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"La diffusione delle epidemie dipende dallo status sociale", lo studio: "Così le caratteristiche socioeconomiche possono influenzare le previsioni sui contagi"

Uno studio, al quale hanno contribuito anche i ricercatori Unitn, mostra come le caratteristiche socioeconomiche delle persone possono influenzare le previsioni sui contagi: "Così in futuro potremo definire quali sono i gruppi sociali più a rischio e identificare politiche sanitarie di intervento prevenzione mirate"

Di S.D.P. - 18 October 2024 - 15:44

TRENTO. C'è anche il contributo scientifico dell'Università di Trento in un recente studio (pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances) che potrebbe migliorare, in futuro, la precisione dell’evoluzione di eventuali pandemie. Un team internazionale di ricerca ha sviluppato un approccio innovativo alla modellazione epidemica per trasformare il modo in cui scienziati e scienziate prevedono la diffusione delle malattie infettive.

 

 

Il lavoro è frutto di una collaborazione tra quattro istituti di ricerca: Queen Mary University of London, Central European University, Fondazione Isi di Torino e Università di Trento. L'equipe, coordinata da Nicola Perra (School of Mathematical Sciences, Queen Mary University of London), ha realizzato un nuovo modello epidemico che, accanto ai tradizionali fattori di cui si tiene conto nella propagazione dei contagi come possono essere l’età e il luogo di interazione, introduce anche variabili socioeconomiche quali il reddito, il grado di istruzione, l’etnia, l’occupazione.

 

La convinzione di chi ha condotto il lavoro è che questi fattori svolgono un ruolo significativo nel modo in cui le persone interagiscono e rispondono alle misure di salute pubblica. Includendo queste variabili, secondo gli autori, si possono creare modelli più realistici che riflettono meglio i risultati delle epidemie nel mondo reale.

 

"Durante la pandemia da Covid – spiega Michele Tizzoni – abbiamo scoperto che in diversi paesi nel mondo la capacità di aderire alle misure di lockdown è stata molto diversa a seconda del reddito delle persone. Chi era più benestante ha avuto la possibilità di aderire alle misure restrittive più facilmente, perché poteva permetterselo. C’erano invece altre persone con un livello di reddito più basso che non potevano permettersi di restare a casa e non lavorare. Ci sono state disuguaglianze enormi".

 

L'idea è di rendere l'epidemiologia computazionale più egualitaria e rispettosa delle differenze socioeconomiche che influiscono sull’espansione dell'infezione. I modelli elaborati sono stati testati su dati reali riferiti alla diffusione della pandemia da Covid 19 in Ungheria. Le informazioni sono state raccolte attraverso dei sondaggi che indagavano non solo l’età dei partecipanti, ma anche il loro stato socio-economico.

 

I risultati mostrano come l'inclusione di indicatori socioeconomici fornisca stime più accurate dell’andamento della malattia e riveli disparità cruciali tra diversi gruppi sociali. I ricercatori hanno dimostrato come il loro “framework” potrebbe quantificare le variazioni nell'aderenza agli interventi di protezione non farmaceutici, come il distanziamento sociale e l'uso della mascherina nei diversi gruppi sociali. E hanno scoperto che trascurare questi fattori nei modelli non solo altera la diffusione delle malattie, ma oscura anche l'efficacia delle misure di sanità pubblica.

 

 

L’impatto che questo studio potrebbe avere in futuro è chiaro: "Potremo definire quali sono i gruppi sociali più a rischio e identificare politiche sanitarie di intervento e di prevenzione mirate", conclude Tizzoni. "Generalized contact matrices allow integrating socioeconomic variables into epidemic models" è stato guidato da Nicola Perra (School of Mathematical Sciences, Queen Mary University of London e condotto in collaborazione con Adriana Manna (Central European University), Lorenzo D'Amico (Fondazione Isi), Michele Tizzoni (Università di Trento) e Márton Karsai (Central European University e Rényi Institute of Mathematics).  

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