"Non è tollerabile che si risponda alle vittime delle catastrofi con passerelle elettorali e promesse disattese". L'appello dalla Romagna alluvionata
Il manifesto di Rete 360 invita a "riconoscere la centralità delle aree appenniniche come nodo cruciale per la sicurezza dell’intero territorio. Serve un piano di rilancio socioeconomico e una strategia per rafforzare gli insediamenti e l’agricoltura"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Molti cittadini romagnoli sono convinti di non vivere su terreni franosi (com'è scritto nel programma elettorale della candidata di centro-destra alle ultime elezioni regionali, Elena Ugolini), ma che gli effetti devastanti delle alluvioni che a partire da maggio 2023 hanno colpito il territorio siano direttamente collegati all'abbandono dei versanti e al conseguente dissesto idrogeologico, in un'epoca caratterizzata da un aumento degli eventi estremi.
Una quindicina di gruppi locali, tra cui quelli attivi in Appennino per contestare la mancata risposta pubblica al disagio collegato a frane e mancata gestione del territorio, hanno lavorato insieme e presentato al pubblico la "Rete 360: per la Romagna alluvionata e la resistenza climatica".
"Quello a cui stiamo assistendo in Emilia-Romagna non può essere derubricato a semplice faccenda locale. Sono già tante le zone d’Italia ed Europa che hanno sofferto gli stessi drammi: l’Italia è un hotspot climatico, nessun luogo del Paese può dirsi al riparo dalle devastazioni che ormai si presentano ordinariamente quali moderne 'normalità'. Non crediamo sia più sostenibile l’arroganza di un modello di sviluppo irresponsabile che pretende di imporsi ad ogni costo su persone ed ecosistemi, indifferente a quelli che sono gli equilibri, i tempi e gli spazi della Natura stessa di un territorio con le sue comunità" spiega il comunicato con cui la Rete ha scelto di presentarsi pubblicamente.
Il nome richiama un dato significativo, i 360 millimetri di pioggia caduti nella terza alluvione, quella del 17-18 settembre 2024, e invita a riflettare sul problema dei disastri naturali che "va affrontato a 360 gradi nella sua complessità".
Il problema, quindi, sono anche pianure degradate a piazzali di servizio, città accatastate lungo direttrici di traffico senza soluzione di continuità e campagne e terreni dati in pasto ad ogni appetito speculativo. L'Italia, spiegano i promotori della Rete 360, è "un Paese asfissiato e sfigurato a misura di container, ignorando qualsiasi considerazione non connessa agli standard di produzione, movimentazione e consumo di merci, in un modello noncurante delle condizioni sociali di chi quotidianamente vi sopravvive. Quello stesso modello che ha costretto un intero Pianeta a una crisi climatica con cui ora rifiuta di fare i conti, riducendosi persino a negarla pur di proseguire nei propri interessi".
Il tavolo che ha avviato il percorso di costruzione della Rete 360 unisce associazioni della società civile, comitati, realtà collettive e anche persone singole. Le richieste puntuali sono puntuali e toccano tanti temi chiave anche nel Manifesto dell'Altramontagna.
Il primo attacco è legato alla gestione dell'emergenza: "Proteggere ed aiutare adeguatamente le popolazioni colpite a rialzarsi, sostenendole da subito nel recupero di una propria condizione dignitosa. Non è tollerabile che si risponda alle vittime di queste catastrofi – come accaduto in Romagna – con passerelle elettorali e promesse disattese, per poi scaricare loro addosso tutto il peso del disastro, consegnandole magari tra le braccia di banche ed assicurazioni". Il riferimento è all'incontro a Forlì tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, con le dichiarazioni congiunte di gennaio 2024. Segue l'esigenza di "determinare le condizioni perché la ricostruzione sia messa concretamente in atto a partire dal finanziamento dei Piani Speciali, da attuarsi nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale e sociale, con procedure di appalto che rispettino la legalità delle imprese che vi partecipano, la qualità del lavoro e la sua sicurezza".
Quindi, viene segnalata l'esigenza di "restituire ai territori di pianura una propria ecologia, ripristinando il rispetto della sua dimensione naturale e provvedendo a misure di difesa e sicurezza scientificamente sensate, sulle quali poter realizzare una ripartenza tanto credibile quanto celere. Crediamo - spiegano i promotori - che in questo indispensabile processo debbano essere attivamente coinvolte le stesse comunità locali, per una ricostruzione condivisa, equa e partecipata".
Infine, passando ad affrontare le questioni della montagna, il manifesto di RETE 360 invita a "riconoscere la centralità delle aree appenniniche come nodo cruciale per la sicurezza dell’intero territorio". "Per troppo tempo - prosegue il documento - le zone interne montane sono state retrocesse a fascia marginale, poiché irriducibili agli standard pretesi dalla modernità capitalistica, abbandonate alle proprie fragilità da attenzioni ed investimenti pubblici. Occorre un piano di rilancio socioeconomico per l’Appennino, complementare ad una strategia di prevenzione idrogeologica 'a monte' che ne rafforzi gli insediamenti, a partire dall’agricoltura – quale presidio capillare di custodia e manutenzione territoriale – fino agli enti locali, affinché siano dotati delle risorse necessarie a rivestire un ruolo primario nell’intervento e nel monitoraggio di un territorio vasto e complesso".
I promotori - tra cui figurano l'Appello per l’Appennino Romagnolo, Fridays For Future Forlì e il Tavolo Associazioni Ambientaliste Forlì - arrivano a proporre un nuovo modello davanti alla crisi climatica, chiedendo di sostenere "progetti di riconversione partecipata realmente ecologici e circolari. Risulta ormai urgente avviare un processo di decarbonizzazione di ogni settore produttivo e sviluppare una legge nazionale sulle emergenze e sui disastri, che saranno sempre più frequenti".
"Per farlo - concludono - occorre smuovere la volontà dei decisori ad ogni livello di responsabilità, affinché non restino ostaggio di interessi speculativi, calcoli elettorali o visioni distorte circa un cambiamento non più rinviabile. Non si può pensare di isolare un tema come la resistenza al cambiamento climatico nel recinto di una categoria o di qualche località: se la crisi è generale, lo sia anche la lotta". Messaggi diretti anche a Michele De Pescale, nuovo presidente eletto della Regione Emilia-Romagna.