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L'Anschluss, un altro passo verso il baratro. Il 12 marzo del '38 l'Austria veniva annessa dal Reich. Obermair: "La pietra tombale sul precario ordine di pace"

Il 12 marzo 1938 veniva proclamata l'annessione dell'Austria al Terzo Reich. Il beneplacito di Mussolini, che 4 anni prima aveva schierato le truppe al Brennero dopo un tentato colpo di Stato nazista, permise ad Hitler di mettere un altro tassello nel  progetto della Grande Germania. Lo storico Hannes Obermair: "Fu il fallimento della politica europea e internazionale più vistoso prima della Seconda guerra mondiale"

Di Davide Leveghi - 11 marzo 2021 - 18:39

TRENTO. “L'Anschluss rappresenta la pietra tombale sul divieto di revisione dell'ordine scaturito da Versailles. In quel momento, infatti, venne a galla tutta l'impotenza della Società delle Nazioni e delle democrazie occidentali, che si trovarono di fronte ad un fatto compiuto: l'annessione dell'Austria al Reich”.

 

Era il 12 marzo del 1938, quando la piccola Repubblica austriaca nata dalla dissoluzione della secolare monarchia asburgica e del suo Impero, venne fagocitata dall'imperialismo pangermanista nazista. Il mondo tedescofono – esclusa la Svizzera – bruciava così un'altra tappa verso l'avanzamento ad Est del Reich. La “fame di uomini” del Reich nazionalsocialista avrebbe portato il mondo sempre più vicino al baratro. Ma nel farlo, l'adesione delle popolazioni di lingua tedesca certo non mancò.

 

Contravvenendo palesemente a uno dei cardini dei Trattati di pace – il divieto di fusione dei due principali sconfitti della Grande Guerra – Hitler assestò l'ennesimo duro colpo al fragile equilibrio europeo. Il colpo del KO, secondo lo storico bolzanino Hannes Obermair. “E' il fallimento della politica europea e internazionale più vistoso prima della Seconda guerra mondiale. Segna infatti in modo irrimediabile il naufragio di Versailles, del cosiddetto 'spirito di Locarno' e del patto Briand-Kellogg del 1928, con cui si stabilisce l'eliminazione della guerra come strumento di politica internazionale”.

 

L'ordine mondiale è già in fase avanzata di disgregazione quando le truppe tedesche, su richiesta del leader nazionalsocialista austriaco Arthur Seyss-Inquart, fanno l'ingresso nel Paese. Nel 1934 il tentativo di colpo di Stato contro il cancelliere Engelbert Dollfuss, protetto di Mussolini, effettuato proprio dai nazisti locali, era fallito. L'Italia, spaventata dal possibile arrivo dei tedeschi al Brennero, invia perfino delle divisioni del Regio esercito al Brennero.

 

Ma questa volta Hitler agisce con il beneplacito del “dittatore amico”. L'uscita di scena di Dollfuss, morto per le ferite riportate, ma soprattutto il cambio degli equilibri internazionali, con la marginalizzazione dell'Italia fascista dopo l'aggressione all'Etiopia, spingono il Duce a "ritirare" l'ala protettiva sulla piccola Repubblica d'oltralpe. Le richieste d'aiuto del cancelliere clerical-fascista Kurt Alois von Schuschnigg vengono deliberatamente fatte cadere nel vuoto.

 

“In quel momento al potere in Austria c'è l'austrofascismo – spiega Obermair – un regime autoritario che ha come modello l'Italia fascista e così come Franco in Spagna rifonda lo Stato in senso clerical-fascista. L'ammirazione di Vienna verso Roma è utile all'Italia per avere un cuscinetto a difesa del Brennero e dalla Germania. La situazione internazionale però cambia. E l'amicizia brutale fra Hitler e Mussolini si trasforma attraverso la guerra d'Etiopia e il benestare dato da quest'ultimo all'annessione dell'Austria, fino alla firma del cosiddetto 'Patto di Acciaio' (QUI un approfondimento sulle conseguenze per l'Alto Adige). L'accordo è già cosa fatta nel settembre del 1937. Hitler garantisce l'intoccabilità del Brennero, Mussolini dà l'ok ai piani germanici in Austria. A loro modo, è la soluzione alla questione altoatesina”.

 

La delusione della popolazione di lingua tedesca dell'Alto Adige è tanta. La simpatia verso la potenza in cui si ripongono tutte le speranze di ricongiungimento alla madrepatria, però, non venne certo meno, come dimostrato dalla grande adesione delle Opzioni. “L'idea della Grande Germania è ben anteriore al nazismo – precisa lo storico – è un'idea ottocentesca, che trova forma ad esempio, qui a Bolzano, nella statua di Walther. Hitler però la coglie furbescamente, risveglia il pangermanesimo e cerca di creare una sorta di Frankenstein nazionale”.

 

Con un intervento unilaterale, la Germania nazista sovverte così l'ordine di pace, segnando irrimediabilmente la sorte degli austriaci. “In molti accolgono con entusiasmo l'annessione. Il 15 marzo, nella Piazza degli Eroi di Vienna, Hitler tiene il suo discorso 'proclamando dinnanzi alla Storia la riunificazione della mia patria nel Reich tedesco'. Facendosi paladino della Provvidenza, legittima l'Anschluss, venendo acclamato dalla folla. In quelle ore si esprime massimamente il volontarismo fascista e imperialista tedesco dell'Austria, mentre gli ebrei e gli antifascisti subiscono un giro di vite nella repressione. Alcuni cercano di fuggire, perfino in Italia. La comunità ebraica di Merano si ingrossa notevolmente. La Svizzera invece chiude le frontiere. E per molti arriva la deportazione a Dachau”.

 

“La fine dello Stato indipendente austriaco coincide con l'inglobamento in un'esperienza dittatoriale di ben altro livello – continua Obermair – l'Austria diviene parte dei disegni imperialisti hitleriani e lo fa in modo convintissimo, tanto che la percentuale di criminali di guerra austriaci è altissima. Nel referendum fasullo organizzato in aprile si raggiungono quote bulgare”.

 

Al di là del Brennero, l'Anschluss – nonostante la contrarietà di Hitler, incarnata nella formula “Die Parole des Schweigens” (La parola d'ordine del silenzio) – suscita l'entusiasmo di tedeschi e ladini. “In quel momento, l'Alto Adige si trova in un periodo di massiccia italianizzazione (nel 1935 viene istituita la zona industriale di Bolzano, attirando migliaia di italiani dalle vecchie province, ndr) – prosegue Obermair – nel gennaio del '35, con il plebiscito della Saar accade lo stesso. Si diffonde il motto 'Oggi la Saar, noi fra un anno'. E questa enfasi si ripete nel marzo-aprile del '38, misconoscendo Hitler. La speranza folle che avvenga prima o poi un'Anschluss sudtirolese rinasce. E quello spirito si riattiverà nel settembre 1943 (QUI un approfondimento)”.

 

Dopo la catastrofe della guerra, l'Austria si trova a dover scontare il difficile confronto con il proprio passato nazista. E come accaduto in molti Paesi stregati e travolti dalla follia nazi-fascista, si sfodera l'arma retorica nazionale più diffusa: il vittimismo. “Il discorso vittimista è funzionale alla rinascita civile del dopoguerra, con l'indipendenza acquisita solamente nel 1955 – spiega Obermair – è un tentativo di uscire dal cono d'ombra del nazionalsocialismo, una scorciatoia per rimuovere e non essere intaccati. L'Austria, come altri Paesi, non ebbe d'altronde una sua Norimberga”.

 

Definita nella conferenza di Mosca del 1943 la “prima vittima del nazismo”, l'Austria si nasconderà dietro a questo paravento, omettendo ogni doloroso confronto con le proprie responsabilità storiche. Ma, come sempre accade in questi casi, i nodi prima o poi vengono al pettine. “Negli anni '80 l'invischiamento nella barbarie nazionalsocialista diventa un tema di scontro civile. Lo scandalo di Kurt Waldheim, già segretario delle Nazioni Unite, rappresenta la cinghia di trasmissione per affrontare il neo profondo dell'identità austriaca”.

 

“Candidato per l'Övp alla presidenza austriaca, vengono a galla alcuni dettagli sul suo coinvolgimento passivo come ufficiale della Wehrmacht nei servizi di intelligence in crimini di guerra in Grecia. 'Ho fatto solamente il mio dovere', si giustifica, mentre viene alla luce il suo coinvolgimento in crimini di guerra. L'Austria si spacca, il dibattito pubblico diventa aggressivo. E mentre si verifica l'ascesa della destra, si comincia anche a smuovere la società, ad esempio sul tema dei risarcimenti alle vittime. È un momento anche salutare, se vogliamo. In Alto Adige, si assiste ad una situazione simile con le dichiarazioni di Messner sulle Opzioni”, conclude Obermair.

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