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Attualità

L'Appennino romagnolo senza ristori: a quasi un anno e mezzo dall'alluvione, gli agricoltori non sono stati risarciti per i danni subiti

A più di un anno di distanza dall'alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna, l'Appennino romagnolo è rimasto senza ristori. A denunciarlo sono titolari di aziende agricole e piccole imprese che hanno subito danni e si sono visti negare un supporto economico per la ripresa 

di
Luca Martinelli
29 agosto | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

L'Appennino romagnolo è rimasto senza ristori. Tante aziende agricole che hanno subito danni per gli eventi alluvionali del mese di maggio 2023 hanno ricevuto alla fine della scorsa settimana una lettera abbastanza laconica: Agricat - il fondo mutualistico nazionale promosso per finanziare con il 3% delle risorse della Pac i risarcimenti da calamità alle imprese agricole - sottolinea "la inesistenza delle condizioni stabilite dalle disposizioni di riferimento per l'intervento del Fondo e per l'accoglimento della denuncia presentata". Tra i primi a darne notizia, usando i social network, è stato Gianni Fagnoli, titolare dell'azienda agricola I Fondi di Rocca San Casciano (FC) e promotore dell'Appello per l'Appennino romagnolo: "A tredici mesi dalla mia domanda (i famosi tempi record!), il fondo che avrebbe dovuto ristorare gli agricoltori colpiti da calamità ed eventi eccezionali (chiamasi Agricat), mi ha comunicato di NON aver rilevato danni nel mio Podere per quel che riguarda l'Alluvione in Romagna del 2023, e che pertanto, rigettata la domanda, verrò risarcito solo secondo la Legge del Menga, già così generosamente implementata qui in Romagna da questo governo e dai suoi dicasteri" ha scritto sulla sua pagina Facebook.

 

Fagnoli richiama anche la responsablità dei cittadini romagnoli per quanto sta accadendo, senza scaricare la responsabilità sulle istituzioni: "Quelli che dovrebbero vergognarsi probabilmente dovremmo essere noi, che gli stiamo permettendo tutto questo, quegli alluvionati romagnoli - in larga maggioranza - purtroppo sinora mansueti e affabulati dalle chiacchiere cianciate da imbonitori su commissione, il cui unico scopo era (ed è) evitare noie ai piani governativi. E 'senza far polemica' il romagnolo è stato infatti finora lì in un angolino, buono buonino, ad incassare ogni botta possibile (il famoso Tèn Bóta forse si riferiva a questo, alla capacità di prendere ceffoni da chiunque senza aprire bocca)".

 

Confagricoltura, ad esempio, sottolinea che "sui rimborsi da alluvione non è chiara la motivazione del rigetto, ma ancora meno lo è la modalità. Difficile dunque gestire il contenzioso, come quello sui danni non riconosciuti in toto alle colture sradicate dalle frane che è stato rimandato alla Regione". L'associazione sottolinea, ad esempio, che per la provincia di Ravenna, l'alluvione ha danneggiato circa 2000 aziende su oltre 6000. "Qui l’80% di domande è stato respinto. Ma non va bene nemmeno alle poche aziende che hanno ottenuto una risposta positiva da AgriCat, di queste infatti solo il 20% sta ricevendo molto lentamente i contributi promessi" spiega un comunicato stampa. La Confederazione italiana agricoltori (CIA) lamenta la consegna di "migliaia le lettere di diniego, totale o parziale, inviate da Agricat (il Fondo mutualistico nazionale che copre i danni alle produzioni agricole causati da eventi atmosferici di natura catastrofale, ndr) agli agricoltori che aspettavano gli indennizzi sulle produzioni agricole danneggiate da eventi calamitosi".

 

Dopo che le associazioni di categoria hanno denunciato quanto stava avvenendo, il 28 agosto è intervenuto sul tema anche l'assessore regionale all'Agricoltura dell'Emilia-Romagna, Alessio Mammi: “Si tratta – ha spiegato - di un atteggiamento grave e incomprensibile nei confronti delle imprese agricole dell’Emilia-Romagna", sottolineando la volontà di chiedere spiegazioni al governo.

La fessura larga e profonda che si è aperta nei terreni della famiglia Cappelletti, nelle campagne di Dovadola (FC) - © Luca Martinelli

L'AltraMontagna ha intervistato Fabio Cappelletti, titolare con la famiglia di uno storico forno agricolo certificato biologico a Dovadola (FC) e di un'azienda agricola che produce i cereali trasformati nel laboratorio. All'interno della proprietà si è aperta una voragine, una gigantesca crepa. Anche lui, però, non ha ottenuto risarcimenti: "Quella con Agricat è un'operazione molto a ridosso dell'accaduto, non specializzata, era una cosa molto a ombrello, a cui tra l'altro non avevo allegato foto. Ho visto che c'è la possibilità di presentare ricorso, vedremo se allegando foto e informazioni la risposta cambierà. Ne parlerà con Coldiretti. Per quanto mi riguarda, su consiglio di un consulente, ho presentato un'altra richiesta, relativa alla 'Misura 100' (i fondi sono stati stanziati dal Governo tramite il Decreto-legge 61 - poi convertito nella legge 100, per 50 milioni di euro), con tanto di fotografie, perizia di un geologo, relazione tecnica, progetto di ripristino di quel campo. Abbiamo presentato una domanda definita urgente nel novembre 2023, per un intervento che ha un costo di oltre 50mila euro, per stabilizzare quel campo, e a settembre 2024 non ho ancora ricevuto risposta. Tra l'altro quella porzione di campo, che misura oltre un ettaro, non posso seminarlo. Queste mancate risposte posso reggerle io, che ho anche un'altra attività economica, ma non so se avrei potuto resistere se fossi stato titolare solo di un'azienda agricola, che nel 2023 ha prodotto zero a causa alluvione e quest'anno meno del normale, perché ho diversi pezzi di seminativo che non sono riuscito ad utilizzare".

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