Contenuto sponsorizzato
Attualità

Lavorare in montagna significa essere consapevoli dei ritmi dell'ambiente e degli animali. Storia di Jacopo, giovane casaro bergamasco

Una passione coltivata fin dall'infanzia, costruita passo dopo passo fino a farla diventare un lavoro, per restare sul proprio territorio e sulle proprie montagne: è la storia di Jacopo Foresti, giovane casaro della Val Gandino (BG), che alleva capre camosciate e produce formaggi caprini nella baita che fu dei nonni

di
Erica Balduzzi
12 gennaio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Dalle stalle che accolgono le capre, lo sguardo spazia su tutta la Val Gandino e l'alta Valle Seriana, in un declinare morbido di prati e boschi da un lato e in un inerpicarsi di verticalità dall'altro. È ampio e verdeggiante il regno di Jacopo Foresti, giovane allevatore e casaro bergamasco che qualche anno fa ha scelto di seguire la sua passione per gli animali e si è costruito una strada fatta di latte, stalle, capre e formaggi a chilometro zero. «È quello che ho sempre voluto fare, fin da piccolo» racconta, allungando la mano verso gli animali che gli si assembrano attorno e accarezzando il muso di quelli più espansivi. «Fin da quando mi è stata regalata la prima capretta... Ero in quinta elementare». Oggi Jacopo, 28 anni e uno sguardo franco e aperto negli occhi chiari, è il titolare dell'azienda agricola Cascina Tilde di Casnigo (BG) e produce formaggi caprini freschi e stagionati, yogurt e una linea di prodotti cosmetici a base di latte di capra.

 

Riscoprire un lavoro antico

 

Quinta elementare, dicevamo: è stato allora che le capre hanno incrociato la strada di Jacopo, grazie al dono di una capretta nana, ed è stato allora che quasi per gioco ha iniziato a cimentarsi con la produzione di piccoli quantitativi di formaggio. «I miei bisnonni avevano le mucche» racconta Jacopo «E le tenevano proprio qui, in questa cascina che oggi è il cuore della mia attività. Agli animali, io mi ci sono avvicinato grazie ai nonni, ed è stato proprio a mia nonna Tilde che ho intitolato la mia azienda agricola».

Complice l'esperienza con la prima capretta e i primi rudimentali tentativi di caseificazione domestica, Jacopo ha ben presto capito che aveva trovato il suo mondo ideale: un mondo di terra e natura, di ritmi dettati dalle stagioni, di produzione casearia legata al suo territorio, al suo paese, alla sua valle. Avrebbe fatto l'allevatore e il casaro, mestiere antico e che rischiava di sparire da un territorio valligiano che negli ultimi decenni andava votandosi sempre più all'industria e sempre meno ai lavori montanari. «Gli animali mi sono sempre piaciuti» ammette «Ho scelto di studiare agraria alle superiori, con l'intento di aprire una mia attività. Non è stato facile, però ero deciso: a distanza di anni, posso dire che ne valeva la pena».

 

 

Un passo dopo l'altro

 

Inizialmente, Jacopo si divide tra la scuola, le prime dieci capre e il lavoro in un distributore di benzina in paese, i cui proventi vengono subito reinvestiti nell'attività agricola. Cuore logistico dell'attività è la cascina dei nonni, Cascina Tilde appunto, sita nei declivi erbosi sopra il paese di Casnigo, dove Jacopo si trasferisce nel 2015 per studiare in vista della maturità. «Poi però non sono più sceso» ride «Anche se, va detto, non era un luogo comodo: non c'erano né il riscaldamento né la strada comoda per arrivarci. Ma vuoi mettere la pace? Con gli anni, piano piano l'ho sistemata».

Oggi Jacopo è allevatore e casaro a tempo pieno. Le quindici capre camosciate che aveva all'apertura dell'attività sono oggi una sessantina, con una previsione di ampliamento in vista del 2024, quando arriverà ad avere fino a cento capre in lattazione grazie alla costruzione di una nuova stalla.

Il formaggio, spiega, ha invece imparato a farlo da solo, a suon di errori e sbagli: «Ho letto tanti libri, ho provato e riprovato... Mi ha aiutato la teoria imparata a scuola: all'inizio la snobbavo, mi pareva inutile, e invece è stata fondamentale. Con il tempo sono migliorato e ho vinto anche alcuni premi alle fiere di settore. Sono soddisfazioni!». I suoi prodotti caseari – formaggi di diverse stagionature, erborinati, primo sale, ricotta caprina, yogurt – vengono venduti nei mercati contadini della Val Gandino e della Valle Seriana, e da qualche anno ha avviato una collaborazione con una gelateria dell'alta valle, a cui fornisce il latte caprino per la preparazione di gelato di capra artigianale. Non solo: insieme alla fidanzata Roberta Rossi che lo supporta anche nella comunicazione social, Cascina Tilde ha avviato una linea di cosmetici a base di latte di capra.

 

 

Capre camosciate: una scelta consapevole

 

Sebbene gli piacciano tutti gli animali, il feeling di Jacopo con le capre è qualcosa di unico. «Sono animali incredibili» spiega «Sono belle esteticamente, certo, ma sono soprattutto animali simpatici, intelligenti, caparbi. Sono indipendenti e rustici, e va detto che a volte fanno davvero disperare... Ma mi piacciono anche per questo. Bisogna imparare a conoscerle una per una, comprenderne l'indole e il carattere».

La scelta di allevare esclusivamente capre di razza camosciata per Jacopo non è stata casuale: si è trattato soprattutto di una scelta pratica, perché questa razza assicura un buon compromesso tra rusticità e produzione di latte. «Non pratico la transumanza, perché lo spazio che ho qui attorno alla cascina è sufficiente» spiega «Però avevo bisogno di animali rustici, adattivi, capaci di stare fuori di notte in caso di bel tempo, nei recinti esterni».

Fondamentale per la gestione di un'attività agricola di questo tipo è per Jacopo la capacità di essere oggettivi e di non lasciarsi sedurre dalle mode del momento: «Spesso sento dire che bisognerebbe riscoprire le razze autoctone e locali, che sarebbe una cosa bellissima, ne sono consapevole. Però, la capra orobica è meno produttiva della camosciata, così a parità di numero di capi avrei una produzione casearia di molto inferiore. Tradotto? Dovrei vendere i formaggi al doppio del prezzo, e questo banalmente significherebbe non riuscire a venderli. Se si vuole vivere di questo lavoro, bisogna pensare anche a questi aspetti. Soprattutto se nel frattempo tutti i costi collaterali dell'azienda agricola aumentano di anno in anno...». 

 

 

Nessun altro lavoro, nessun altro posto

 

Lavorare in montagna per Jacopo significa soprattutto essere consapevole dei ritmi dell'ambiente e degli animali con cui sceglie di interagire. Infatti, l'allevamento da lui praticato non è di tipo intensivo, la produzione casearia va in stop tra dicembre e gennaio e riprende soltanto a febbraio, con la nascita dei nuovi capretti: allora riparte il periodo di lavoro intenso, fino all'autunno successivo. «Le giornate sono impegnative, perché è inutile girarci attorno: non è un lavoro facile» conclude, allungando lo sguardo verso gli animali che brucano serenamente nel recinto. «È una scelta di vita che richiede tempo, energie, investimenti, dedizione a tutto tondo. Ma è anche una scelta che può dare tanta soddisfazione. Io non mi sono mai visto in nessun altro posto, facendo nessun altro lavoro. E sai una cosa? Incontro sempre più giovani come me che guardano a questo tipo di vita con interesse, che vorrebbero riscoprire le radici rurali di questi territori, che provano a seguire questi percorsi: per me, è una cosa bellissima».

 

 

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Sport
| 22 gennaio | 13:00
Donato al Museo etnografico Dolomiti, è stato esposto dopo un’accurata ripulitura e manutenzione che lo ha portato all'originario splendore
Ambiente
| 22 gennaio | 12:00
Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali alla libera università di Bolzano, è ospite della nuova puntata di Un quarto d'ora per acclimatarsi, il podcast de L'AltraMontagna che approfondisce i problemi ambientali e sociali sperimentati dalle terre alte tramite la voce di chi le vive, le affronta e le studia
Sport
| 22 gennaio | 11:00
Ad imporsi è stata la Svizzera, che annoverava tra le proprie fila anche ex calciatori di assoluto livello come Benaglio, Mehmedi, Chapuisat e Frei, che in finale ha piegato per 8 a 6 la Germana. L'evento si disputa dal 2010, è giunto alla 13esima edizione e richiama un gran pubblico nella città del Canton Grigioni
Contenuto sponsorizzato