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Gesù disse loro: ''Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti''

Il nono capitolo del vangelo marciano si apre con il racconto della trasfigurazione, durante la quale ai discepoli più vicini a Gesù - Pietro, Giacomo e Giovanni -, vengono rivolte queste parole direttamente dal Padre: «questi è il mio Figlio, l'amato, ascoltatelo!»
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Di Alessandro Anderle - 19 September 2021

Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,

Mc 9,30-37 [In quel tempo] Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

 

Il nono capitolo del vangelo marciano si apre con il racconto della trasfigurazione, durante la quale ai discepoli più vicini a Gesù - Pietro, Giacomo e Giovanni -, vengono rivolte queste parole direttamente dal Padre: «questi è il mio Figlio, l'amato, ascoltatelo!». E per agevolare l'ascolto dei discepoli, Gesù decide di allontanarsi dai fragori della folla, concentrandosi solamente sull'insegnamento. Ma quale insegnamento può richiedere tanta attenzione e cura da parte di Gesù?

 

«Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà»: ecco l'insegnamento tanto scandaloso da richiedere tempo e calma per essere interiorizzato. È la seconda rivelazione della passione, centro della teologia del vangelo più antico, l'annuncio di una glorificazione messianica che può avvenire solamente dopo la consegna, la spoliazione totale, del Messia stesso. Sembra interessante notare, qui, che a detta degli studiosi questo secondo annuncio della passione «ne costituisce la formulazione più arcaica, come si deduce dallo stile semitizzante e dall'estrema concisione con cui è redatta» (A. Poppi). La reazione dei discepoli è del tutto eloquente: «Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo».

 

A questo punto i Dodici arrivano a Cafarnao con Gesù, dove si riposano in una casa – con buona probabilità quella di Simone/Pietro. Il racconto di Marco prosegue con una serie di “istruzioni” impartite da Gesù ai discepoli, nel corso di una semplice conversazione. L'occasione per la prima tematica da affrontare viene offerta da una discussione che i Dodici ebbero durante il viaggio, riguardante chi fosse «il più grande».

 

L'insegnamento di Gesù, come per la figura del Messia che si fa servo sofferente del Padre e degli uomini, sovverte il comune modo di pensare: «se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Al primo, anziché spettare onore e riconoscimento, spetta la servitù, spetta il farsi ultimo. Il servizio totale, assoluto, agli ultimi, il quale diviene “farsi” ultimo. Un servitore disinteressato, che ama l'Amore del Padre, la misericordia, e quindi ama servire per servire l'altro.

 

La figura del bambino, che rappresenta l'essere indifeso per eccellenza – fisicamente e psicologicamente -, è forse l'immagine più efficace per dare forma a quell'altro che devo servire, poiché attraverso quel bambino il servizio si apre al futuro, la qual cosa lo rende un servizio al mondo. Con il bambino in braccio, è Gesù stesso ad identificarsi in lui, nel “figlio” del Figlio: «chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

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