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Attualità

I terremotati del Centro Italia si lamentano, ma non hanno voce: la ricostruzione arranca a otto anni dal sisma

Il 24 agosto del 2016 le scosse distruggono Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto, in un territorio montano a cavallo tra Lazio e Marche. Pochi mesi dopo, anche la Valnerina, Norcia e la piana di Castelluccio vengono colpite. Oggi tante, troppe famiglie vivono ancora in soluzioni abitative d'emergenza, mentre la ricostruzione pubblica latita, le persone abbandonano il territorio perché hanno perso fiducia nello Stato. Eppure il Commissario di governo scrive: “Il posto migliore in cui vivere lo stiamo costruendo insieme”

di
Luca Martinelli
24 agosto | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Martedì 13 agosto 2024 la sala polifunzionale dell’istituto scolastico di Accumoli, uno dei paesi della provincia di Rieti distrutti dal terremoto del 24 agosto 2016, a 900 metri sul livello del mare, era stipata di persone. Nonostante la pioggia, tantissimi sono arrivati per il concerto di Filippo Graziani nell’ambito del Festival dell’Appennino, una serie di appuntamenti diffusi in tutto il cratere promosso dal Commissario per la ricostruzione. Il proposito, nobile, è quello di ricostruire comunità attorno ad appuntamenti a carattere culturale, ma - come ha ricostruito domenica 18 agosto Il Sole 24 Ore - quelle comunità si stanno lentamente sfaldando: ad Accumoli, dove vivevano 700 persone, ora i residenti sono 450 (e la bellissima nuova scuola non ha alunni, come evidenziava nel 2019 Avvenire, “Ad Accumoli la beffa della scuola nuova. Che non ha alunni”); nella vicina Amatrice, da 2.400 a 970; ad Arquata del Tronto, pochi chilometri più a valle, già nel piceno, dei 1.100 abitanti ne restano 650.

 
Ad attraversare l’Appennino centrale ferito dalla scosse di 8 anni fa, il sentimento prevalente è lo sgomento. Eppure ogni post di Guido Castelli dedicato alla ricostruzione si chiude con un claim: “Il posto migliore in cui vivere lo stiamo costruendo insieme”. Castelli, senatore di Fratelli d’Italia, è dal gennaio del 2023 Commissario Straordinario del Governo per la riparazione, la ricostruzione, l’assistenza alla popolazione e la ripresa economica dei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Castelli ha preso il posto di Giovanni Legnini, in carica dal 2020, che per primo aveva dato grande impulso all’avvio della ricostruzione, dopo anni d’impasse, tanto che comitati civici e associazioni avevano chiesto al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la sua riconferma. Il cratere e in particolare i Comuni più colpiti, che sono 44, rappresentano uno dei cantieri più grandi d’Europa: la stima del valore dei lavori in corso, secondo la struttura commissariale, è di circa 28 miliardi di euro. 

 

Dati roboanti che si scontrano pesantemente con la realtà. La strada per raggiungere il centro storico di Accumoli è ancora chiusa. Arquata del Tronto non esiste più. Poco più in là, oltre Forca di Presta, non resta nulla dello splendido Castelluccio di Norcia (PG), uno dei paesi più alti dell’Appennino, a oltre mille e quattrocento metri sul livello del mare. Spostandosi verso il maceratese, seguendo la valle del fiume Nera, Castelsantangelo è un cumulo di macerie, mentre Visso, “perla dei Sibillini”, resta chiusa: la porta d’ingresso al centro storico puntellata e inavvicinabile è un simbolo della lentezza della ricostruzione. 

Il pubblico durante una delle proiezioni dell'edizione 2024 di CROC, il cinema all'aperto organizzato da CASA ad Ussita (MC)

Non fa sorridere la burocrazia che dal 1° settembre 2024 trasforma il Contributo per l’autonoma sistemazione in Contributo per il disagio abitativo finalizzato alla ricostruzione, perché i cantieri aperti (il 110% ha portato tante ditte edili verso altri lidi e soprattutto a interventi più semplici) sono pochi mentre la fiducia collettiva scende. “Siamo stati stupidi, abbiamo creduto che era logico fare sforzi, rimanere” mi ha detto un’imprenditrice di Arquata del Tronto. Gestiva un hotel, lungo la strada per Forca di Presta: metà edificio è stato abbattuto nel dicembre del 2017, l’altra metà è ancora lì. Otto anni dopo, non ha idea di quali siano i tempi per riaverlo. 

I terremotati del Centro Italia si lamentano ma non hanno voce. Dal punto di vista elettorale contano poco e i loro voti sono spezzettati tra quattro Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche, e Umbria), di cui rappresentano comunque l’estrema periferia. È facile abituarsi a non avere diritti: capita anche al turista, che dopo qualche giorno vive con normalità il fatto che il bar sia in un container, che l’alimentari sia in un container, che la farmacia sia in un container, mentre gli edifici pubblici inagibili restano incredibilmente in piedi, quando forse avrebbero dovuto essere abbattuti e ricostruiti per primi, per dare un segnale a tutti che lo Stato e l’ente locale erano ancora vivi e presenti.

 

Restano attivi gruppi e associazioni che lavorano, cercando di far rete: a Ussita (MC) c’è CASA (Cosa Accade Se Abitiamo), che nell’estate del 2024 ha organizzato per la quarta volta una rassegna di qualità di cinema all’aperto (qui su L’Altramontagna); ad Arquata del Tronto (unico territorio in Italia ricompreso all’interno di due parchi nazionali, quelli dei Sibillini e del Gran Sasso e dei Monti della Laga) è impagabile lo sforzo di Arquata Potest, che recuperando i sentieri tra le frazioni ha costruito #Camminarquata e il GADA (Grande Anello di Arquata); a Visso, Visso d’Arte, con la sua programmazione culturale e non solo; a Fiastra, Alcina, che prosegue nelle attività di educazione ambientale.  

Sul Monte Vettore, quarta cima degli Appennini, è evidente la "ferita" causata dal terremoto, uno scalino che corre lungo la montagna

Un simbolo della forza devastante dei terremoti che tra agosto 2016 e gennaio 2017 hanno attraversato il territorio, lasciando quasi 300 morti, è lo scalino disegnato sul profilo del Monte Vettore, visibile dalla piana di Castelluccio, che continua ad essere inondata di persone per la fioritura dei campi di lenticchie. È un monito, un messaggio: l’uomo, con le sue infrastrutture e le sue sovrastrutture, è parte di una Natura che in quest’area da sempre ha contemplato anche i terremoti. Abitare questa montagna comporta la consapevolezza del rischio. Nonostante questo, mentre almeno 27mila cittadini vivono ancora nei quartieri SAE (Soluzioni abitative in emergenza) o comunque al di fuori dalla propria casa, vengono spese o promesse decine di milioni di euro per progetti faraonici, come quelli legati all’industria dello sci di discesa, che ricevono finanziamenti destinati alla riduzione delle disuguaglianze territoriali. È mancata, probabilmente, l’individuazione di priorità, a partire dalla ricostituzione di quegli spazi pubblici utili a garantire servizi di cittadinanza. Come una piscina: quella di Ussita, ad esempio, è ancora lì, con i suoi vetri rotti e le corsie vuote. Del resto, degli oltre 4 miliardi di euro di investimenti in opere pubbliche ne sono stati spesi per opere arrivate a fine lavori o al collaudo appena 200 milioni. 

 

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