Consegnano le pizze in dono all'ospedale ma vengono sanzionati, ora il sindaco potrebbe fare un bel gesto: pagare la multa
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
TRENTO. Se nel menù del dopo coprifuoco – chissà quando, chissà come – doveste trovarvi anche una pizza chiamata “Amarissima” non spaventatevi. Sarà certo gustosa come le altre, ma vi costringerà a chiedervi il perché di un nome respingente.
Il perché è presto detto, sintetizzando al massimo una piccola storia istruttiva di questo tempo triste e confuso. Tu sei un pizzaiolo. Noto. Tu, titolare di pizzeria, come tantissimi altri colleghi che cucinano, te la stai passando malissimo. Un mese e più di chiusura forzata – inevitabile chiusura causa virus – ti fa andare di testa quando provi a far di conto.
Le cifre? Almeno quarantamila euro di perdita fin qui, i mutui che comunque galoppano, i dipendenti che non sai se potrai garantire e che comunque provi a rassicurare dando fondo alle tue residue risorse. Fino a che potrai. Ma tu, titolare di pizzeria, trovi in ogni caso tempo e volontà di solidarizzare. Come? Regalando pizze a chi sta in trincea. A chi lavora nei reparti, bellici e non, dell’ospedale di Trento. (QUI L'ARTICOLO)
Allora impasti, sforni, carichi un mezzo di trasporto con una trentina di pizze fumanti. Ti sei messo d’accordo con i medici. Vai e consegni: con tutti i crismi della sicurezza e della prevenzione. Non vai da solo perché una trentina di pizze sono tante e se si freddano non hanno lo stesso sapore. Con te sale sul mezzo un dipendente-collaboratore, uno dei dipendenti con i quali – “regolarmente” – lavori nella tua pizzeria per quelle consegne a domicilio che non ti salveranno il bilancio ma ti danno almeno la sensazione che non tutti gli sforzi di una vita sono destinati al macero del fallimento.
La consegna avviene con reciproca soddisfazione. La tua e quella di chi riceve il tuo “segno”. Stai – state – tornando in pizzeria. Non lontana dall’ospedale. Vi ferma la pattuglia della polizia municipale che siete quasi arrivati. “Che ci fate in due sull’auto che non siete parenti e non si può?”. Spieghi. Spiegate delle pizze regalate all’ospedale, spiegate che non siete furbetti della clausura ma lavoratori che pur con l’angoscia per il proprio futuro sanno e vogliono pensare agli altri. Niente da fare.
Le regole sono regole, anche quando sono di una miopia che tende alla cecità. Ti appioppano una multa da 370 euro. E buonanotte, per quanto possa essere buona una notte che ti fa girare nel letto ragionando senza capire sull’assenza di buonsenso. Inutile che tu cerchi di darti una spiegazione. Per altro, non sei nemmeno tipo da recriminazioni. “Certo, in un due in auto non dovevamo essere – ti dici – ma siamo gli stessi che lavorano fianco a fianco, (lontani il giusto metro e mezzo, con guanti e mascherine, nel laboratorio. Boh”. “E poi – ti arrovelli ancora – i vigili potevano facilmente verificare che non raccontavamo frottole. Bastava andare o chiamare l’ospedale”.
Ma niente. Beccati la multa, pizzaiolo. E se ti dovesse capitare di risentire che nell’effettuare i sacrosanti controlli le forze dell’ordine usano di sicuro la carota del buonsenso prima di passare al bastone della stangata, sappi che sono spesso solo parole.
Stride solo che quelle parole siano state pronunciate – pubblicamente - dagli alti gradi della pubblica sicurezza. E pure da un presidente di Provincia, la nostra. Recentemente. Storia finita? Macché. Storia che si fa più bella alla faccia della delusione e del risentimento che pur senza esagerare – (la legge, si dice, è legge), sarebbero pure un po’ legittimi.
La storia, infatti, ha un giorno dopo. Che è, di nuovo, un giorno solidale. Dalle pizze si passa alla brioches, un baule pieno, che il titolare della pizzeria porta ancora all’ospedale. In regalo. Un regalo consegnato stavolta in solitudine e preceduto da un ironico “Speriamo di avere più fortuna” postato su Facebook. Senza rabbia alcuna. Con eleganza.
Proprio quello “speriamo in miglior fortuna” appare come la scelta più intelligente per far meditare. Eh sì, perché c’è una certa differenza tra chi trasgredisce i divieti varati per la propria e altrui sicurezza. Gli scemi, i menefreghisti, i bulli vanno puniti, viepiù duramente. Ma il gesto del pizzaiolo non era né scemo, né menefreghista, né bullo. Semmai, era esemplare. Forse ingenuo, ma esemplare.
Tu, cronista, il pizzaiolo lo cerchi. Ti aspetti una pioggia di maledizioni al posto della mozzarella che si sparge sulla pizza. Te lo ritrovi, invece, che rilancia. E non solo con le brioches.
“Voglio provare a coinvolgere – dice - quanti più ristoratori possibili di Trento per organizzare, via Whatsapp, un gruppo che possa coordinarsi nelle azioni di solidarietà e di riconoscenza a quanti stanno lottando negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie. Tutti noi siamo in difficoltà, ma dobbiamo farlo se possiamo. È giusto e basta. La mia proposta servirà a fare in modo che non ci siano giorni nei quali viene donato di tutto e altri giorni in cui non si regala nulla”.
Questo è il “signore” che è stato multato nell’espletamento di un lavoro non dovuto, ma benemerito. Al comandante della polizia municipale non si possono chiedere impossibili intercessioni, né cancellazioni di ammende. Risponderà – (non si sa se a malincuore, con umana partecipazione o solo per glissare) nell’unico modo in cui può: “Faccia ricorso”.
Ma al comandante dei vigili e a chi comanda le altre forze dell’ordine che si stanno facendo “un mazzo” che impone ringraziamenti sinceri, si può tuttavia domandare di mettere quanto più buon senso possibile nel loro prezioso lavoro. Non è un fatto di bontà, né di briglia sciolta alla troppa tolleranza. È un atteggiamento – semmai- che diventerà quanto mai utile con il prolungarsi dei giorni da reclusi, con il crescere del disagio fisico, psicologico e sociale. E con la complicata gestione di tutto questo.
Quanto alla vicenda, infine, un “bel gesto” potrebbe però farlo il sindaco che – giustamente – un giorno sì e l'altro pure elogia con orgoglio la forza solidale che anima la città. Che gesto? Non quello di far cancellare la multa, atto che non gli spetta.
Ma pagarla, quella multa, il sindaco potrebbe. Dividendo magari la spesa tra tutta la giunta. Sarebbe il modo di porgere le scuse ed esaltare un gesto solidale “punito” insulsamente. Sarebbe un segnale. Bello. E Pasquale.