Zero termico a 3.700 metri (a fine ottobre) dopo l'estate dei record: “Bilancio tragico per i ghiacciai, le attività sportive in alta quota non possono più esser date per scontate”
Il presidente della Commissione glaciologica Sat a il Dolomiti: "La quantità di risorsa idrica persa quest'anno è stata veramente notevole e per quanto riguarda la perdita di spessore abbiamo registrato valori anche doppi rispetto a quelli degli ultimi 5 anni. Si tratta, va sottolineato, di acqua che non verrà recuperata: quest'anno infatti non solo si è sciolta molto precocemente tutta la neve di copertura, ma anche il bacino di accumulo nella parte più alta dei corpi glaciali. Si tratta di quella neve che, nel giro di qualche anno, resistendo al caldo estivo può trasformarsi in ghiaccio e quindi alimentare il ghiacciaio stesso"
TRENTO. “Quello di quest'anno è un bilancio molto pesante per i ghiacciai in Trentino: in alcuni casi l'arretramento della fronte glaciale è stato addirittura 6-7 volte maggiore rispetto ai dati registrati negli ultimi 5 anni. Nelle fasi più calde dell'estate siamo arrivati a perdere in diversi siti fino a 4-5 centimetri di spessore al giorno”. Ma se i mesi estivi sono stati un vero e proprio incubo per i corpi glaciali sulle Alpi, dice a il Dolomiti Cristian Ferrari (presidente della Commissione glaciologica della Società degli alpinisti tridentini), la 'stagione' di fusione potrebbe non essere ancora finita sul nostro territorio, mentre per i prossimi giorni gli esperti di Meteotrentino hanno previsto in rialzo fino a 3.700 metri la quota per lo zero termico. Il tutto mentre la stagione sciistica stenta a partire (Qui Articolo) e le temperature altissime di questo autunno stanno mettendo in ginocchio il 'Circo bianco', con l'annullamento del gigante femminile di Sölden, delle gare di discesa maschile di Zermatt/Cervinia e infine delle discese femminili di Coppa del mondo valevoli per il Matterhorn Cervino Speed Opening.
“Se c'è una cosa che l'inverno e l'estate appena passati ci hanno fatto capire – commenta Ferrari – è che alcune attività sportive di tipo alpinistico sui ghiacciai o lo sci in alta montagna non possono più esser date per scontate: da una parte i ghiacciai sono in estrema sofferenza e la neve è poca, dall'altra l'acqua scarseggia anche per l'innevamento artificiale dopo un'estate di siccità straordinaria”. Come già riportato in più occasioni, il surriscaldamento globale ha infatti impattato duramente negli ultimi anni sull'ambiente montano: “Storicamente – dice l'esperto – le misure sui ghiacciai si interrompevano con l'inizio di settembre, ora invece proseguono fino a metà ottobre. Abbiamo completato le ultime circa 10 giorni fa e, se si dovesse effettivamente verificare una nuova settimana di caldo anche in quota, potremmo addirittura tornare a misurare alla fine del mese per capire quanto è stato perso in pochi giorni ad autunno ormai inoltrato”.
Visto l'arrivo anticipato di temperature estive già in primavera, quest'anno la fusione dei ghiacciai è iniziata a metà maggio, dice Ferrari, quando lo zero termico era già arrivato in alcune occasioni a 4.500 metri di quota: “In seguito ci sono state pochissime giornate dove la temperatura media è andata sotto lo zero, con la metà di giugno quindi i ghiacciai avevano già perso praticamente tutta la copertura nevosa. Ciò che si è fuso in seguito era ghiaccio, e viste le temperature il processo è stato incredibilmente veloce”. Negli ultimi 20 giorni le nevicate registrate in quota sono tornate a proteggere i ghiacciai, ma se la colonnina di mercurio tornerà ad alzarsi la presenza della neve sarà poco significativa, sottolinea il presidente della Commissione glaciologica.
“La quantità di risorsa idrica persa quest'anno è stata veramente notevole – continua – e per quanto riguarda la perdita di spessore abbiamo registrato valori anche doppi rispetto a quelli degli ultimi 5 anni. Si tratta, va sottolineato, di acqua che non verrà recuperata: quest'anno infatti non solo si è sciolta molto precocemente tutta la neve di copertura, ma anche il bacino di accumulo nella parte più alta dei corpi glaciali. Si tratta di quella neve che, nel giro di qualche anno, resistendo al caldo estivo può trasformarsi in ghiaccio e quindi alimentare il ghiacciaio stesso: significa che l'estate 2022 ha intaccato seriamente anche il ghiaccio già in formazione dagli anni precedenti, pregiudicando il futuro dei corpi glaciali”. La Commissione glaciologica attualmente sta lavorando per mettere insieme tutti i dati delle misurazioni effettuate quest'anno (che verranno poi resi pubblici tra pochi giorni), ma non ci sono dubbi sulla gravità della situazione.
“Gli effetti di questi cambiamenti così repentini sono diversi – spiega Ferrari – da una parte cambia per esempio la biodiversità, con le specie pioniere (quelle che nascono e crescono nella zona lasciata libera dal ghiacciaio in arretramento) che si trovano da un anno all'altro una grande quantità di spazio libero da colonizzare. Dall'altra però sono diverse anche le conseguenze sulle attività umane: alcuni rifugi per esempio dipendono dall'acqua che arriva dai ghiacciai e dalle nevicate invernali”. La costanza della presenza di alte temperature in quota intacca infine anche il permafrost, quello strato di terreno completamente congelato e 'tenuto insieme' proprio dal ghiaccio, che agisce come una sorta di cemento tra la matrice granulosa. “Se questo ghiaccio fonde – conclude Ferrari – il terreno in sostanza cede e si abbassa, arrivando a causare anche veri e propri crolli. Inutile sottolineare i grandi rischi che dinamiche di questo tipo possono determinare per strutture e attività umane in montagna”.