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''Eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni'', Gesù guarisce la figlia di una donna cananea

La figura della cananea è chiaramente centrale per la comprensione di questo racconto. Il termine “cananea” equivale a “sirofenicia”, oppure “greca”, quindi certamente pagana
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Di Alessandro Anderle - 16 agosto 2020

Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,

Mt 15,21-28   [In quel tempo] Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.

 

La narrazione che viene proposta in questa domenica è ancora tratta dal vangelo secondo Matteo. Il brano si apre con un'annotazione geografica: dopo una discussione con i farisei riguardo il concetto di purità («Non ciò che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l'uomo»), Gesù se ne va verso Tiro e Sidone, fuori dai confini d'Israele, in terra pagana. Il narratore non specifica, però, se vi sia mai arrivato, poiché l'incontro con la cananea non ha collocazione precisa, anzi. La specifica «che veniva da quella regione» farebbe pensare ad un incontro avvenuto ancora nei confini d'Israele.

 

La figura della cananea è chiaramente centrale per la comprensione di questo racconto. Il termine “cananea” equivale a “sirofenicia”, oppure “greca”, quindi certamente pagana. Una donna che nulla aveva a che fare con il regno d'Israele, con i giudei; la quale probabilmente poco sapeva della loro storia, di Mosè e della liberazione dalla schiavitù in Egitto, del padre Abramo, dei riti, del tempio, della Torah. La cananea era una signora, una donna, di un'altra cultura, di un'altra religione. Non deve però stupire il fatto che si sia recata da Gesù per la richiesta di guarigione della figlia: come anche oggi succede, di fronte alle situazioni di grande dolore, di quel dolore che ci tocca così da vicino da diventare parte di noi - forse la porzione più grande di noi -, di fronte a questo dolore il bisogno di fiducia, di speranza diventa quasi assoluto. Un assoluto che fa cadere tutti i muri, tutte le barriere (per inciso, è chiaramente una fase molto delicata, in cui assume importanza vitale la scelta riguardante il soggetto in cui riporre tale fiducia incondizionata. È la fase in cui si è maggiormente condizionabili, in cui risulta difficile distinguere immediatamente un profeta da un ciarlatano – poiché alcuni “uomini” riescono a speculare anche su questo).

 

Vi è da dire che al tempo di Gesù vi era una pluralità di credenze, una ricchezza religiosa, molto diversa da quella che conosciamo noi oggi. E con essa una certa “mobilità” nella fede – si pensi all'episodio del vitello d'oro, di tutti i “Baal” a cui il popolo d'Israele spesso si affidava. In tale contesto, Gesù incontra la richiesta di una pagana.

 

Gesù, in prima battuta, non ascolta la donna e prosegue: la mediazione dei discepoli diverrà decisiva (la mediazione, forse non la motivazione «Licenziala, poiché ci grida dietro»: il sentore è quello di un certo disagio, e la mediazione non è direttamente volta alla guarigione, ma all'allontanamento). Gesù allora risponde, in modo duro, certamente, ma con una piccola nota di tenerezza: i pagani, spesso, venivano paragonati ai cani dai giudei, ed i cani erano ritenuti fra gli animali maggiormente impuri – alla stregua del maiale. Gesù, però, utilizza un tenero vezzeggiativo «non è bene prendere il pane dei figli (il popolo d'Israele che aveva ricevuto l'elezione della rivelazione e dell'alleanza) e gettarlo ai cagnolini».

 

La donna, però, insiste non chiedendo, se non le briciole: ciò che rimane del pasto principale, un resto. Così Gesù, sentendo quella fiducia assoluta e totale – che alla donna non aveva neppure richiesto – apre la finestra della grazia sul mondo. Così la Parolamore inizia a corrodere i confini, a sgretolare i muri di tutti i templi.

 

E come in molte altre circostanze, l'innesco fu una donna (di un'altra fede per giunta, ma capace di fede altra).

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