Per gli italiani i rilievi sono un luogo di svago, non un territorio abitato. Il silenzio mediatico sulla nuova legge per la montagna è una conferma
L'editoriale / Il pressoché totale silenzio mediatico in cui affonda la nuova legge per la montagna, mette in evidenza il generale disinteresse nazionale per la trama sociale che caratterizza i territori montani. Eppure nelle aree montane della Penisola risiedono 14milioni di persone, distribuite in oltre 4.200 comuni
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il pressoché totale silenzio mediatico in cui affonda la nuova legge per la montagna (ne abbiamo parlato qui e qui), mette in evidenza il generale disinteresse nazionale per la trama sociale che caratterizza i territori montani. Tant’è che molti abitanti delle Terre alte sono ancora inconsapevoli che il disegno di legge ha già ottenuto l’approvazione del senato con 77 voti favorevoli, 5 contrari e 45 astenuti.
Eppure, tra gli addetti ai lavori il dibattito è assolutamente vivo – è sufficiente pensare all’operosità di Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), in prima linea per ottenere un risultato finale più efficace – e non potrebbe essere altrimenti considerata l’importanza geografica e antropica dei rilievi.
È sufficiente pensare che nelle aree montane della Penisola risiedono 14milioni di persone, distribuite in oltre 4.200 comuni. Un dato non irrilevante considerato che in Italia si contano, in totale, 8.101 comuni.
Insomma, una nuova legge sulla montagna, in un territorio come il nostro dove – come ha ben evidenziato Luigi Torreggiani su L’AltraMontagna – le pianure, in fondo, sono “minoranza geografica”, dovrebbe essere una notizia non dico da apertura di telegiornale, ma comunque sulla bocca di molti divulgatori.
Invece, torno a sottolineare, il cammino della legge procede avvolto da un pressoché totale silenzio. Un silenzio che affonda le radici nel periodo romantico quando si è sedimentato, nell’immaginario sociale, uno sguardo parziale dei territori montani: improvvisamente, infatti, per molti le montagne hanno iniziato a rappresentare una sconfinata culla della natura incontaminata, dove appagare la propria sete di ludica salubrità; un territorio in cui rifrancare temporaneamente corpo e spirito dalle incombenze della vita quotidiana.
Schiacciati nel binomio natura-divertimento, i rilievi non hanno mai destato particolare interesse per il valore antropico che possono esprimere (se non in funzione turistica, con manifestazioni di carattere folcloristico poco attinenti alla realtà).
Di conseguenza, diventano appetibili da un punto di vista mediatico solo quando riescono ad appagare l’immaginario predominante. Così il silenzio dell’abbandono riverbera una narrazione incompleta, che esclude chi abita in montagna per accontentare chi la frequenta sporadicamente.
Assieme a questa legge è quindi necessario ricalibrare il nostro sguardo, la nostra percezione delle Terre alte, passando dalla retorica dell’assenza antropica, della natura incontaminata, a quella della coesistenza: sarebbe un importante passo per arginare lo spopolamento con politiche più aderenti all’identità del territorio.