Ogni anno più di 800 incidenti con la fauna selvatica, quando i corridoi faunistici? "Semplificazione eccessiva. E i risultati rischiano di non essere quelli attesi"
Le associazioni sono tornate a chiedere interventi a tutela di automobilisti e fauna selvatica. Qual è la differenza tra corridoio ecologico e wildlife crossing? E perché la Provincia è sempre sembrata cauta rispetto a queste opere? Il punto con Alessandro Brugnoli, dirigente del Servizio Faunistico
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TRENTO. "La frammentazione degli habitat è un fattore significativo, anche in termini di connessa incidentalità stradale con la fauna selvatica, ma le soluzioni non sono così immediate", queste le parole di Alessandro Brugnoli, dirigente del Servizio Faunistico della Provincia di Trento. "C'è piuttosto una semplificazione eccessiva di un tema estremamente complesso, che tocca vari aspetti, dal paesaggio all'urbanizzazione".
In tre anni in Trentino sono stati investiti circa 2 mila selvatici tra cervi, camosci e caprioli. A questo dato si aggiungono 600 animali di altre specie. Da questi dati e dal progetto recentemente avviato in Alto Adige per la realizzazione del primo ponte faunistico in località La Serra (San Lorenzo di Sebato), le associazioni trentine sono tornate a chiedere piani per realizzare dei corridoi faunistici, ossia un insieme di patch di habitat adatti alle varie specie di interesse inserite nel mosaico ambientale in modo da favorire - o addirittura rendere semplicemente possibili - i relativi spostamenti di varia natura (per esempio stagionali o dispersivi).
Un'ipotesi praticabile e attuabile? La Provincia si è sempre mostra piuttosto fredda su questi progetti. Il problema è noto ma i tecnici, la spiegazione di piazza Dante, sconsigliano di procedere in questa direzione. Perché? "L'incidentalità causata dall'attraversamento della fauna selvatica preoccupa tanto gli uffici provinciali quanto le persone che lavorano nel campo della conservazione e gestione della natura. Una criticità che abbiamo ben presente: ma attenzione a presentare queste soluzioni, auspicabili, come così facili da sviluppare".
Gli habitat sono frammentati, cioè le linee di trasporto (strade, ferrovie e corsi d'acqua) interrompono, in parte, la permeabilità degli ambienti per la fauna selvatica. Ostacoli naturali oppure artificiali che gli animali cercano di superare. "Il passaggio, per esempio, da un territorio a un altro risulta più semplice per gli individui di lupo in dispersione, più complesso per gli orsi, in relazione alle rispettive caratteristiche etologiche: i lupi, diciamo così, sono più audaci".
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Se il lupo è presente in modo uniforme in tutto il Trentino, la Provincia nicchia in materia di corridoi faunistici non tanto, e non solo, per la presenza dei plantigradi con un'accettazione nulla nella porzione orientale in caso di passaggio di qualche esemplare, quanto per ragioni strutturali. Questi interventi, infatti, riguarderebbero la fauna in senso generale, per aumentare la sicurezza anche degli automobilisti.
I grandi carnivori, come lupi e orsi, rappresentano, infatti, una percentuale esigua del totale: sono stati investiti 16 lupi e 14 orsi tra gennaio 2021 e febbraio 2023. I dati sono aumentati nel 2024 ma non in modo significativo. Gli incidenti stradali, nello stesso periodo, hanno coinvolto invece oltre 1.300 caprioli, 660 cervi, più di 230 volpi e oltre 600 animali di dimensioni minori, tra cui tassi, lepri, faine e varie specie di volatili.
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Nei fatti quindi si può dire che ogni giorno si verificano 2 incidenti stradali che riguardano nella stragrande maggioranza ungulati e in altri casi altri animali. L'investimento - anzitutto corposo - però potrebbe essere sostenuto dall'ente pubblico. Ma cosa ferma l'istituzione dei corridoi faunistici? "Gli spazi", evidenzia Brugnoli. "La valle dell'Adige, ad esempio, è altamente infrastrutturata e queste opere necessitano di ettari per poter essere almeno minimamente funzionali: si fatica a poter pensare in questo contesto anche ad una 'struttura' minimale per una superficie di 10 ettari".
Non secondario l'aspetto legato alla progettazione: "Servono studi e analisi: la progettazione di un corridoio faunistico coinvolge anche ingeneri, architetti, ecologi e esperti del paesaggio: un mosaico di competenze che lavorino in sinergia per facilitare la dispersione degli animali selvatici". Le aree interessate dagli incidenti sono note da anni: la val di Sole, in particolare il tratto tra Mezzana e Pellizzano, l’imbocco della Valle dei Laghi tra Vigolo Baselga e Vezzano, un nodo cruciale per la fauna in transito e lo svincolo di Civezzano sulla Valsugana.
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"Sono degli hotspot di incidentalità e rappresentano sicuramente dei punti critici, come la zona del Vecchio Mulino in Valle dei Laghi. Si potrebbe in linea teorica prevedere qualcosa di puntuale: un wildlife crossing". Un sovrappasso o un sottopassaggio. "Però anche in questo caso non è semplice, perché servono spazi e infrastrutture, con la previsione di un invito per la fauna selvatica, per esempio, per accompagnarne il passaggio e affinché gli animali non si disperdano passando in altri punti, oppure di manufatti di contenimento ed altre infrastrutture su una superficie ampia. E' facile dire che la permeabilità tra gli habitat diventa più fluida con queste opere, un'altra è che ci sia un risultato atteso".
Ci sono sperimentazioni in Svizzera e in Austria, così come in altre parti d'Europa. Altrove questi progetti sono già realtà, ma i risultati sono contrastanti. "L'unico esempio in Trentino di una struttura di questo tipo è quella che è stata realizzata intorno al 2010/11 tra Pellizzano e Mezzana, ma i dati di incidentalità sembrano in aumento. Insomma, questa partita è molto complessa e particolarmente impegnativa. I problemi (che sono più complessi di quanto il dibattito pubblico rappresenti) sono noti e monitorati, ma la soluzione non è così scontata".
Questi i dubbi che frenano i tecnici e, di conseguenza, la politica. "La fauna selvatica non è mai stata così abbondante come negli ultimi due decenni e l'antropizzazione è cresciuta in modo molto veloce e forte. E' certamente consigliabile lavorare sulla salvaguardia del territorio e sulla riduzione del consumo di suolo e sulle nuove tecnologie, così come proseguire nelle sperimentazioni attive in alcune aree del territorio, come i sensori", conclude Brugnoli.