Ecco perché i gatti non hanno mai superato il complesso di superiorità dovuto al fatto che nell'antico Egitto erano adorati come dei

Quando ero ragazzina passavo gran parte del mio tempo a leggere e impazzivo per i racconti comicissimi e originali di Wodehouse. Ho pensato che forse valeva la pena di descrivere in stile simile una scena, che, chi possiede gatti, troverà molto molto famigliare. Uno dei dilemmi ancestrali della mia vita è capire come mai, a qualsiasi ora io mi alzi, alle sei, alle sette e via dicendo io mi ritrovo sempre in déshabillé alle otto e dieci, con il trucco appena accennato (mi trucco anche se sono a casa da sola) quando alle otto e 25 dovrei, e dico dovrei a ragion veduta, essere già in ufficio.

Quella  mattina avevo pensato di fare le cose per bene e mi sono svegliata e alzata alle sei e mezza. Considerando che sono una nottambula incallita, la faccenda ha comportato non poco sforzo. Visto che era prestissimo, e il tempo mi sembrava infinito, ho cominciato pulendo le varie lettiere sparse per la casa. Liuba mi guardava speranzosa, è la più schizzinosa delle quattro, e attende con ansia inaudita la pulizia, dopo di che, puntualmente si fionda a scavare come una forsennata, sporcando subito la sabbia immacolata.

Anche oggi ovviamente non ha fatto eccezione. E sono diventate le sette. Ma il tempo è tantissimo, ho pensato. Sono sempre di corsa e abituata a fare mille cose, del resto le donne, per definizione sono multitasking, si sa. Una volta conclusa la tenzone, perché di tenzone si trattava considerando che tutte e quattro mi gironzolavano intorno indiavolate, non vedendo l'ora che io finissi, ho pensato che avevo ancora tanto spazio a mia disposizione e ho aperto il frigorifero per preparare il pranzo. In modo da non mangiare il solito pane e formaggio. Ecco, un bel piatto di zucchine trifolate con una frittata alle patate. Perfetto. Apro e trovo il vassoio ancora con il cellophane in cui troneggiano le mie zucchine biologiche in parte ammuffite. Mi accingo a tirarle fuori sperando di salvarne almeno in parte, quando sento un frastuono terribile, mi giro e vedo Calypso che mi guarda fiera dopo aver giocato a croquet sul tavolo della cucina, buttando giù un bicchiere di vetro, che come da copione è andato in tanti microscopici pezzi, sparsi per tutto il pavimento. In quel momento mi sono passate per la testa le più innumerevoli parolacce che le ho detto urlando a squarciagola. Eh sì, io giro sempre a piedi nudi. L'ho presa e buttata fuori perché non si facesse male alle zampine, facendo la gincana, in punta di piedi fra i vetri. È susseguito un tempo immemorabile, in cui ho spazzato via i vetri e passato in ginocchio una carta assorbente bagnata per raccogliere ogni frammento.

Le otto, il tempo è relativo, come dice Albert Einstein, ma in questo caso era oggettivo che alle otto e trenta dovevo assolutamente essere davanti alla scrivania: caffè o trucco e parrucco? Il secondo, indubbiamente. Mi sono preparata alla velocità della luce, ovviamente senza la precisione e l'accuratezza che un narciso personificato come me vorrebbe sempre avere, dopo aver dato la colazione alle quattro piccole belve e a Cico, il pappagallino, che chiacchierava felicissimo del caos.

Ovviamente tralasciando pranzo da preparare e annessi e connessi. A questo punto sono scesa trafelata con borsa, zaino del computer e sacco della spazzatura, scendendo le scale come un missile rischiando di rompermi l'osso del collo.  Et voilà, ho trovato un furgone che faceva manovra davanti ai bidoni, perdendo drammaticamente attimi preziosi. 

“I gatti, come categoria, non hanno mai completamente superato il complesso di superiorità dovuto al fatto che, nell'antico Egitto, erano adorati come dei”, Pelham Grenville Wodehouse.