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Attualità

"Da quando la neve è diminuita ho smesso di aspettare il Natale". Nel tema di un dodicenne, l'impatto emotivo dei cambiamenti climatici sui ragazzi

La percezione spesso sorge dal contesto, e se il contesto è sano e affronta le difficoltà invece di trascurarle, allora si può ancora sperare di riuscire a mitigare il problema e, al contempo, di individuare delle soluzioni per adattarsi al clima che verrà

di
Pietro Lacasella
22 dicembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

In una pagina e mezza c’è tutto quello che serve per intuire quanto le trasformazioni climatiche possano influenzare l’emotività di un ragazzo. Un dodicenne in questo caso.

 

A dodici anni non è ancora sfumata la sensibilità acuta dell’infanzia, a cui però si va ad aggiungere uno sguardo più maturo, che spesso emerge tra la leggerezza. Così, in un tema scolastico incentrato sul valore dell’attesa (segnalatoci da una professoressa), questo ragazzo ha deciso di raccontare, in un passaggio, i giorni che precedono il Natale. E lo ha fatto con la genuinità tipica di quegli anni.

 

“Da piccolo aspettavo con tanta ansia il Natale, era la festa che mi piaceva di più. (…) Ogni giorno lo aspettavo, mentre mangiavo i cioccolatini del calendario dell’Avvento. La mattina mi svegliavo, mi affacciavo alla finestra e controllavo se c’era la neve sulle strade e sopra i tetti e nei giorni in cui era caduta correvo giù per le scale, mi mettevo gli scarponi, la giacca e i guanti e andavo a giocare a palle di neve con mio fratello. Anche all’asilo, quando uscivamo, io e i miei amici ci buttavamo sulla neve e ce la lanciavamo addosso. Quando tornavo a casa stanco, ma felice, aspettavo il giorno successivo con ansia.
Ma gli anni sono trascorsi e la neve è diminuita sempre più e ha quasi smesso di cadere: dal cielo ha iniziato a scendere solo pioggia e da quel giorno ho smesso di aspettare il Natale”.


A dettare queste parole, così malinconiche, sicuramente non è stata solo l’esperienza personale del ragazzo. Dodici anni è un arco di tempo troppo breve per affermare di aver vissuto più fasi climatiche. Gli studiosi ci insegnano infatti che il clima è l’insieme di tutti i fenomeni meteorologici e atmosferici che, in un dato luogo, si verificano in un intervallo in genere di 20-30 anni.

Il ragazzo inoltre abita in una zona collinare, di conseguenza le quote modeste possono causare una discontinuità nelle precipitazioni nevose.

 

Il suo scritto rimane in ogni caso drammaticamente concreto perché, come avverte la comunità scientifica, le temperature stanno aumentando e la quota neve si fa sempre più elevata. L’ultimo rapporto di Eurac informa ad esempio che, negli ultimi cento anni, sulle Alpi le nevicate sono diminuite del 30%.

 

Da un anno all’altro si stanno verificando fenomeni inediti, che non collimano con i parametri e con le medie del passato. Un passato anche molto recente.

 

Ma c’è di più. Con grande probabilità, la prospettiva del ragazzo è anche il risultato delle realtà che frequenta (che, per fortuna, a quanto pare non sottovalutano il tema della crisi climatica) e da cui sicuramente assorbe informazioni sugli scenari climatici che si stanno delineando.

 

La percezione sorge quindi anche dal contesto, e se il contesto è sano e affronta le difficoltà invece di trascurarle, allora si può ancora sperare di riuscire a mitigare il problema e, al contempo, di individuare delle soluzioni per adattarsi al clima che verrà. Così facendo, magari i Natali si tingeranno di bianco con una frequenza via via minore, ma torneranno a essere rassicuranti, poiché privi di quelle ombre inquietanti che oggi calano sul nostro avvenire.

 

Prima di pubblicare questo articolo abbiamo chiesto e ottenuto il permesso del ragazzo e dei suoi genitori.

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