Un inverno inesistente sugli Appennini e dal governo arrivano altri 13 milioni di ristoro per la filiera della neve. Un aiuto ma per quale futuro?
Le risorse sono destinate ai gestori degli impianti di risalita, ai maestri di sci, agli albergatori e ai ristoratori e tutte quelle attività che hanno registrato un calo del fatturato nell'ultimo disastroso e drammatico inverno
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
L'inverno peggiore degli ultimi 40 anni, niente neve e temperature troppo elevate per la messa in funzione dei cannoni. Una stagione sostanzialmente non pervenuta e una situazione drammatica. E in questo contesto è intervenuto il governo Meloni. Ecco un sostegno da 13 milioni destinati ai comprensori sciistici della dorsale.
Queste risorse sono destinate ai gestori degli impianti di risalita, ai maestri di sci, agli albergatori e ai ristoratori e tutte quelle attività che hanno registrato un calo del fatturato maggiore del 30% nella stagione 2023/24 rispetto a 2021/22, quindi ancora prima del penultimo inverno, anche molto difficile per le destinazioni sull'Appennino.
Un aiuto da Roma che si aggiunge al provvedimento varato negli scorsi mesi con una pioggia di milioni più cospicua e orientato agli investimenti, anche per potenziare e rafforzare il ricorso al sistema di innevamento programmato.
Questo il senso del decreto che ha già stanziato 30 milioni per incrementare la competitività e la sostenibilità del settore turistico sull’Appennino. La riduzione dei ricavi doveva attestarsi, in quel caso, tra il 2022/2023 con raffronto sul periodo di 12 mesi prima. Ora un ulteriore aiuto alla filiera della neve per compensare le perdite di incassi della stagione scorsa.
Gli impatti della crisi climatica sono pesanti. In Emilia-Romagna, per esempio, la stagione 2023/24 era iniziata con 4 milioni e 67mila euro stanziati dalla Regione per indennizzare le imprese del turismo invernale danneggiate dalla scarsità di neve. Si affronta, legittimamente, l'emergenza e si cerca di salvaguardare un settore importante per le comunità, anche dal punto di vista occupazionale.
A mancare, forse, un ragionamento d'insieme che possa portare le varie destinazioni a trovare un piano industriale capace di guardare sul lungo periodo e stimolare la progettazione di un turismo che tenga conto della crisi climatica. Milioni che rappresentano una boccata di ossigeno ma che rischia di frenare una transizione verso un prodotto e un'offerta che tenga conto di inverno sempre più caldi e incerti.