Pioggia intensa e fino ai 2mila metri, temporali e grandine: in pieno inverno una “normale” perturbazione primaverile. Ecco cosa è successo martedì
"Si è trattato di un evento anomalo - dice Giacomo Bertoldi, ricercatore di Eurac e membro dell'associazione Meteo Trentino Alto Adige, parlando della perturbazione di martedì scorso (28 gennaio) - di una perturbazione primaverile o autunnale in pieno inverno. Certo non si può associare un singolo evento al cambiamento climatico, ma sulla base dei modelli pensiamo che eventi di questo tipo possano diventare sempre più comuni in futuro"
TRENTO. Pioggia fino ai 2mila metri, precipitazioni intense con grossi quantitativi in poco tempo, temporali con grandine e corsi d'acqua ingrossati. In poche parole, una normale perturbazione primaverile, o autunnale, per il territorio trentino: peccato si sia verificata l'ultima settimana di gennaio, in pieno inverno. Un fenomeno, oggi, certamente anomalo (proprio a ridosso tra l'altro dei cosiddetti 'giorni della merla', tradizionalmente identificati come i più freddi dell'anno), ma destinato secondo gli esperti a diventare sempre di più la norma con l'aumentare delle temperature, con tutte le conseguenze del caso.
A sottolinearlo è il ricercatore di Eurac e membro dell'associazione Meteo Trentino Alto Adige Giacomo Bertoldi, che insieme ai tanti ricercatori che studiano il clima in Regione è rimasto colpito dalle caratteristiche della perturbazione che negli scorsi giorni (in particolare martedì 28 gennaio) ha interessato il nostro territorio. “Si è trattato di un evento anomalo – ribadisce – di una perturbazione primaverile o autunnale in pieno inverno. Certo non si può associare un singolo evento al cambiamento climatico, ma sulla base dei modelli pensiamo che eventi di questo tipo possano diventare sempre più comuni in futuro”.
Come detto, nella giornata di martedì in particolare veri e propri temporali si sono verificati in diverse zone del Trentino, portando anche a intense grandinate in Vallagarina (Qui Video): “I temporali in realtà sono sì rari, ma non del tutto insoliti anche nella stagione invernale. Molto più insolita è invece la presenza della grandine e, in generale, di una perturbazione con il limite della neve fin sopra i 2mila metri a fine gennaio: è una quota importante, al di sopra tra l'altro di molte località sciistiche, più tipica di perturbazioni primaverili o tardo autunnali”.
Alle alte temperature si sono accompagnate precipitazioni molto abbondanti: “Sul Bondone sono caduti quasi 100 millimetri – continua – che in condizioni 'normali' si sarebbero tradotti in una copertura nevosa di circa 1 metro. Diverso il discorso nelle zone alpine più interne, dove i fiocchi sono invece arrivati anche più in basso. Diciamo che si tratta di un chiaro campanello d'allarme, un fenomeno indicativo di un processo in atto e che tenderà ad evolversi ulteriormente nei prossimi anni”.
E il cambiamento non è relativo 'solo' alla quota neve sempre più alta: “Temperature più alte infatti – dice ancora Bertoldi – fanno sì che l'aria trattenga più umidità portando, un po' come durante le stagioni più calde, a rovesci di intensità maggiore; a piogge intense quindi anche a quote relativamente alte”. Le conseguenze, senza toccare le difficoltà economiche per gli impiantisti, si rifletteranno sempre di più anche nelle disponibilità idriche stagionali: “Normalmente – conclude l'esperto – in inverno i corsi d'acqua hanno portate inferiori: nel corso della perturbazione degli scorsi giorni si sono invece ingrossati in pieno inverno; un regime tipico delle regioni appenniniche e meridionali più che dell'arco alpino”.
In altre parole: una maggiore fusione nivale in inverno (e una più rapida fusione primaverile) porteranno, secondo le previsioni degli esperti, a una maggiore disponibilità idrica nella stagione fredda e a una inferiore in primavera. “Di per sé non è un fatto problematico – conclude Bertoldi – ma si pongono degli interrogativi importanti sul fronte dell'adattamento”. Un tema al quale lo stesso Bertoldi sta lavorando, con Eurac e molti enti di ricerca italiani per la gestione dei rischi legati a cambiamenti climatici, all'interno di un progetto specifico, finanziato con fondi del Pnrr (Return).