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Napoli- New York, quando Gabriele Salvatores incontra Federico Fellini

DAL BLOG
Di Barbara Mastronardi - 08 December 2024

 Ribelle quanto basta amo gli animali e in particolare i gatti. Inseguo sempre i miei sogni come quello di scrivere e da sempre racconto storie spesso e volentieri di mici e micie.

Quando ho visto passare sul trailer la scritta "soggetto di Federico Fellini" ho pensato di avere le traveggole, invece no. Sebbene scritto e diretto da Gabriele Salvatores, Napoli- New York si basa appunto su un progetto originale di Federico Fellini e Tullio Pinelli, creato nel 2006 e rimasto inedito. Si sente aleggiare la mano del grande regista in quest'opera favoleggiante e per certi versi magica, che ti trasporta leggera nella Napoli del secondo dopoguerra. Non è facile descrivere le sensazioni molteplici e sfaccettate che questa fiaba moderna provoca nello scorrere fluido delle inquadrature, dove i primi piani dei due giovanissimi attori Dea Lanzaro (Celestina) e Antonio Guerra (Carmine), alla loro prima e di una lunga serie, a parer mio, fatica cinematografica, spaccano lo schermo. Letteralmente.

 

Si rievocano gli anni del sogno americano, dove molti italiani emigrarono in America in cerca di fortuna. Rammento con emozione mai sopita il momento in cui a Ellis Island, nella lunga lista, ho trovato il cognome di mio padre e dei miei antenati. È stato un momento unico, che mi ha riportato indietro nel tempo. Protagonista della pellicola è un Favino, che dà il meglio di sé, come sempre del resto. Una vera garanzia di qualità cinematografica. Napoli- New York è un grande, maestoso affresco che ci conduce da Napoli ad una New York anni 50, nel pieno sia della sua parte aristocratica, che di quella popolare, dove tutto è frenetico, colorato, incalzante.

 

L'utilizzo frequente del green screen, strumento utilizzato per sostituire con il computer una scena girata con uno schermo verde con altre immagini sovrapposte, richiama molto i film del passato. E a parer mio non disturba più di tanto. Anzi, aggiunge un sapore antico alle immagini patinate che ne aumenta il fascino. Il primo ad utilizzarlo è stato Larry Butler nel 1940 per il film “Il ladro di Bagdad”, grazie al quale ha vinto l'Oscar per gli effetti speciali. Traspare evidente una grande fame di buoni sentimenti, che condiscono l'intera vicenda con estrema delicatezza. Aleggiano vari temi toccati con leggerezza qua e là con sapiente leggerezza direi.

 

La condizione drammatica del dopoguerra che ha costretto tanti italiani a lasciare il paese in cerca di fortuna, la situazione americana con il razzismo nei confronti dei neri, la determinazione delle donne americane ad ottenere la loro indipendenza e la loro lotta nei confronti della violenza maschile...un potpourri ben costruito e congegnato. I bambini sono molto presenti nei personaggi, e condiscono la vicenda con loro innocente ed innata generosità, non ancora turbata dal cinismo delle loro future vicende.

 

La frase più saliente di tutta la pellicola è di Celestina. Una ragazzina bellissima e unica. "Tu non sei straniero, sei solo povero. Se sei ricco non sei mai straniero''. Un film allegorico che da un messaggio di speranza e di fiducia in questa umanità, che in fin dei conti non ne esce poi così male. Sono sempre le individualità delle persone ed i loro volti in primo piano a farla da padroni, con i loro sogni e tormenti, con le loro passioni ed il loro coraggio. Forse quello di cui, senza saperlo abbiamo proprio bisogno.

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