“A casa vostra”: la famiglia trentina che ha accolto a casa un ragazzo migrante
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di Angela Tognolini
Eccoci al secondo articolo della nostra rassegna di Buone Notizie sulla migrazione, dove vi portiamo notizie sull’integrazione positiva dei migranti sul nostro territorio. Un certo tipo di informazione mediatica ci racconta che i migranti in Italia non hanno un futuro, non trovano lavoro, rischiano di diventare mendicanti o peggio, criminali. Insomma, ci dice che per loro non c’è speranza, non c’è posto. Questo, però, per fortuna non è vero. Negli anni passati, come Centro Astalli Trento abbiamo avuto la fortuna di vedere anche molte storie a lieto fine, dove chi viene da lontano ha arricchito e migliorato non soltanto la sua vita, ma tutta la nostra comunità.
Nell’articolo della settimana scorsa vi abbiamo parlato dell’alleanza tra Centro Astalli Trento e Libera contro le Mafie per far nascere la seconda edizione di un campo estivo su migrazione e criminalità organizzata. Questa settimana invece vi parliamo di un’esperienza molto particolare, quella di una famiglia trentina che ha fatto proprio quello che molta gente invita a fare in modo sarcastico a chi sostiene l’accoglienza dei richiedenti asilo: accogliere un giovane migrante a casa propria.
K. è giovane e pieno di risorse. Parla bene l’italiano e in Italia ha fatto un percorso molto buono e diversi tirocini per imparare un mestiere. Purtroppo, al termine del suo periodo nel progetto di accoglienza, non era riuscito ancora a trovare un lavoro con cui diventare indipendente. Mancava poco, forse qualche mese ancora, ma gli ci voleva un aiuto in più. Quell’aiuto è arrivato quando una famiglia del territorio ha fatto sapere all’associazione Centro Astalli Trento che era disposta ad accogliere un giovane migrante a casa propria. L’esperienza dell’accoglienza in famiglia era già stata fatta, nel nostro territorio, ma a causa del taglio dei fondi del governo Conte era diventata impossibile. Ma a questa famiglia non importava di non poter ricevere fondi e così hanno proposto di ospitare K. senza accedere ai finanziamenti. Il contributo del progetto Sprar, che viene loro versato, loro lo versano a K., che così è indipendente per i trasporti e per le sue piccole spese.
K. si è trasferito ad aprile e abiterà nella sua nuova casa fino ad ottobre. Il progetto che il Centro Astalli Trento ha immaginato per lui è fortemente improntato sull’autonomia: in questi mesi K. spera di trovare un lavoro e mettere da parte qualche soldo per reggersi sulle proprie gambe. In questo, il contributo della famiglia che lo accoglie è preziosissimo. Quello che gli stanno dando è una tra le cose più importanti che i migranti perdono quando devono abbandonare il loro paese: una rete sociale, una comunità, la ricchezza di quei legami di benevolenza e passaparola che sono così importanti per un ragazzo che si affaccia all’età adulta per trovare un suo posto nel mondo. Al netto di tutta la fatica e il dolore sofferto nel paese d’origine e durante il viaggio, la perdita di questa rete è una delle cose più dolorose che un migrante debba affrontare, soprattutto se si tratta di un ragazzo molto giovane. Conoscendo, parlando e presentandosi ai parenti, agli amici, ai vicini di casa, K. ha molte più possibilità di trovare un impiego, di conoscere meglio il Trentino, di farsi degli amici e, insomma, di costruirsi un futuro.
Grazie a coloro che lo hanno accolto, ora K. vive nella serenità di una casa dove può ritrovare, almeno in parte, alcuni degli affetti lasciati in patria. La famiglia che lo ospita è numerosa, anche se molti dei figli sono cresciuti e fuori di casa, e K. ha modo di rendersi utile. “Ogni giorno si ride, si impara qualcosa di nuovo” dice la padrona di casa “ci troviamo bene, tutto qui”. K. aiuta con i mestieri, fa la sua parte e nel frattempo passa i momenti di svago insieme a coloro che lo hanno accolto: è stato al matrimonio di una delle figlie e perfino con loro in vacanza.
Per quanto il tempo che si passa insieme nei percorsi di accoglienza in famiglia è limitato, il legame che si crea durante queste esperienze è spesso molto più lungo. Anche quando sarà capace di mantenersi da solo, K. avrà un riferimento di affetto, supporto e amicizia che molti dei giovani migranti che arrivano in Italia non possono neanche sognare. “Non parlate di noi sui giornali”, ha detto la signora che ospita K. “non vogliamo diventare famosi, queste cose non si fanno per la fama. Parlate pure dell’esperienza e del progetto, però. Perché è importante. Perché se se ne parla, magari a qualche altra famiglia viene voglia di fare qualcosa di simile.”
E infatti ci sono già altre famiglie che si sono informate presso l’associazione per accogliere giovani migranti. La speranza è che diventino un gruppo, che si conoscano e decidano di incontrarsi fra loro per scambiarsi consigli e buone prassi, e magari affrontare insieme momenti difficili. Perché il vero sogno non è soltanto che qualche giovane, molto lontano da casa, possa ricevere il supporto e l’affetto di una nuova famiglia. Il vero sogno è che, attraverso l’accoglienza dei migranti, siano le nostre stesse famiglie a riceverne energia, a legarsi in reti di supporto, a diventare sempre più comunità. Per combattere la solitudine che ci rende impauriti e ci fa odiare tutto quanto quello che è diverso, e per costruire un nuovo tessuto sociale fatto di relazioni, aiuto e della gioia di stare ed essere insieme.