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“Putin ha minato il sistema internazionale: ora necessaria politica energetica comune in Europa. Gli Stati Uniti parlino con la Cina per evitare ulteriori saldature con Mosca”

Mentre la tensione rimane altissima in Ucraina, nonostante le recenti notizie in merito a possibili negoziati tra Mosca e Kyiv, sono parecchi gli scenari da affrontare nel contesto internazionale: per approfondire le varie problematiche il Dolomiti ha contattato Mario Raffaelli, già sottosegretario agli affari esteri e oggi responsabile agli esteri di Azione

Di Filippo Schwachtje - 27 febbraio 2022 - 18:00

TRENTO. “Con l'aggressione Mosca ha minato il sistema delle relazioni internazionali, ora bisogna cercare di ricostruirlo e questo non può che portare alla sconfitta di Putin: è solo questione di tempo”. E proprio ora, mentre la tensione è a livelli altissimi in tutto il mondo, dice Mario Raffaelli, responsabile esteri di Azione ed a lungo sottosegretario agli affari esteri, sono due le direttrici strategiche sulle quali è necessario muoversi: “Da una parte gli Stati Uniti dovrebbero aprirsi al dialogo con la Cina, per evitare una possibile ulteriore saldatura con la Russia di Putin, dall'altra le potenze occidentali (Italia in primis) devono ripensare la loro politica energetica, tenendo in considerazione che oggi l'energia è una risorsa fondamentale anche, e soprattutto, in termini di sicurezza”. Insomma, dice Raffaelli: “Come la tragedia del Covid-19 ha fatto fare un salto in avanti in Europa, dove si è arrivati per esempio ad accettare l'idea di avere un debito comune, allo stesso modo di fronte a questa nuova tragedia che è la guerra in Ucraina, l'Ue dovrebbe trovare la forza di spingere per una politica energetica comune, mettendo sul tavolo meccanismi in grado di sostenere chi paga di più il costo di questa crisi e pensando in termini nuovi al sistema di sicurezza internazionale”.

 

Inquadrando la situazione attuale nel suo contesto geopolitico, dice il responsabile esteri di Azione: “Finora le ragioni che sono state messe sul campo per cercare di capire le mosse di Putin erano 3: i legami storici tra Russia ed Ucraina, l'espansione della Nato ad Est (alla luce dell'impegno preso di non allargare la propria presenza dopo l'unificazione della Germania) ed in ultimo la vocazione imperiale della Russia, una caratteristica storica fin dai tempi zaristi, passata poi nell'Unione Sovietica ed oggi al regime di Putin, che sta da tempo cercando di ricostruire quell'impero”. L'invasione dell'Ucraina infatti, ricorda Raffaelli, non è il prima passo in quella direzione: “E' necessario ricordare che per Putin il collasso dell'Unione Sovietica è stata 'la più grande tragedia del ventesimo secolo' ed è questa, fra quelle presentate sopra, la vera ragione dell'operazione russa in Ucraina”. In questo momento la “volontà imperialista” del Cremlino sta superando ogni possibile razionalità: “Tutti gli analisti pensavano che l'ipotesi peggiore - continua l'esperto - sarebbe stata un'operazione simile a quella portata avanti da Mosca in Georgia, quando con le stesse motivazioni utilizzate in Ucraina sono state occupate l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud. Nel contesto ucraino si pensava che il limite sarebbe stato il riconoscimento delle sedicenti repubbliche di Donetsk e Lugansk, un atto di per sé già molto grave perché avrebbe messo l'Ucraina nella posizione di dover scegliere se agire militarmente o accettare l'umiliazione di perdere parte del proprio territorio dopo anni di guerra”.

 

I possibili timori legati all'espansione della Nato sarebbero secondo Raffaelli una motivazione “inconsistente e ridicola” per l'attacco: “Oggi la Russia già confina con Paesi appartenenti al Patto Atlantico, nei Paesi Baltici, in Norvegia, senza contare l'exclave di Kaliningrad, completamente circondata da Paesi Nato. Va poi considerato che, di fatto, a Putin erano già state fornite delle rassicurazioni su questo fronte dal cancelliere tedesco Scholz (che alla conferenza di sicurezza di Monaco, pochi giorni prima dell'invasione, aveva detto che l'ingresso dell'Ucraina nella Nato “non è e non sarà in agenda” ndr) e che c'è stata la disponibilità di tornare a discutere degli accordi di Minsk, che avrebbero garantito alla due sedicenti repubbliche un'autonomia speciale. Aver fatto cadere delle proposte precise testimonia la malafede e la mancanza di volontà di negoziare: Putin voleva cinicamente arrivare all'invasione”. Ora che l'invasione è iniziata da diversi giorni però quali sono gli scenari? “Intanto, sul campo la resistenza ucraina è più forte di quanto Putin si aspettasse. Oltretutto un'occupazione permanente di tutta l'Ucraina avrebbe dei costi militari ed economici insostenibili per la Russia, un fattore che mette in dubbio la razionalità dei movimenti di Putin. In generale le dichiarazioni del presidente russo, dopo la minaccia chiara sull'utilizzo di armi nucleari, hanno precedenti in Europa solo con quelle di Hitler o Mussolini”.

 

Dopo le sanzioni delle forze occidentali, dice Raffaelli: “La speranza è che vengano smosse le oligarchie ed il sistema di potere in Russia. In generale, se Putin non si fermasse ma volesse minacciare dei Paesi Nato ci avvicineremo ad uno scenario molto pericoloso. Da questo punto di vista è necessario continuare a chiedere la fine dell'aggressione ma bisogna essere chiari: bisogna chiedere lo stop dell'invasione russa e fermare le violenza, non addossare critiche nei confronti dell'Occidente della Nato come ha fatto l'Anpi in Italia”. Per il responsabile esteri di Azione Putin “ha minato il sistema della relazioni internazionali”, ora “bisogna cercare di ricostruirlo e questo non può che portare alla sconfitta di Putin, che secondo me è una questione di tempo”. Sullo scenario internazionale però, come detto, è necessario che gli Stati Uniti: “Si aprano al dialogo con la Cina per evitare un'ulteriore saldatura tra le due potenze, in particolare alla luce del fatto che la risoluzione di condanna dell'invasione portata alle Nazioni Unite ha visto il Dragone astenersi, non votare contro. È vero che da un lato la Cina non ha condannato, ma dall'altro non ha nemmeno appoggiato il veto della Russia, dimostrando che non c'è la volontà di allinearsi all'interventismo in Ucraina”.

 

Poi c'è da considerare il problema immediato portato da questa sfida: “Le sanzioni porteranno duri problemi anche nei Paesi che le propongono – spiega Raffaelli – ma in questa fase è fondamentale rimanere uniti: la speranza di Putin è sempre stata di riuscire a dividere l'Occidente”. Un ulteriore punto sul quale concentrarsi, specialmente in Italia, è poi la risoluzione dei problemi strategici di approvvigionamento energetico. “L'Italia – conclude l'ex sottosegretario agli affari esteri – fino a qualche anno a fronte di un fabbisogno di 70 miliardi di metri cubi di gas ne autoproduceva circa 20. Oggi, dopo l'esperienza grillina contraria al Tap e alle trivellazioni nell'Adriatico, siamo arrivati a 3,7 miliardi di metri cubi. Questo trend va completamente invertito: ci vuole un piano energetico nuovo. Al momento sono state temporaneamente riaperte alcune centrali a carbone per far fronte all'emergenza, una scelta non piacevole ovviamente per l'impatto sull'ambiente, ma che andava presa. Altre mosse future potrebbero essere affittare piattaforme per il gas liquefatto, di cui c'è grande disponibilità su diversi fornitori, poi ancora lavorare per sfruttare il gas presente nel Mediterraneo, raddoppiare il Tap. Chi pensa di poter contare solo sulle rinnovabili sbaglia: da sole non possono bastare per il nostro approvvigionamento.

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