"La più grande indagine sui microbi negli alimenti" porta la firma dell'Università di Trento: importanti risvolti per la salute umana e per la sicurezza del cibo
Il team internazionale ha sequenziato i metagenomi di migliaia di alimenti, evidenziando il ruolo del microbioma alimentare e il suo possibile impatto sul quello umano. Il microbiologo Nicola Segata: "Con questo database possiamo iniziare a studiare il modo in cui le proprietà microbiche degli alimenti influiscono sulla nostra salute"
TRENTO. Tutto quello che mangiamo ogni giorno contiene microbi che possono influenzare sia la qualità del cibo sia il microbioma umano, vale a dire il patrimonio di microrganismi proprio di ogni persona.
Fino ad ora, però, non erano molte le informazioni note sui micro organismi presenti negli alimenti.
Fino ad ora appunto, perchè un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal dipartimento Cibio dell'Università di Trento ha creato un database del "microbioma alimentare" con i metagenomi di 2.533 alimenti diversi, e questo ha permesso di identificare 10.899 genomi di microbi associati al cibo, metà delle quali apparenenti a specie fino ad ora sconsciute.
La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Cell", ha inoltre dimostrato che i microbi associati al cibo rappresentano in media fino al 3% del microbioma intestinale di una persona adulta e ad oltre il 50% di quello di un bambino.
"Questa è la più grande indagine sui microbi negli alimenti mai realizzata" spiega il microbiologo computazionale dell'Università di Trento e co senior author dello studio Nicola Segata, che specifica: "Ora, potremo utilizzare questi dati per comprendere meglio come la qualità, la conservazione, la sicurezza e altre caratteristiche degli alimenti siano collegate ai microbi che contengono".
Tradizionalmente, viene spiegato, quelli negli alimenti sono coltivati uno a uno in laboratorio con un processo molto lento e non adatto a tutti i tipi di microrganismo.
Al contrario, per caratterizzare il microbioma alimentare in modo più completo ed efficiente, il gruppo di ricerca di Segata e il team internazionale hanno sfruttato la metagenomica: uno strumento molecolare che permette di sequenziare simultaneamente l’intero materiale genetico di un campione alimentare e complessivamente sono stati analizzati oltre 2.500 metagenomi provenienti da 50 paesi, di cui 1.950 sequenziati per la prima volta.
E ad essere stati individuati, come anticipato, sono stati 10.899 genomi di microbi, classificati in 1.036 specie batteriche e 108 specie fungine, con il team che ha inoltre osservato che alimenti simili tendono a ospitare microbi simili ma non identici, con una maggiore varietà tra i latticini.
Nonostante siano stati individuati pochi batteri potenzialmente patogeni, la ricerca ha identificato alcuni microbi meno desiderabili per l’impatto sul sapore o sulla conservazione del cibo, con queste informazioni che potrebbero servire per migliorare la qualità di ciò che mangiamo, ma anche aiutare chi si occupa di regolamentazione alimentare o deve determinare l’identità e le origini di un alimento.
"Una cosa sorprendente è che alcuni microbi sono presenti con funzioni simili in alimenti molto diversi e allo stesso tempo abbiamo dimostrato che gli alimenti che provengono da una specifica struttura o azienda agricola presentano caratteristiche uniche – spiega Segata – e questo potrebbe aiutare a determinare le specificità e le eccellenze di una singola zona di produzione. Potremmo addirittura usare la metagenomica per identificare gli alimenti provenienti da un determinato luogo e un determinato processo produttivo".
C'è però un altro aspetto rilevante: comprendere il microbioma alimentare può avere implicazioni anche per la salute umana, poiché alcuni dei microbi che mangiamo potrebbero entrare stabilmente nel nostro microbioma.
In relazione a ciò, per esaminare le sovrapposizioni tra i microbi associati al cibo e il patrimonio di microrganismi delle persone, il team ha confrontato il nuovo database con 19.833 metagenomi umani precedentemente sequenziati, con il risultato che è quanto mai interessante: le specie microbiche associate agli alimenti, infatti, compongono circa il 3% del microbioma intestinale adulto e il 56% di quello dei neonati.
"Questo suggerisce che alcuni dei nostri microbi intestinali potrebbero essere acquisiti direttamente dal cibo, o che storicamente le popolazioni umane hanno ottenuto questi microbi dal cibo e poi questi microbi si sono adattati per diventare parte del microbioma umano" conclude il microbiologo Nicola Segata, che spiega: "Potrebbe sembrare una piccola percentuale, ma quel 3% può essere estremamente rilevante per funzione e ruolo all’interno del nostro organismo: con questo database possiamo iniziare a studiare su larga scala il modo in cui le proprietà microbiche degli alimenti influiscono sulla nostra salute".