Mentre i trattori 'protestano' gli uccelli scompaiono per colpa dell'agricoltura intensiva: solo in Pianura Padana si sono dimezzati
I dati che emergono dal Farmland Bird Index (FBI), lo studio della Lipu sulla presenza degli uccelli in ambito agricolo, mostrano quanto sia miope la protesta degli agricoltori delle ultime settimane (e insensato il grande sostegno che stanno avendo dalla cittadinanza che avrebbe solo da guadagnarne, in salute e benessere se il comparto si aggiornasse alla politiche di Green Deal). ''Le norme naturalistiche europee sono indispensabili, per cambiare il volto dell'agricoltura e restituirci paesaggi agricoli di pregio, pieni (e non vuoti) di vita''
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
''Meno 36% nel complesso degli ambienti agricoli in Italia, addirittura meno 50% in Pianura Padana. Sono ancora peggiori dell’anno precedente i nuovi dati 2023 sulla presenza di uccelli nelle zone agricole, a conferma che il Green Deal e la transizione ecologica devono proseguire senza indugi e anzi rafforzarsi, sapendo conciliare le esigenze della produzione agricola con l’indispensabile tutela della biodiversità”. Mentre c'è chi si spertica le mani nell'applaudire alla protesta dei trattori che hanno ottenuto l'obiettivo (caro soprattutto alle grandi produzioni) di non veder tagliato l'utilizzo dei pesticidi dannosi per la salute umana e per la natura (che da piani dovevano essere dimezzati entro il 2030) sono davvero inquietanti i dati che emergono dal Farmland Bird Index (FBI), lo studio della Lipu sulla presenza degli uccelli in ambito agricolo (e quindi di fatto in una grandissima parte del nostro territorio). Negli ultimi 23 anni le rondini si sono dimezzate (-51%) come anche le allodole (-54%). Il calandro e il torcicollo addirittura si sono ridotti ad un terzo (entrambi -78%).
Un vero e proprio disastro per l'ecosistema e per la biodiversità. ''Significa che dal 2000 (inizio del progetto) abbiamo perso 36 uccelli su 100 su scala generale. L'indice diventa addirittura di 50 su 100 per la Pianura Padana, dove gli effetti dell'agricoltura intensiva sono ancora più forti e gli uccelli agricoli si sono letteralmente dimezzati'', commenta Danilo Selvaggi direttore generale della Lipu. ''Oltre alle pianure, il calo riguarda anche i mosaici mediterranei e le aree collinari, soprattutto di centro e sud Italia, con 8 specie su 9 (torcicollo, upupa, usignolo, saltimpalo, verdone, cardellino, verzellino e ortolano) in consistente declino. I dati dicono con chiarezza cosa comporta, sulla natura, il modello agricolo oggi prevalente. L'eccesso di chimica, la banalizzazione dei paesaggi agricoli, la perdita di habitat significano crisi della biodiversità e di conseguenza molti problemi anche di qualità e gestione agricola''.
''Lo ripeteremo sempre - conclude Selvaggi -: le norme naturalistiche europee sono indispensabili, per cambiare il volto dell'agricoltura e restituirci paesaggi agricoli di pregio, pieni (e non vuoti) di vita''. Tutto ciò anche per raccontare la miopia di una protesta, quella dei trattori, che tutelando l'attuale modello di sviluppo agricolo si dà la più classica delle martellate sui piedi. Il modello attuale, infatti, non funziona anche economicamente per i piccoli e medi produttori e in più il calo di presenza di certi uccelli leva predatori naturali anche per parassiti e insetti che in questo modo spopolano e costringono, poi, gli stessi agricoltori (e non solo loro, si pensi alla presenza delle zanzare in ambito domestico prede ghiotte per le rondini, per esempio) ad utilizzare più prodotti chimici per combatterli. Un circolo vizioso che (ormai) a breve termine sta portando a un impoverimento sempre più marcato degli ambienti naturali, della biodiversità e delle stesse produzioni di qualità, falcidiate da parassiti e insetti.
Eppure solo pochi giorni fa Confagricoltura festeggiava per la scelta di Bruxelles di interrompere i processi di innovazione e cambiamento sull'utilizzo di pesticidi: “Quando il pragmatismo prevale sull’ideologia è sempre una buona notizia''. ''Ora occorre andare avanti su questa strada'' diceva il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. “I dati del nuovo FBI sono drammatici – spiega Federica Luoni, responsabile Agricoltura della Lipu - con 20 delle 28 specie prese in esame, ossia oltre il 70% del totale delle specie, con indici di popolazione in declino significativo. Si tratta, tuttavia, di numeri purtroppo attesi, poiché nessuna delle politiche e delle misure che avevano lo scopo di invertire la tendenza è stata messa in atto”. L’agricoltura intensiva degli ultimi decenni, secondo i dati FBI, ha portato al crollo di specie in passato molto presenti (in coda al pezzo la scheda che riguarda le 10 specie più colpite). “Nonostante il quadro negativo, le possibilità di ripresa ci sono - conclude Luoni - in particolare in quelle aree agricole dove la produzione è meno intensiva e industriale, e dove la biodiversità ancora è presente. Per questo è importantissimo incentivare le misure naturalistiche, in Europa e in Italia, dalle quali l’agricoltura non può che trarre beneficio in termini di salute del suolo, presenza di impollinatori, ricchezza dei servizi ecosistemici, qualità del cibo e del paesaggio. Il futuro è questo”.
SCHEDA
Le 10 specie di uccelli delle zone agricole più colpite dal declino (2000-2023)
• Torcicollo – 78%
• Calandro – 78%
• Saltimpalo – 73%
• Averla piccola -72%
• Passera d’Italia – 64%
• Passera mattugia – 63%
• Allodola – 54%
• Verdone – 54%
• Rondine – 51%
• Cutrettola – 49,5%