rinvia, sconsiglia di iniziare qualunque cosa di nuovo, specie se importante. Il 2018, con il suo doppio appuntamento elettorale, le politiche nei primi mesi e le provinciali negli ultimi, è infatti preannunciato da una sorta di patto informale, rispettato da tutti, di non azione.
Certo non mancano le polemiche, le esternazioni, le iniziative più o meno spot sui temi di maggiore attualità. Però mai con l’intenzione di iniziare sul serio qualcosa che impegni veramente, ancor meno se orientato al medio lungo periodo. E questo non solo in politica, ma anche in larga parte degli ambiti della nostra realtà provinciale che hanno a che fare con le istituzioni pubbliche.
In pratica con quasi tutto, a dimostrazione che la Provincia, la grande madre, è sempre intimamente compenetrata nella nostra vita collettiva, pubblica e privata. Il primo pensiero che viene alla mente è chiedersi se questa dipendenza sia un bene o un male.
Se guardiamo al passato è difficile sostenere che sia stata un male. Pensando all’ultimo mezzo secolo, o poco più, da una terra di miseria martoriata dalla povertà e dall’emigrazione siamo passati ai primi posti in tutte le graduatorie italiane del benessere sociale ed economico.
Ma ora? Alle soglie del 2020 è ancora così? Direi proprio di no. In primo luogo le risorse finanziarie di cui gode oggi la nostra Autonomia sono molto inferiori a quelle di cui disponevamo solo dieci anni fa. L’epoca in cui si poteva gestire l’abbondanza è finita. Oggi si deve gestire la penuria. E questo impone non solo la disponibilità a fare qualche sacrificio, speriamo pochi, ma anche ad impegnarci di più per compensare ciò che non ci può arrivare dalle casse pubbliche.
Poi c’è la globalizzazione. Sempre meno i veri grandi poteri sono influenzabili a livello locale, e a quello nazionale non va molto meglio. Questo significa relativizzare ciò che possiamo fare rispetto ai grandi fenomeni e alle regole del gioco che ormai dominano l’intero pianeta.
Infine la qualità della classe dirigente. È chiaro che di fronte a un mutamento epocale i vecchi approcci non vanno più bene e quelli nuovi non sono facili da acquisire. Quindi non credo che la valutazione general generica “i politici non sanno fare il loro mestiere” o peggio “non valgono nulla o sono tutti corrotti” faccia giustizia di un passaggio oggettivamente così difficile e complesso.
Resta comunque il fatto che per dare a questo passaggio d’epoca la giusta cultura e i necessari strumenti, l’impegno che si rileva non sembra adeguato alla gravità del momento: il riferimento è alla politica nel suo insieme e non ad uno specifico partito o movimento.
Quindi, se al privato i nuovi tempi chiedono di più in termini di impegno e di responsabilità, anche collettiva, alla politica questa richiesta assume ancor più significato e valore. Il 2018 è pertanto giustamente da considerare cruciale ma non per le spartizioni dei piccoli poteri che consentirà, ma per la costruzione di una cultura politica all’altezza delle grandi sfide in atto.
C’è quindi bisogno di uno scatto d’orgoglio che ci faccia cambiare passo: un passo nuovo all’altezza dei tempi nuovi, e che tutto questo sia visibile e arrivi correttamente ai cittadini. Si può obiettare che siamo ad un anno e più di distanza dalle provinciali, le nazionali quasi si sorvolano, e che a tempo debito saremo inondati di programmi elettorali carichi di tutto e di più.
È vero, ma aspettare le elezioni per trasmettere ai cittadini che tipo di Trentino si intende costruire è tardivo e disturbato dal clima elettorale, più vocato a conquistare voti che a risolvere problemi: che a risolverli, i problemi, il più delle volte i voti si perdono.
Pertanto, auspico che senza aspettare gli ultimi mesi i nostri politici, o gli aspiranti tali, ci spieghino i loro disegni, le strategie che intendono adottare e gli strumenti più adatti a realizzarle. E accanto a questo che l’attenzione non si concentri solo sulle provinciali, visto che la dimensione nazionale è importante per un’Autonomia che, come è ormai evidente, si difende anche e soprattutto a Roma.
Inoltre, tenendo conto che le politiche vengono per prime e che non è escluso che siano anticipate rispetto alla scadenza naturale del prossimo febbraio, un po' di dibattito in più sulle grandi questioni nazionali potrebbe essere utile e proficuo per dare alla politica il necessario sguardo anche su ciò che va oltre i confini provinciali.