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Flat Tax, una promessa tradita o solo rimandata? Ecco il verdetto

"Realizzabile fin da subito la flat tax per le imprese e dal 2019 per le famiglie", così si esprimeva Matteo Salvini il 4 giugno 2018. Ecco di cosa si tratta e qual è il responso sullo stato di attuazione
DAL BLOG
Di CheckPoint Promesse - 10 May 2019

CheckPoint analizza l’operato dell’esecutivo

In campagna elettorale, nel 2018, la flat tax era la punta di diamante del centrodestra unito, quello che sembrava ancora a trazione berlusconiana. “Punta” nel senso più sportivo e competitivo del termine: il Cavaliere, e il suo staff social, le affidarono il peso dell’attacco in una grafica che conteneva la formazione (calcistica) tipo del centrodestra, contrapposta al Movimento 5 Stelle, tanto era la proposta più forte. Il post girò molto, ma dopo il 4 marzo le cose cambiarono e i rapporti di forza tra Forza Italia e Lega furono sovvertiti. L’idea della tassa piatta, cioè con un’unica aliquota, in teoria, divenne ben presto un punto imprescindibile dell’apporto leghista al neo governo giallo-verde.

 

La flat tax, in breve, è una tassa sul reddito da lavoro ad aliquota unica per tutti, mentre il regime attuale prevede un’imposta progressiva per scaglioni, dal 23% al 43%. L’intento di una misura di questo tipo è l’abbassamento delle tasse da una parte e il rilancio dei consumi dall’altra, con la scommessa di un gettito maggiore dato dall’emersione di evasione e elusione fiscale. Nella teoria la flat tax sarebbe a costo zero perché si ripagherebbe da sola. Ma se Berlusconi reclamizzava un’unica aliquota al 23%, la Lega, già in campagna elettorale teorizzava una misura più estrema, con l’aliquota al 15% per tutti.

 

Nel Contratto per il governo del cambiamento la formula messa nero su bianco è ancora diversa. Qui si prometteva una tassa piatta, sia per le imprese che per le famiglie, con due aliquote, al 15% e al 20%. Con la manovra di bilancio 2019, la prima targata Salvini-Di Maio, però, sono stati introdotti ben tre nuovi regimi di tassazione “piatta”, che si affiancano al regime di tassazione progressiva già esistente, che trova inoltre la sua fonte direttamente nella Costituzione. In questo modo si sono creati una serie di regimi fiscali differenti, che il Governo e in particolar modo la componente leghista voleva invece nelle intenzioni elettorali abolire, semplificando tutto con l’aliquota unica.

 

La legge di bilancio 2019 ha previsto la tassazione fiscale fissa al 15% per le partite IVA al di sotto di 65mila euro di ricavi. A questo, la finanziaria ha affiancato un altro regime, simile al precedente, di imposta sostitutiva: il 20% per le partite IVA con ricavi sopra i 100mila euro: questo sistema entrerà però in vigore nel 2020, salvo modifiche che potrebbe portare la prossima legge di bilancio. Infine, la manovra ha introdotto un ulteriore regime di tassazione piatta per i pensionati che dall’estero si trasferiscono nei comuni del Sud Italia con meno di 20mila abitanti: si tratta del 7% sulle loro pensioni.

 

Per quanto riguarda le famiglie, dalle bozze del Documento di economia e finanza (Def) circolate ore precedenti alla sua approvazione in Consiglio dei ministri, sembrava che la linea del governo fosse chiara nell’introdurre anche per queste un regime di tassazione piatta. Si leggeva infatti: “il sentiero di riforma per i prossimi anni prevede la graduale estensione del regime di imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni” (qui la bozza: https://issuu.com/quotidianonet/docs/def_2019_fa9d19202063cd). Al contrario, nella versione del Def inviata alle Camere e anche pubblicata sul sito del Mef (http://www.dt.tesoro.it/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/def_2019/03a_-_PNR_2019.pdf), questo inciso è stato eliminato, lasciando solo un estremamente generico: “Il Governo (…) intende continuare, nel disegno di legge di Bilancio per il prossimo anno, il processo di riforma delle imposte sui redditi e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi. Questo nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.”. Pertanto, scompare qualsiasi riferimento alle aliquote del 15 e 20 per cento.

 

L’estensione alle famiglie, secondo il vicepremier Salvini, si farà, anche perché, come è solito ribadire, si trova nel contratto di governo. In un’intervista al programma tv Quarta Repubblica, ha illustrato in linea di massima la forma che potrebbe assumere la flat tax per le famiglie: si tratterebbe di un regime sperimentale, con un’aliquota al 15%, per i redditi inferiori a 50mila euro. Dal canto suo, l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha detto che l’introduzione ci sarà, ma solo con la ponderazione di un coefficiente familiare. Nel quadro delle dichiarazioni, e a stemperare possibili tensioni, si inserisce infine l’affermazione del premier Conte per cui la flat tax sarebbe “voluta da tutto il Governo” (https://video.repubblica.it/9fdf4a8c-4b90-4dfa-b773-d71c49634b94).

 

Per adesso, per quanto riguarda questo ulteriore regime di tassazione, nulla è ancora certo e chiaro, se non qualche linea di fondo. Si dovrà attendere la nota di aggiornamento del Def a fine settembre 2019 e poi, per avere un quadro completo, il disegno di legge di bilancio 2020.

 

A quasi un anno dalla formazione del governo Conte la flat tax che, come ricordato, dominava la scena già in campagna elettorale, sembra una misura troppo sbandierata e promessa per non essere portata a maggiore compimento. Si può però dire che per ora appare essere altrettanto lontana da quella promessa nel contratto di governo, in cui le due aliquote erano applicate a tutti: persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie. L’obiettivo dichiarato della Lega è avvicinarsi comunque il più possibile, anche se le variabili d’intralcio non sono poche: dal braccio di ferro con gli alleati 5Stelle alla situazione economica dell’Italia, da una possibile crisi di governo allo spettro dell’incostituzionalità.

 

Per noi di CheckpointPromesse, che seguiamo questa e più di altre 100 promesse dall’inizio del governo, il verdetto è “non mantenuta”, proprio perché le misure nella scorsa legge di bilancio si discostano in maniera significativa da quanto promesso. Inoltre i tempi di realizzazione preventivati sono già di gran lunga stati superati.

 

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