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Attualità

Il Ministero del Turismo promuove un "borgo fantasma" valdostano, ma utilizza la fotografia di un paese francese. I social insorgono

La promozione di una località di cui si ignora l’aspetto è poco rassicurante, soprattutto se si tratta di un’iniziativa del Ministero del Turismo: osservando la dialettica utilizzata per pubblicizzare i luoghi "dimenticati", sorge il dubbio che questo tipo di esperienze si esauriscano in superficie

di
Pietro Lacasella
21 novembre | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Turismo avventuroso nei borghi fantasma: questa la nuova campagna del Ministero del Turismo.

I luoghi abbandonati, è ormai cosa nota, suscitano un largo interesse tra le persone. Sono infatti frequenti i pellegrinaggi spontanei finalizzati a visitare paesi o strutture deserte. Un riflesso dell’intramontabile fascino della rovina; un afflato “ruskiniano” giunto fino a noi a cui però va associata la più recente fame di avventura.

 

È quindi in parte comprensibile che il Ministero abbia deciso di inserirsi in questo solco d’interesse. Tuttavia è al contempo necessario, per evitare di strutturare esperienze di stampo molto ludico e poco educativo, fornire ai fruitori gli strumenti necessari per visitare con consapevolezza i territori segnalati: per riuscire a interpretare il paesaggio che avvolge questi paesi; per comprendere le dinamiche che hanno provocato l’abbandono; per rientrare arricchiti da uno spaccato umano che ha indubbiamente lasciato una traccia indelebile sul territorio, evidenziando un particolare modo di interpretare l’ambiente.

 

Eppure, osservando la dialettica utilizzata per pubblicizzare i luoghi, sorge il dubbio che questo tipo di esperienze si esauriscano in superficie. L’hashtag utilizzato per promuovere l’iniziativa è #turismoavventuroso e lascia intendere che l'offerta sia stata strutturata attorno al richiamo dell’enigma, dell’arcano, della magia. “La bellezza del paesaggio si unisce al fascino del mistero”, si legge in post promozionali, pubblicati sulle pagine social del Ministero, che invitano a vivere “avventure da brividi”. Lo stesso logo - un fantasma stilizzato - sottolinea questo impianto narrativo.

 

Passano dunque in secondo piano le effettive ragioni che hanno provocato l’abbandono, spesso riflesso di dinamiche antropiche o ambientali drammatiche. Ma forse è proprio nei vuoti lasciati dallo spopolamento, nell’assenza di una solida trama sociale, che si riesce a innestare una narrazione nuova, capace di uscire dai confini della realtà per abbracciare in parte quelli della finzione.

 

Un fenomeno ricorrente tra i borghi italiani, formidabili calamite turistiche, tuttavia povere dei servizi essenziali per un vivere dignitoso. Un interessante approfondimento pubblicato di recente da Il Venerdì di Repubblica informa che “su quasi ottomila Comuni in Italia, il 70 per cento ha meno di cinquemila abitanti e dunque è considerato ‘a grave rischio abbandono’. Più o meno 23,6 milioni di italiani vivono ogni santo giorno con il problema di dove fare la spesa. Per la Confesercenti, dal 2014 a oggi, nei piccoli centri hanno abbassato le serrande quasi 26 mila attività di base come negozi alimentari e bar”.

 

In ogni caso, a evidenziare con particolare efficacia il carattere epidermico di questa operazione di sviluppo turistico è stata una distrazione di cui in molti si sono accorti e che hanno prontamente segnalato sui social: per pubblicizzare la visita di Fornet, borgo valdostano spopolatosi in seguito alla realizzazione di una diga, il Ministero si è servito di una fotografia che ritrae un paese omonimo, situato oltralpe, in Val d'Isere (Francia).

 

La promozione di una località di cui si ignora l’aspetto è poco rassicurante, soprattutto se si tratta di un’iniziativa del Ministero del Turismo: sorge infatti il dubbio che la necessità di dimostrarsi attivi superi d’importanza il valore qualitativo della proposta. In effetti, non è poi così raro che la ricerca della qualità venga trascurata dalla “politica del fare”, così in voga di questi tempi.

 

Cerchiamo dunque di convergere verso il desiderio di “fare-bene”: sarebbe un importante punto di partenza per scongiurare la nascita di nuovi borghi fantasma.

 

 

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