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“Come in un villaggio d’un tempo” sei studenti dai Padri Comboniani con tredici migranti: ecco la loro lettera

Nel 2018, in accordo con il Centro Astalli Trento, i Padri Comboniani hanno aperto la loro struttura di via Missioni Africane a Trento a sei studenti italiani e a tredici richiedenti asilo e rifugiati, affinché questi giovani di paesi diversi potessero vivere insieme
DAL BLOG
Di Centro Astalli Trento - 27 July 2019

Per saperne di più su di noi, vienici a trovare nel nostro sito http://www.centroastallitrento.it/

di Angela Tognolini

 

Ecco un altro articolo in cui vi portiamo Buone Notizie sull’integrazione dei migranti nel nostro territorio, un’altra prova che non è vero che per i migranti in Italia non c’è posto e non c’è speranza. Si tratta della ComboUniversitaria un progetto di convivenza tra studenti italiani, padri comboniani e migranti.

 

Nel 2018, in accordo con il Centro Astalli Trento, i Padri Comboniani hanno aperto la loro struttura di via Missioni Africane a Trento a sei studenti italiani e a tredici richiedenti asilo e rifugiati, affinché questi giovani di paesi diversi potessero vivere insieme. Il progetto garantisce camere singole e spazi comuni e offre un accompagnamento alla convivenza sia dal punto di vista pratico che da quello di benessere e spiritualità.

 

A distanza di un anno dall’inizio dell’avventura, i sei studenti italiani hanno scritto una lettera per raccontare la loro esperienza. Stavolta lasceremo che siano le loro parole a raccontare quello che hanno vissuto e imparato.

 

LA LETTERA DEGLI STUDENTI COMBOUNIVERSITARI

 

Siamo Miriam, Stefania, Elena, Luis, Emanuele e Tommaso. Ognuno di noi ad un certo punto ha avuto una spinta che aveva lo stesso suono: “I care”, che vuol dire “mi interessa, mi sta a cuore”. È stata la prima scintilla che ha mosso il Centro Astalli Trento a progettare questa comunità; il punto di partenza di tutti noi: quando abbiamo deciso di andare ad abitare a fianco di 13 richiedenti asilo e rifugiati, ospitati in via delle Missioni Africane presso i padri Comboniani.

 

Così è nata la ComboUniversitaria, una comunità in cui per un anno le nostre vite si sono intrecciate. Condividere non è facile, né scontato, anche perché, pur partendo da valori e scelte simili, siamo diversi nei nostri atteggiamenti. Ma durante quest'anno abbiamo capito che più si riusciva a buttarsi in questa condivisione, più la comunità diventava un luogo che ci ricorda la bellezza dei vecchi villaggi di un tempo. Gli uni accanto agli altri ci siamo presi cura delle relazioni, supportandoci e motivandoci a vicenda. Ci siamo scoperti gruppo, amici, una famiglia.

 

In questo modo, la vita in comunità è diventata un rifugio, una sorta di castello, lontano da persone che esprimono odio o indifferenza. Il fatto che questo rifugio sia abitato da persone che hanno compreso la bellezza della condivisione e il valore della diversità, permette di sentirsi meno soli nell’affrontare le difficoltà di questo momento storico e le incertezze per il nostro futuro. Avere in comune molte idee e ideali ci dà la forza di aprirci all’esterno, di mostrarci, facendo in modo che la comunità diventi anche ponte: collegamento tra culture, tra età differenti, tra studenti, operatori, padri, richiedenti asilo e tra le persone. In questa atmosfera, quello che più abbiamo apprezzato è stata la bellezza dello stare insieme giorno dopo giorno, accogliendo e condividendo i frutti della spontaneità. Essa fa emergere la gioia nascosta in ogni piccola cosa della vita, ricordandoci che tutti e tutto hanno qualcosa da insegnare.

 

Per apprendere è necessario porsi delle domande, che hanno marcato in modo positivo e profondo lo stare in comunità. Vivere insieme ha spinto ognuno di noi ad interrogarsi su se stesso, ragionando sul proprio stile di vita, sulle proprie priorità e sui propri limiti. Questo ha suscitato in noi il bisogno di riflettere e di acquisire una prospettiva critica, punto di partenza imprescindibile per capire che direzione far prendere alle nostre vite e che ruolo assumere nella società.

 

Più riusciamo ad ascoltarci, non tanto rispetto a quello che facciamo, ma anche rispetto a chi siamo, alle nostre paure, ai nostri punti di forza e debolezza, più si crea una terra fertile per “l’agire”, perchè confrontarci ci aiuta a capire, arricchirci, mettere alla prova il nostro pensiero personale. Purtroppo, a volte, il tempo per ascoltarci tra un impegno e l’altro sembra essere mancato. Se ciò non fosse capitato, ci saremmo maggiormente capiti durante alcuni momenti difficili dell’anno e questo avrebbe reso la vita di comunità ancora più significativa.

Il dialogo, infatti, ha reso la comunità un punto di incontro e un cantiere di idee. Condividerne una fa in modo che questa venga vagliata dal vissuto unico e proprio di ogni membro della comunità. L’idea originaria viene filtrata, cambiata e ritorna al mittente arricchita da nuovi punti di vista non ancora presi in considerazione.

 

Motivati dalla nostra comunanza di ideali abbiamo trasformato quelle idee in piccole azioni che, se fatte insieme, diventano naturali. Presto abbiamo imparato che era fattibile, che con le scelte di ogni giorno si scolpiva uno stile di vita condiviso che oggi ci incoraggia ad essere il cambiamento che vogliamo vedere. Uno stile di vita che sia compatibile con il benessere di tutti e non solo di alcuni, che valorizzi il rispetto della natura e che non sia orientato alla conquista di beni effimeri. Ci siamo sentiti ancora più corresponsabili rispetto a quanto avviene nel mondo, un accorgimento che si è rivelato bello e necessario. Abbiamo manifestato con grande passione un impegno nel conoscere l’altro, nel consumo critico e nel prenderci cura dell’ambiente, cercando di ridurre il nostro impatto ecologico.

 

Molti sono stati i momenti di festa, convivialità e testimonianza con i richiedenti e con le tante persone che sono venute a trovarci. Numerose cose sono state fatte, tra cui creare un’atmosfera agreste coltivando l’orto, allevando le galline, e auto-producendoci parte di quello che abbiamo mangiato. Tutto questo ci ha permesso di riscoprire la bellezza del contatto con la natura e con la persona. Siamo consapevoli, però, che ogni risultato raggiunto non rappresenti solo un traguardo, ma anche un nuovo punto di partenza.

 

Siamo giunti ad un punto di non ritorno, d’ora in poi saremo sempre in cerca di comunità.

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