Lo sci di fondo piace meno e perde spettatori. "Schiavo delle tv, ha meno appeal in tutta Europa"
Cristian "Zorro" Zorzi, campione olimpico nel 2006 a Torino con la staffetta 4 x 10 analizza il momento "nero" dello sci nordico. Gli anni d'oro e le generazioni di fenomeni che hanno regalato medaglie su medaglie all'Italia sono solamente un bel ricordo. "Manca il "traino", certo, ma le nuove regole hanno abbassato il livello e allontanato il pubblico"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
TRENTO. La perfetta colonna sonora? La melodia ideale sarebbe quella de "Gli anni", uno dei successoni di fine anni '90 degli 883 e poi le parole verrebbero da sole. con incredibile facilità e anche con una certa "musicalit".
Gli anni d'oro dello sci di fondo italiano sono una serie di meravigliosi ricordi che resteranno per sempre nella mente di sportivi e semplici appassionati, ai quali però, al momento, sembra impossibile dare anche un presente. La prossima strofa de "Gli anni" di Fauner, De Zolt, Belmondo, Di Centa (Manuela e Giorgio), Albarello, Paruzzi, Valbusa (Sabina e Fulvio), Piller Cottrer, quando verrà scritta? Il cielo all'orizzonte è tutt'altro che sereno ed essere ottimisti in questo momento è obiettivamente molto difficile. Se non impossibile.
Ecco, allora, che la riflessione merita di essere ampliata e il dato che emerge è netto e impietoso: lo sci di fondo è una disciplina che sta perdendo notevolmente appeal. Sempre meno persone lo praticano (la Marcialonga è un'eccezione e non può essere considerata lo "specchio" della situazione, stesso discorso vale su scala europea per la Vasaloppet), così come è calato il numero di spettatori in occasione delle gare che vengono trasmesse sulle varie emittenti.
I motivi sono tanti. Alle fine di un 2023 durante il quale tutta l'Italia si è riscoperta amante del tennis grazie alle "magie" del giovane Jannik Sinner da Sesto, ecco che s'impone la riflessione: perché lo sci di fondo non "tira" più?
I motivi sono diversi. Tutto parte dalla mancanza mancanza di stimoli, per l'appunto, ovvero l'Italia non ha più quei campioni di altissimo livello capaci d'appassionare chi sta a casa davanti alla tv, soprattutto bambini e giovani, che poi dicano ai genitori "sì voglio fare anche io lo sci di fondo".
L'ultima grazie emozione dell'ItalSci di fondo si perde ormai nella notte dei tempi. Sono trascorsi quasi 17 anni dal quel magico pomeriggio del 19 febbraio 2006, quando gli azzurri stravinsero la staffetta 4 x 10 alle Olimpiadi di Torino 2006 con Cristian "Zorro" Zorzi che - sul rettilineo finale - ebbe il tempo di pattinare senza dover nemmeno spingere, prendere la bandiera e poi tagliare il traguardo con l'indice sulla bocca. "Zitti tutti, parliamo noi".
"Ricordi incredibili - confida "Zorro", oggi skiman e tecnico dell'atleta andorrano Irineu Esteve Altimiras - che i media tengono "vivi" e, ovviamente, ogni volta che mi viene chiesto qualcosa di quella giornata pazzesca l'emozione sale. Ancora oggi, a tanti anni di distanza. Dispiace immensamente che quando si parla delle grandi gioie dello sci di fondo si debba andare indietro di ben 17 anni per scovare un momento di gloria. E, tutto questo, si riflette poi inevitabilmente sul movimento di base. Anzi, dirò di più: il fondo ha perso appeal non solamente a livello italiano, ma in tutta Europa. I dati sono inequivocabili".
La domanda, allora, sorge spontanea: come mai?
"Perché quello che viene proposto ad altissimo livello è uno sport che piace sempre meno a chi guarda. I regolamenti sono cambiati e non in meglio. Il concetto potrebbe essere riassunto cosi: la tv comanda il fondo, mentre il biathlon, disciplina in grande ascesa, comanda la tv. Dunque le "short" la fanno da padrone, si stanno equiparando le distanze, con le gare riservate agli uomini che vengono accorciate e quelle femminili che vengono allungate, le piste sono più facili e, a dirla tutta, alcune gare di coppa del Mondo non hanno più senso d'esistere, visto che i tracciati sono ormai completamente pianeggianti e senza alcuna asperità. Insomma il fondista tradizionale, quello tecnico e pronto a cimentarsi sui 30 e 50 chilometri oggi ha pochissime chances di vincere trofei. Per non parlare delle staffette, disciplina nella quale l'Italia ha sempre eccelso. Si è passati addirittura alla 4 x 7,5, che ha preso il posto della 4 x 10. Ma perché, se non per motivi televisivi? Ormai, e lo dico perché lo sto provando anche nella mia attività di tecnico e skiman, le tv decidono anche dove si devono fare i rifornimenti, così da non intralciare il lavoro degli operatori. La situazione è complicata e la riprova è che, sui tracciati, gli spettatori sono sempre meno".
Nel week end il Tour del Ski approderà nella tua val di Fiemme.
"Detto che la "Final Climb" del Cermis è senza dubbio un momento molto emozionante e spettacolare, mi sento di dire che il Tour de Ski non ha più senso d'esistere. Quale è la logica d'inserire una kermesse all'interno della Coppa del Mondo? Il risultato è che poi ti ritrovi con atleti che scelgono l'una o l'altra manifestazione oppure che prendono parte ad entrambe, ma il rendimento non è certamente quello di chi si concentra su di un unico obiettivo e lavora per quello. Ai miei tempi ogni gara poteva essere stravolta in qualsiasi momento: noi italiani eravamo quelli a cui piaceva far saltare il banco, così come i russi. Poi c'erano gli scandinavi, decisamente più freddi e pragmatica e quasi tutte le altre nazioni europee riuscivano ad esprimere almeno - dico almeno - un'atleta di alto livello. Dunque ogni volta che si correva una 30 o una 50 chilometri poteva veramente succedere di tutto".
L'avvento della tecnologia ha cambiato l'approccio del pubblico ad uno sport di fatica e sofferenza?
"Senza alcuna ombra di dubbio. Il discorso potrebbe essere ampliato a tantissimi altri ambiti: adesso basta prendere in mano uno smartphone (Zorzi lo chiama ancora, romanticamente, "telefonino") e segui la gara in diretta, anche se l'evento è lì vicino a te. Ai miei tempi, e non sto parlando della preistoria, lo spettatore cercava di essere lì, a bordo pista, voleva vivere le sensazioni in prima persona. E anche gli atleti, parlo per lo sci di fondo, avevano piacere di avere un altro tipo di rapporto con i tifosi. Insomma il pubblico di Holmenkollen del 1994 o di Pragelato nel 2006 adesso ce lo possiamo sognare. E la cornice di un quadro è fondamentale per rendere un dipinto meraviglioso. Non c'è niente dare: le persone si stanno disamorando di questa disciplina. Ed è un peccato".
L'Italsci di oggi è praticamente solo Federico Pellegrino. Una volta si faticava a comporre le staffette: per i ct c'era solamente l'imbarazzo della scelta.
"Provocatoriamente mi verrebbe da dire che se io, Pietro (Piller Cottrer, ndr), Bubu (Valbusa) e Giorgio (Di Centa) corressimo oggi probabilmente vinceremmo 10 gare a testa all'anno. La crisi del movimento porta anche a questo: meno ragazzi si avvicinano alla disciplina, meno lo praticano successivamente nella fase post abbandono e, dunque, la possibilità di avere atleti d'alto livello cala drasticamente. E' così, non c'è niente da fare".
Come risolvere la questione o, almeno, provare ad invetire la rotta?
"Tornando indietro e rivedendo quello che sono le decisioni che, anche secondo tanti atleti oggi protagonisti, sono errate. Quindi basta mass start, dove gli sprinter possono difendersi e ad essere penalizzati sono i fondisti "puri", quelli da grandi distante, sì alle 30 e alle 50 chilometri, sì alle staffette tradizionali e al ripristino degli orari tradizionali in cui si è sempre gareggiato, trovando il giusto compromesso con chi trasmette le competizioni. Lo sci nordico è fatica, tradizionale, per un certo verso anche semplicità. Troppe innovazioni stravolgono un mondo che è fatto di fatica, passione a bordo pista, tracciati meravigliosi in mezzo alla natura. Ecco, che si torni a pensare a percorsi più difficili e non a gare dove nessuno stacca nessuno perché l'obiettivo è quello di avere gli atleti appaiati il più possibile per poi assistere a "volatoni" o "bagarre" finali. Ma io dico: il pubblico non si emozionava quando un fuoriclasse faceva selezione e poi gara.a sé? Certo, perché il quel momento riconosceva la fatica e la grandezza del campione in grado di fare gara a sé e poi, attenzione, c'era sempre il "rischio" di una crisi improvvisa o di un problema di materiali. Ora è tutto molto più livellato. Bisogna fermarsi e riflettere perché, andando avanti su questa strada, le cose potranno solamente peggiorare".
Sui social il tema è assai dibattuto. Pino Dellasega, maestro di sci, accompagnatore di media montagna e istruttore di nordic walking (sua l'idea del trekking al Cristo Pensante) che, strano ma vero, cita anch'esso gli 883 nell'incipit del suo articolo ("hanno ucciso lo sci di fondo, chi sia stato non si sa, forse chi comanda o forse la stupidità") e poi analizza il momento che sta vivendo la disciplina.
"Lo sci di fondo, eccellenza delle prove nordiche è a un passo dal baratro - scrive sulla propria pagina facebook -. Lo spettacolo deve continuare direbbe Freddy Mercury, ma dal momento che, atleti a parte, di spettacolare è rimasto poco, forse è giunto il momento di cambiare i registi. Dopo un buon ventennio di tentativi, cambiando distanze e formule di gara, le uniche novità sono state le gare sprint e la salita del Cermis (final climbing del Tour de ski) che, amate o odiate, avevano comunque portato un cambiamento, che però alla lunga rischiano di diventare ripetitive e forse troppo scontate. Le arene nello sci fondo sono semivuote mentre gli stadi per il biathlon e per il salto sono gremiti all’inverosimile. Forse i responsabili dello sci di fondo una domanda non se la sono mai fatta perchè la risposta la sanno già e così, fin che la barca va la lasciano andare, facendo finta di non vedere che il vento buono già da tempo ha smesso di soffiare".
Poi prosegue.
Tengono troppo alle poltrone e mancano di idee. La decisione poi di togliere la 50 Km di Holmenkollen che vedeva nello stadio 40.000 persone è stato un auto suicidio. Lo sci di fondo da sempre è un minestrone, dove tecnici e dirigenti si alternano a rotazione seguendo il quadriennio olimpico ma che in fondo sono sempre i soliti volti che utilizzano gli stessi metodi. La farsa di proibire il fluoro nelle scioline e paraffine è solo un modo per nascondere sotto il tappeto i problemi veri. O si vieta in tutte le discipline dello sci, comprese quelle amatoriali oppure non serve a nulla. Ma in fondo è solo un modo di creare altre commissioni con stessi attori in ruoli diversi, piuttosto che investire quelle risorse sui giovani. Fondo e biathlon, sono discipline ben distinte e chi vince nell’una o nell’altra disciplina rappresenta l’eccellenza ed è ora di smetterla di pensare che il biathlon è il ripiego del fondo perchè non è così e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti".
Infine uno sguardo al futuro, con triste amarcord e poca fiducia nel futuro, salvo repentini (ma improbabili) cambiamenti immediati.
"Ho nostalgia di Franco Nones e degli altri campioni che hanno reso lo sci di fondo amato, praticato e popolare, ammiro Federico Pellegrino perchè nonostante un ambiente che fa acqua da tutte le parti, continua ad essere un esempio per i giovani ed infine sono sempre più consapevole che se non ci fossero ancora manifestazioni come la Marcialonga, la Vasaloppet e le altre gare di lunga distanza a tenere alta la passione amatoriale ma anche le piccole associazioni sportive che si prodigano per far amare questo sport ai ragazzini, lo sci di fondo sarebbe già sui libri di archeologia".