I microrganismi presenti nella bocca condizionano le nostre scelte alimentari? Ecco la nuova ricerca Unitn: "Obiettivo prevenire comportamenti sbagliati a tavola"
Lo studio prende in considerazione le abitudini alimentari degli adolescenti, emerse nuove interazioni tra la sensibilità alle percezioni orali e alcuni stati psicologici. La professoressa Flavia Gasperi: "Il traguardo da raggiungere è un regime di dieta sempre più personalizzato per fasce d’età, che non deve essere solo equilibrato ma deve anche piacere"
TRENTO. Non sempre i cibi che più ci piace mangiare sono anche sani. Ma se esistesse un collegamento tra la percezione dei sapori e l’insieme dei microrganismi presenti nella bocca, questo consentirebbe di predire meglio le nostre abitudini alimentari.
È quello che sta indagando un gruppo di ricerca del Centro Agricoltura Alimenti Ambiente dell’Università di Trento, impegnata in uno studio su come i microrganismi presenti nel cavo orale possono condizionare i gusti e le scelte sul cibo da parte della popolazione adolescente. L’obiettivo? Prevenire comportamenti sbagliati a tavola e arrivare a una dieta personalizzata per questa fascia d’età, nell'ottica di limitare in età adulta l'insorgenza di problematiche di salute.
Il progetto si chiama “Dieta microsens” e, condotto dalla professoressa Flavia Gasperi e dall'assegnista Leonardo Menghi, ha visto inoltre il coinvolgimento 232 studenti dell'Istituto Agrario di San Michele all’Adige e"Martino Martini" di Mezzolombardo.
Nel dettaglio, ad essere prese in considerazione sono le abitudini alimentari di adolescenti di età compresa tra i 14 e i 17 anni: si tratta, viene spiegato, di un periodo in cui queste non sono ancora consolidate ed esiste quindi un margine per intervenire e correggere quelle sbagliate, con interventi di prevenzione che potrebbero limitare in età adulta l’insorgenza di problematiche di salute legate alla dieta.
È stata quindi prima raccolta una mole significativa di dati tra i giovani coinvolti - attraverso un modulo che conteneva informazioni legate alla persona, allo stato di salute, allo stile di vita e alle preferenze alimentari - e successivamente, negli spazi del laboratorio di analisi sensoriale della Fondazione Edmund Mach, sono state raccolte una serie di risposte sensoriali relative al gradimento e all’intensità percepita delle sensazioni orali, a seguito dell’assaggio di quattro succhi di pompelmo e quattro budini al cioccolato, ciascuno dei quali con una diversa concentrazione di zucchero.
"Il pompelmo e il budino sono modelli alimentari che presentano un tipo di caratteristica ben definita, rispettivamente l’acido e l’amaro, che si riesce a controllare in laboratorio" spiegano i due studiosi, che specificano: "Al pompelmo e al budino sono state aggiunte progressivamente quantità di zucchero per creare varianti più dolci nella loro intensità, ma che allo stesso tempo sopprimessero le due sensazioni principali, acido e amaro, evocate dai due alimenti modello e che fungono spesso da barriera all’adozione di abitudini alimentari salutari".
Prima dell’inizio di questa "attività pratica", sono stati inoltre raccolti due tipi di campioni biologici, uno di saliva e l’altro ricavato da un tampone linguale, con gli assaggi che sono stati poi intervallati dalla compilazione di una serie di questionari per studiare stati o tratti della personalità in grado di orientare le scelte alimentari: "Sono variabili in grado di influenzare il modo in cui percepiamo gusti e sapori e questi tratti, se concomitanti a uno stato ansiogeno pronunciato, possono promuovere determinate percezioni rispetto ad altre".
Terminata questa fase di raccolta delle informazioni, in queste settimane è in corso l’analisi dei risultati, e dai primi riscontri sono stati confermati i legami tra la percezione sensoriale e la dieta abituale: le persone, infatti, tendono ad avere una forte preferenza verso ciò che è dolce e un’avversione verso ciò che è amaro o acido.
Ma non è tutto. Sono emerse anche nuove interazioni tra la sensibilità alle percezioni orali e alcuni stati psicologici: ad esempio, ci sono persone che sono poco predisposte a mangiare cibi che non conoscono, e chi ha questa attitudine tende a percepire l’intensità del gusto amaro come più intensa rispetto a chi invece ha questo tratto più smussato. Secondo i ricercatori c’è quindi una interconnessione tra la mente e le abitudini alimentari, con il modo in cui vengono processati gli stimoli che rappresenta il ponte tra queste due componenti.
Nella prossima fase del progetto, il team di ricerca si concentrerà sull'analisi congiunta dei dati, integrando i profili microbici e genetici di studentesse e studenti in collaborazione con il Dipartimento Cibio e l’Università di Trieste, e questo permetterà non solo di ampliare le conoscenze sui meccanismi biologici alla base della percezione sensoriale, ma anche di aprire nuove prospettive per la definizione di strategie finalizzate al miglioramento delle abitudini alimentari tra adolescenti.
"Il traguardo da raggiungere è un regime di dieta sempre più personalizzato per fasce d’età, che non deve essere solo equilibrato ma deve anche piacere – conlcude Flavia Gasperi – e siamo convinti che attraverso un connubio tra quanto piace e quanto fa bene si può raggiungere l’obiettivo di far mangiare alle persone quello che effettivamente è sano".