IL VIDEO. Le montagne possono fare a meno dello sci? La manifestazione in Panarotta per svecchiare l'offerta turistica
Sabato scorso siamo saliti in Panarotta, storica località sciistica a breve distanza da Trento chiusa da due anni, per seguire da vicino una manifestazione organizzata al fine di incentivare modelli turistici più vicini alle caratteristiche ambientali del presente. La manifestazione, a cui hanno partecipato circa 200 persone, è stata l'occasione per interrogarsi sul futuro dello sci. Ne abbiamo parlato in un video
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
A differenza dei manuali scolastici dove la storia – per comprensibili ragioni pratiche – si sviluppa a blocchi, l'uomo ha sempre dovuto affrontare un mondo in continuo divenire.
Un mutamento costante il cui andamento ricorda in modo vago quello di un fiume, che a periodi placidi e meandriformi, alterna fasi torrentizie, caratterizzate da un rapido susseguirsi di episodi. Quest’accelerazione è ovviamente originata da trasformazioni drastiche e nette degli assetti culturali, economici e ambientali.
Ecco, a mio parere oggi stiamo vivendo in modo parziale una fase di grande accelerazione. In modo parziale perché, se da un lato il clima sta cambiando con grande velocità, dall’altro la società e l’economia si muovono ancora in modo placido e meandriforme, perché si appoggiano a modelli economici e sociali vincenti in un’epoca per molti aspetti lontana: uno di questi è lo sci.
Lo sci è indubbiamente diventato l’economia trainante di molti territori montani. Un’economia forte, che ha portato maggiori benefici e sicurezze alle comunità montane, ma che oggi ha un urgente bisogno di essere ricalibrata sui nuovi scenari delineati dai cambiamenti climatici.
Sabato scorso siamo saliti in Panarotta, storica località sciistica a breve distanza da Trento chiusa da due anni, per seguire da vicino una manifestazione organizzata al fine di incentivare modelli turistici più vicini alle caratteristiche ambientali del presente.
Alla manifestazione, a cui hanno aderito oltre venti associazioni, hanno partecipato circa 200 persone. Stefano Musaico, uno degli organizzatori della manifestazione, spiega che “alcuni imprenditori locali hanno mostrato interesse nel riaprire gli impianti del piccolo comprensorio della Panarotta ad una condizione: un grande investimento da parte della Provincia per la costruzione di un nuovo bacino artificiale da 20mila metri cubi, nuovo impianto di innevamento e lavori di livellamento delle piste. Si parla di una spesa di circa 6 milioni e mezzo di euro di soldi pubblici”.
“L’utilizzo multifunzione dei bacini per la produzione della neve programmata è in realtà un falso mito – prosegue Tommaso Bonazza, anche lui tra i promotori dell’iniziativa – Questi bacini vengono utilizzati quasi esclusivamente per produrre neve artificiale e solo raramente sono impiegati per altri scopi”.
Giorgia Garancini, vicepresidente di Protect Our Winters Italia, spiega inoltre che da quando il comprensorio ha chiuso è nato un movimento spontaneo di frequentazione: “Qui oggi si praticano diverse attività outdoor. Dal passeggio, alle ciaspole, allo scialpinismo, fino alla mountain bike. È importante dialogare con le comunità locali e con i praticanti delle attività che si praticano sul territorio per capire come riuscire a sviluppare un modello che possa sostenere e diversificare l’offerta dei comprensori che si trovano sotto i 2000 metri per svincolarli dalla dipendenza con gli impianti sciistici”.
Michele Dallapiccola, ex assessore al turismo della Provincia di Trento, spiega a L’AltraMontagna che “è difficile pensare che modelli di sviluppo pesante della montagna possano durare anni anche alla luce del cambiamento climatico. La parola d’ordine è dunque transizione. Bisogna lavorare a modelli di sviluppo futuro da applicare anche in Panarotta per un domani, mantenendo in vita quello che c’è oggi. L’alternativa è quella di ricomprendere la Panarotta in quel bel progetto del Parco Miniere Lagorai, o pensando addirittura a un ecomuseo del Lagorai, sviluppando prodotti futuri e mantenendo in vita gli impianti che ci sono oggi, magari con un ammodernamento soft, non certo con un investimento pesante che stravolgerebbe il senso di questi pensieri futuri”.
Ma ragionando in termini generici, svincolati dal singolo esempio, le nostre montagne possono, oggi, fare a meno dell’economia generata dallo sci? Nell'immediato ovviamente no, perché troppe persone dipendono direttamente o indirettamente da questo settore.
Bisognerebbe tuttavia provare a differenziare l'offerta turistica, ma è soprattutto necessario accontentarsi dell’ampio patrimonio sciistico di cui già possiamo godere, senza investire ulteriori risorse economiche e ambientali per ampliare un settore estremamente vulnerabile all'innalzamento delle temperature.
(Fotografia in copertina di Michele Filippucci)