L'assenza dell'Appennino nei programmi elettorali su cui gli abruzzesi sono stati chiamati a scegliere tra Marco Marsilio e Luciano D'Amico
Un'analisi dei programmi elettorali dei due candidati che si sono sfidati lo scorso weekend alle urne in Abruzzo dimostra come l'Appennino sia in un grande assente nelle politiche di governo di una regione il cui territorio è classificato dall'Istat al 65% come "montano"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Per leggere questo articolo non serve conoscere il nome di chi ha vinto le elezioni in Abruzzo di domenica 10 marzo. Quel che conta sapere, invece, è che anche se l'Abruzzo è Appennino, la catena montuosa che ovunque voi siate in regione domina il paesaggio e di cui il territorio ospita i massicci e le vette più importanti (il Corno Grande del Gran Sasso, 2912 metri, il Monte Amaro sulla Majella, 2793 metri, il Monte Velino, 2486 metri), l’Appennino non c'è nei due programmi elettorali su cui gli abruzzesi sono stati chiamati a scegliere tra Marco Marsilio e Luciano D’Amico. Letteralmente, la parola "Appennino" manca tanto tra i punti elencati dal presidente uscente e riconfermato, ricandidato dalla colazione di centrodestra, che è Marsilio, quanto in quello dello sfidante, Luciano D'Amico, candidato di un campo largo che va dal Pd ad Azione, da Alleanza Verdi e Sinistra al M5S.
Non è retorica fare una ricerca di questo tipo, in una regione il cui territorio è classificato dall'Istat al 65% come "montano", in cui 224 Comuni su 305 sono "comuni montani", in cui un terzo della popolazione (oltre 436mila persone, secondo i dati riportati sul sito della Regione Abruzzo) vive in un comune montano: l'Appennino e la montagna, pur molto fotografati all'interno dei programmi scaricabili dai siti dei due candidati, sono i due grandi assenti della proposta politica abruzzese.
In quella di Marco Marsilio, "Il governo che fa bene all'Abruzzo", c'è un punto dedicato nello specifico al rilancio delle aree interne, un concetto che torna espresso in tutto quattro volte. Una: "I nostri obiettivi erano quelli di migliorare la connettività con le altre regioni attraverso le reti europee Ten-T, di potenziare i collegamenti tra le aree interne e la costa"; Un'altra: "Per celebrare la cultura e la tradizione musicale abruzzese, nel luglio 2023 si è
svolta a Pescara la prima edizione della Notte dei serpenti, il concertone diretto dal Maestro Enrico Melozzi. Un evento rivolto a musicisti che amano la terra d’Abruzzo, che ha richiamato a Pescara decine di migliaia di persone. La Notte dei serpenti è stata trasmessa dalla Rai in prima serata il 31 agosto, con quasi 800mila telespettatori. La Regione è già al lavoro per la seconda edizione, che avrà un’appendice anche in una località delle aree interne". Alla voce contrasto allo spopolamento viene indicata una legge regionale del dicembre 2021 che dal 2022 destina "un assegno di natalità fino ad un massimo di 2.500 euro ai genitori dei bambini nati nell’anno, da corrispondere fino al compimento del terzo anno di vita del bambino". Si parla poi della messa in sicurezza del sistema acquifero del Gran Sasso. Parlando di piccole e medie imprese, si fa riferimento a una iniziativa di
microcredito che "assume un rilievo importante anche nella nuova Programmazione Europea 2021/2027, poiché a questa misura, ora gestita dalla Fira, saranno destinati 62,50 milioni riservati ai giovani, alle donne e in modo particolare alle aree interne", anche se non si tratta di una programmazione specifica.
Provando ad allargare la ricerca usando il lemma Parco o Parchi (in Abruzzo quelli Nazioni sono ben tre), si trova solo questo: "La valorizzazione dell’Abruzzo come regione dei parchi deve coniugarsi con la capacità e la lungimiranza di comunicare l’Abruzzo come sede di università e centri di ricerca". Non ci sono foreste, non ci sono i boschi, figurarsi il concetto di servizi ecosistemici. Non ci sono nemmeno l'agricoltura e l'allevamento. C'è un riferimento all'agro-alimentare, ma solo rispetto all'esigenza di "investimenti sulla logistica integrata per raggiungere più velocemente i luoghi di spedizione", parlando di export.
La situazione non cambia sfogliando i 26 punti all'indice del programma "Una storia da riscrivere" di D'Amico, che pure è un montanaro nato a Torricella Peligna, in provincia di Chieti, lo stesso comune che aveva dato i natali allo scrittore John Fante. Qui la parola montagna compare una volta, a pagina 88, dove - in relazione a "L'Abruzzo, la cultura, il turismo" - si dice che è necessario "sostenere soprattutto il turismo diffuso, in modo da generare un indotto economico anche nelle aree soggette allo spopolamento (borghi interni, aree di montagna)". Non c'è Appennino, ma una volta viene usato il termine appenninica, a pagina 58: "Occorre approvare il piano regionale per la mobilità ciclistica, promuovendo una dorsale adriatica che colleghi Bari e Bologna all’Abruzzo e che si connetta alla ciclovia abruzzese già esistente, nonché una dorsale appenninica che metta in comunicazione la costa con Roma; a partire da questa dovrebbe poi trovare realizzazione una ciclovia che si ramifichi verso le aree interne della Regione".
E se è vero che qui si parla di transizione ecologica e di agricoltura, lo si fa come osservando il territorio dall'alto il territorio, senza un'idea di politica forestale, anche in relazione al Testo unico in materia di foreste e filiere forestali, e senza alcun riferimento specifico all'agricoltura o all'allevamento di montagna. Questo nonostante avrebbe forse fatto gioco afforntare il tema dei pascoli, che a settembre 2023 ha visto l'Abruzzo come epicentro di un terremoto giudiziario contro la "mafia dei pascoli". L'appenninico Nunzio Marcelli, fondatore ad Anversa degli Abruzzi (AQ) dell'azienda agricola biologica La porta dei parchi e presidente della Rete italiana della pastorizia (Appia), all'Ansa aveva detto: "Il fenomeno che è stato sollevato è la punta dell'iceberg di un cancro che sta divorando la pastorizia e l'agricoltura in generale: se non si pone riparo soprattutto all'impianto della
norma che consente questa forma di speculazione legalizzata presto non ci saranno più aziende zootecniche sane che producono". E ancora: "Di fatto la norma crea rendite e soprattutto ha favorito le aziende speculative e non quelle produttive. Le aziende che si sono concentrate nel commercio di questi titoli ("Pac", ndr) poco hanno a cuore le sorti produttive perchè loro hanno bisogno solo di avere degli animali figurativi, quando rispettano le
norme. Non hanno alcun interesse a trarne la filiera produttiva perchè così come sono le condizioni e i rapporti di scambio della zootecnia, oggi si lavora sotto costo". Probabilmente per D'Amico e Marsilio avrebbe avuto senso parlarne.