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"Non siamo solo esseri umani, ma anche il nostro microbioma". Una spedizione in Antartide per analizzare i "microrganismi che stanno dentro e fuori di noi"

Il progetto di ricerca Antarctic-ome mira a indagare le dinamiche di trasmissione del microbioma umano e la sua variazione nel tempo in base alle interazioni sociali. Unendo gli sforzi di discipline scientifiche e umanistiche, nell’ambiente controllato ed estremo di una base antartica, per la prima volta si andranno ad integrare discipline molto diverse, fornendo una chiave di lettura innovativa

di
Cecilia Molinari
06 gennaio | 12:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il microbioma è l’insieme dei microrganismi (come batteri, virus e funghi) che popolano un determinato ambiente. Nel contesto del corpo umano, il microbioma si riferisce alla comunità dei diversi microrganismi che vivono nelle diverse parti del corpo, per esempio il microbioma intestinale è l’insieme di microrganismi che colonizzano il tratto digerente. Questi ultimi svolgono un ruolo fondamentale per il nostro sistema influenzando la risposta immunitaria, la digestione e l’assorbimento di nutrienti e vitamine.

 

Il microbioma batterico del tratto digerente umano contribuisce quindi a mantenere lo stato di salute dell’individuo, ma allo stesso tempo può influenzare l’evolversi di alcune patologie. Per questo motivo il microbioma intestinale è tra i più studiati: uno degli obiettivi è quello di poter evidenziare differenze significative tra quello degli individui sani e quello degli individui malati e ottenere quindi informazioni utili sull’insorgere e l’evolversi delle malattie.

 

Ma perché parlare di microrganismi in questo spazio, che si occupa di montagna?

 

Tra le terre alte antartiche è in corso uno studio che per la prima volta mette insieme antropologia e microbiologia per capire come il contesto che ci circonda influenzi il nostro microbioma. Il progetto di ricerca Antarctic-ome mira a indagare le dinamiche di trasmissione del microbioma umano e la sua variazione nel tempo in base alle interazioni sociali. Unendo gli sforzi di discipline scientifiche e umanistiche, nell’ambiente controllato ed estremo di una base antartica, per la prima volta si andranno ad integrare discipline molto diverse, fornendo una chiave di lettura innovativa.

ElenaBougleux©PNRA

 

A mettere in atto, sul campo, questa complessa integrazione tra discipline è Elena Bougluex, professoressa dell’Università di Bergamo, fisica e antropologa, recentemente partita per la spedizione antartica che la vedrà impegnata nella stazione Mario Zucchelli dal novembre 2024 fino al febbraio 2025.

 

Il progetto nasce da una collaborazione tra le Università di Trento, Ca’ Foscari Venezia e della Tuscia con coordinatore scientifico Nicola Segata ed è finanziato dal programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra).

Non siamo solo esseri umani ma siamo anche il nostro microbioma” dice Nicola Segata, professore dell’Università di Trento (PI del Laboratorio di Metagenomica Computazionale) e leader del team di ricerca di Antarctic-ome, “siamo popolati da una moltitudine di microrganismi che stanno dentro e fuori di noi e fanno parte del nostro corpo”.

 

Sorge spontaneo chiedersi perché sia così importante studiare il microbioma umano, e la risposta è che questo insieme di microrganismi svolge diverse funzioni cruciali per la nostra salute. “Pensiamo alla digestione: non potremmo avere a disposizione determinate vitamine se non ci fossero certi tipi di batteri intestinali a produrle partendo dai composti immessi con la dieta; altri batteri invece producono sostanze protettive e immunomodulanti (regolatrici del sistema immunitario) come il butirrato” ci spiega Segata. “Ma esistono molti altri meccanismi influenzati dal microbioma, come le interessanti interazioni tra apparato digerente e sistema nervoso, ovvero l’asse intestino-cervello, le cui dinamiche vengono stimolate e regolate anche dal microbioma, andando a incidere persino su alcuni aspetti dell’umore”.

 

Facciamo un altro passo indietro, per scoprire o ripassare dove risiedono tutti questi esseri e come evolvono nel corso della nostra vita: il microbioma umano include quello intestinale, ma anche quello cutaneo, orale, quello dell’apparato urogenitale, e considera in generale tutti i microrganismi che popolano dentro e fuori i nostri organi “anche se spesso viene studiato maggiormente il microbioma intestinale”, specifica Segata.

 

Segata spiega che mentre il nostro genoma (l'informazione genetica) è immutabile, il microbioma cambia nel tempo e cambia tantissimo, partendo da una condizione di sterilità (assenza completa di batteri) quando siamo ancora nell’utero, per poi avere più organismi che numero di cellule umane nei primi mesi di vita e modificare ulteriormente e in continuazione la nostra composizione microbica durante la vita da adulti. “La prima parte l’abbiamo già indagata qualche anno fa con l’Università di Trento e l’Ospedale Santa Chiara, quando siamo andati in ospedale a campionare il microbioma delle madri e dei neonati subito dopo il parto. Abbiamo visto che i neonati acquisiscono i microrganismi materni già durante il parto e nelle ore successive”.

ElenaBougleux©PNRA

 

Come ci ha insegnato la pandemia nella trasmissione dei patogeni le interazioni sociali hanno una forte rilevanza, e quindi ora team di ricerca vuole scoprire quanto e come il nostro modo di vivere, interagire, condividere gli spazi domestici e lavorativi con altre persone influisca sul nostro microbioma. Infatti, il 95% dei batteri intestinali possono vivere solo nell’intestino, e non arrivano dunque dall’ambiente in cui viviamo o dalla dieta, che possono incidere sulla composizione del microbioma intestinale favorendo alcuni batteri a dispetto di altri, ma non fornendone di nuovi.

 

Ognuno di noi ha un microbioma unico, i cui batteri sono distinguibili da quelli delle altre persone, e si può tracciarne la provenienza associandoli ai proprietari.  “In uno degli studi precendenti abbiamo dimostrato come due persone che iniziano a vivere insieme nella stessa casa passano da non avere neanche un ceppo microbico in comune ad averne circa il 20%” afferma Segata. Fare questo nella vita di tutti i giorni prendendo in considerazione tutte le persone con cui il soggetto viene a contatto direttamente o indirettamente è impossibile. Effettuando lo studio in Antartide si ha il vantaggio di un tracciamento più preciso perché i soggetti studiati avranno interagito con un numero definito di persone in uno spazio limitato.

 

Federica Pinto, project manager del gruppo di Metagenomica Computazionale mette in luce lo sforzo organizzativo necessario per compiere un’impresa di questa portata: “Abbiamo iniziato a organizzare tutto ad aprile. I materiali dovevano essere spediti con molto anticipo, compiono un viaggio veramente lungo partendo in nave da Ravenna, passando per la Nuova Zelanda a Christchurch e poi spediti su aereo per la stazione antartica. E’ importante sapere perfettamente quello di cui si avrà bisogno, nei minimi dettagli. Il tutto è controllato dall’Enea, l’ente incaricato dal Pnra di coordinare le attività logistiche delle spedizioni antartiche”. Non solo la spedizione di andata, ma anche e soprattutto il ritorno dei materiali è una questione delicata, dal momento che si tratterà di campioni biologici che avranno necessità di essere mantenuti costantemente in ambiente refrigerato.

 

Tra i materiali fondamentali ci sono i kit per raccogliere campioni biologici di feci, orali e della pelle. Sono kit molto semplici, quello per le feci di autoraccolta, mentre per i campionamenti orale e della pelle Elena Bougleux userà sui soggetti dello studio dei tamponi simil cotton fioc che metterà in apposito liquido conservante”. Per dare il via a questo progetto sono state contattate tutte le persone che era previsto avrebbero frequentato la stazione tra novembre e febbraio, tra tecnici della logistica (circa 30) e scienziati (circa 60), alcuni con tempi di permanenza di uno o due mesi, altri rimangono dall’inizio alla fine della missione.  A partecipare allo studio sono tutti volontari, i cui campioni vengono analizzati prima della partenza, al loro arrivo, durante la permanenza e al loro ritorno a casa.

 

Elena Bougleux si trova in Antartide non solo per raccogliere campioni biologici (e quindi dati quantitativi), ma per effettuare una raccolta di dati antropologici, e per questo prima della partenza ha svolto un’analisi preliminare con Roberta Raffaetà antropologa e professoressa a Ca' Foscari, che ci spiega: “Nel lavoro antropologico è impossibile separare la persona che raccoglie i dati dai dati stessi, perché cosa andare ad indagare e a che cosa prestare attenzione fa parte del disegno di ricerca, della raccolta e analisi dati. Ci sono una serie di cose che vanno ragionate prima, quindi mentre Elena collezionerà informazioni allo stesso tempo li analizzerà, in un contemporaneo confronto con me”.

ElenaBougleux©PNRA

 

In tutto questo può venire spontaneo chiedersi perché i microrganismi siano interessanti dal punto di vista antropologico. Da tempo sappiamo che conviviamo con i microrganismi, ma nei secoli si sono affinati gli strumenti di misurazione e visualizzazione di questi, fino al secolo scorso in cui si è arrivati alla coltivazione microbica. Il problema è che solo l’1% dei microrganismi che esistono sul pianeta terra possono essere coltivati e quindi studiati con questa tecnologia. “Ci perdevamo circa il 99% della biodiversità microbica” spiega Raffaetà. “Le cose cambiano nel 2000-2001 quando vengono comunicati i risultati del sequenziamento del genoma umano. Sequenziare un genoma vuol dire riuscire a leggere il DNA di qualsiasi cellula, ed è stato proprio grazie a quella tecnologia che ci si rese conto che tra il 50 e il 90% delle cellule umane non erano di origine umana, ma di origine microbica”.

 

Un’evidenza che ha dato forza a quella che prima era solo un’ipotesi: il tipo di ambiente con cui entriamo in relazione ha un’influenza molto importante sulla salute del nostro corpo. La nostra salute non deve essere pensata all’interno dei confini del corpo ma pensata proprio come una relazione con gli altri e con l’ambiente (One Health), quindi avere una visione più ecosistemica della salute, dove tutti siamo connessi con tutto.

 

Auguriamo a tutto il team di ricerca in Italia e ad Elena Bougleux buon lavoro. Chi desiderasse avere notizie aggiornate sulla quotidianità della vita alla base Mario Zucchelli può seguire il diario di Elena sulla pagina facebook Antarctic-one.

 

“Il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide è finanziato dal MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) e gestito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi”

 

Immagini in apertura: ElenaBougleux©PNRA

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