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Attualità

Il nomadismo digitale come opportunità per la rigenerazione e il ripopolamento delle aree interne

Sentiamo spesso parlare di ripopolamento della montagna e di rigenerazione di zone a rischio abbandono e forse meno frequentemente connettiamo queste tematiche con quella del nomadismo digitale, che diventa invece di potenziale interesse per lo sviluppo turistico e territoriale delle aree interne, in linea con gli obiettivi definiti dal mangement della sostenibilità

di
Serena Lonardi
04 febbraio | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Uno dei temi che vengono più spesso affrontati quando si parla di montagna e aree interne è il ripopolamento e la rigenerazione di zone a rischio abbandono, che dipende in larga parte dalla possibilità di attrarre abitanti in modo strutturale. In questo senso, potrebbe interessante intercettare una categoria di persone che stanno scappando dal ritmo caotico della vita urbana e, al contrario, cercano la tranquillità e un rapporto più intimo ed equilibrato con il territorio.

 

La pandemia da Covid-19, infatti, ha accelerato un fenomeno cominciato già un paio di decenni fa: la possibilità di lavorare da remoto e la conseguente mancanza di vincoli temporali e geografici tradizionalmente legati al lavoro. Questa tendenza sembra rimanere anche dopo che la pandemia è stata dichiarata conclusa dall’OMS, dando la possibilità ai lavoratori dipendenti, oltre che ai liberi professionisti, di scegliere un luogo terzo dove svolgere la propria attività lavorativa. Da uno studio effettuato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, emerge che i lavoratori da remoto nel 2023 in Italia erano quasi 3,6 milioni, il 541% in più rispetto al 2019.

Quando si pensa ai nomadi digitali non si deve avere in mente esclusivamente ragazzi e ragazze molto giovani/e che svolgono lavori creativi e si spostano con un van. Nonostante ad oggi manchi ancora una definizione condivisa di nomadismo digitale, si tratta di professionisti che svolgono la loro attività da remoto grazie a diversi dispositivi digitali e tecnologici e che si spostano più o meno spesso da un luogo a un altro. Il secondo rapporto sul nomadismo digitale in Italia, pubblicato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali nel 2022, mostra che l’età media delle persone che hanno vissuto o vorrebbero vivere un’esperienza come nomadi digitali in Italia è di 37 anni. La maggior parte, inoltre, viaggerebbe con la famiglia, con il partner o con gli amici e lavora nel campo della comunicazione e marketing.

 

 

Questo nuovo modo di concepire il lavoro comporta non solo un miglioramento della qualità della vita per i lavoratori e le lavoratrici attraverso un equilibro tra lavoro e vita privata, ma anche un impatto positivo per i territori in grado di rispondere ai bisogni dei nomadi digitali, in modo particolare per le aree lontane dai flussi turistici tradizionali. Luisa Corazza, professoressa di diritto del lavoro presso l’Università degli Studi del Molise e direttrice del centro di ricerca per le aree interne e gli Appennini, scrive su Il sole 24 Ore il 26 ottobre 2023: “Il lavoro da remoto mette in crisi il modello urbano-centrico basato sullo sviluppo competitivo tra i territori e si aprono nuove possibilità anche per i luoghi dimenticati, come i piccoli comuni e le aree interne”. Secondo lo studio condotto dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali nel 2022, il 93% degli intervistati è interessato a soggiornare temporaneamente in piccoli borghi o aree interne italiane. Il tema viene affrontato nello specifico dal terzo e ultimo rapporto dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali del 2023, intitolato “Come il nomadismo digitale può contribuire a ridurre il divario economico e sociale in Italia, attraendo professionisti e talenti nei piccoli centri e nelle aree interne del nostro paese. Opportunità, vincoli, criticità e proposte”. Oltre ai rapporti annuali dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali, altri studi si sono occupati delle opportunità del nomadismo digitale nelle aree interne e nelle destinazioni meno conosciute del nostro paese. Da segnalare uno studio dell’Università di Trento, in collaborazione con Expirit, che considera le Marche come caso studio, che indaga come il nomadismo digitali sia un tema interessante per lo sviluppo turistico-territoriale delle aree interne in linea con gli obiettivi definiti dal management della sostenibilità.

 

 

Uno studio più recente condotto dall’Università di Verona e dall’Università di Trento nel 2023, ha considerato invece la Valsugana, una destinazione del Trentino orientale. Gli attori chiave intervistati per questa ricerca ritengono che la domanda dei nomadi digitali possa rappresentare un’opportunità per il loro territorio, evidenziando in modo particolare i seguenti impatti positivi:

- La possibilità di diversificare e destagionalizzare l’offerta turistica tradizionale, rendendo attrattivi periodi dell’anno e aree solitamente poco visitate, grazie alla flessibilità dei nomadi digitali.
- La possibilità di ristrutturare e rendere fruibili edifici pubblici e privati abbandonati o sottoutilizzati, che secondo Openpolis sono più del 50% nei comuni periferici e ultraperiferici.

- I nomadi digitali, a differenza del/della turista “mordi e fuggi” hanno bisogno di creare un senso di appartenenza nella località dove si spostano, diventando abitanti temporanei e creando relazioni con la comunità ospitante. Una delle persone intervistate infatti dichiara che “il contributo che i nomadi digitali potrebbero dare in questo senso è valorizzare proprio la peculiarità territoriale e portar qua delle persone, delle famiglie, dei gruppi che sono motivati a vivere l'esperienza della montagna in un certo modo, che non ha a che fare con la sciata di qualche ora salendo su un impianto sciistico, ma è un desiderio di staccare la spina dal resto della del mondo e vivere un'esperienza in piena immersione nella natura”.
- I nomadi digitali hanno bisogno degli stessi servizi degli abitanti, non solo un’infrastruttura digitale con connessione internet ad alta velocità, ma anche di hub di comunità e spazi di coworking, oltre ad un mix di altri servizi e infrastrutture (es. trasporto pubblico, servizi per l’infanzia, centri ricreativi). Ciò permette di ridurre il divario tra piccoli e grandi centri in Italia.
- In questo modo la destinazione diventa attrattiva non solo per i nomadi digitali, ma anche per ex-cittadini. Uno degli intervistati parla ad esempio di “persone, originarie della Valsugana, che poi hanno studiato fuori e abitano e lavorano in Italia, o all'estero, che soprattutto nei periodi legati alle festività, o in estate, tornano e per allungare la permanenza si appoggiano agli hub di coworking.”
- Il nomadismo digitale risulta quindi in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile del turismo, che è particolarmente importante per la Valsugana, prima destinazione italiana a essere certificata dal Global Sustainable Tourism Council, un’organizzazione che guida e stabilisce i criteri per lo sviluppo sostenibile del turismo. In un’ottica di innovazione ad impatto sociale, è necessario procedere con un approccio integrato e partecipativo tramite il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, compresa la comunità locale, nel processo decisionale e nella definizione dell’offerta dedicata ai nomadi digitali. La Professoressa Federica Buffa e il Professor Umberto Martini dell’Università di Trento sono intervenuti al Workshop “Nomadismo Digitale: Opportunità e Vincoli per Lo sviluppo dei Territori” organizzato presso l’Università di Trento il 16 maggio 2023, sottolineando come “la valorizzazione di servizi tecnologici e la ristrutturazione di abitazioni/edifici da destinare ai nomadi digitali, sono fattori necessari, ma non sufficienti, per affermarsi come destinazione per nomadi digitali. La collaborazione tra pubblica amministrazione, soggetti privati e comunità locale diviene essenziale per offrire servizi di accoglienza e proposte di ri-scoperta dei luoghi che poggino su fattori identitari e autentici. L’accettazione da parte dei residenti di questo nuovo fenomeno diviene essenziale ai fini dell’integrazione dei ‘nuovi’ residenti temporanei.”

Il rapporto pubblicato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali nel 2023 invita a non dimenticare potenziali impatti negativi del fenomeno, legati soprattutto alla possibile creazione di disparità economiche e sociali, così come a eventuali fenomeni di gentrificazione. Questi problemi possono essere risolti creando progetti e politiche adatte al contesto locale, sensibilizzando i nomadi digitali, facendoli sentire parte della comunità e creando infrastrutture e servizi per incentivarli a rimanere. Le opportunità rappresentate dal nomadismo digitale ci ricordano che le aree interne e le loro comunità potranno sopravvivere alle sfide globali soltanto se saranno in grado di fare propri i concetti di mobilità, contaminazione e innovazione digitale.

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