Crisi Ucraina, l'analisi dell'esperto: “Inquietanti le parole di Putin: la sua potrebbe essere una mossa disperata o il preludio di qualcosa di molto peggiore”
Dopo il riconoscimento dell'indipendenza delle due sedicenti Repubbliche di Donetsk e Lugansk, Putin ieri ha annunciato l'invio di “forze di pace” in Ucraina, facendo precipitare la situazione dopo settimane di tensioni e minacce. Il Dolomiti ha discusso dei possibili scenari futuri insieme al giornalista Rai ed esperto della situazione nel Donbass Danilo Elia
TRENTO. “Il riconoscimento dei territori separatisti da parte di Mosca può essere letto in diversi modi: se da una parte potrebbe essere una mossa 'disperata' dopo settimane di enorme dispiegamento militare al confine, dall'altra potrebbe rivelarsi il preludio di qualcosa di molto peggiore”. In poche parole: il rischio di un'invasione russa che si spinga al di là dei territori in mano ai separatisti dal 2014 c'è, spiega a il Dolomiti Danilo Elia, giornalista Rai esperto della situazione nel Donbass: “Il punto è capire che tipo di vantaggi potrebbe trarne Mosca, e questo al momento non è chiaro. Quel che è certo è che le parole di Putin sono inquietanti e mettono a rischio l'intero equilibrio di pace del secondo Dopoguerra”.
Dopo settimane di stallo, la situazione in Ucraina è infatti precipitata ieri sera (21 febbraio) quando il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato di riconoscere l'autonomia delle sedicenti Repubbliche di Donetsk e Lugansk, sottolineando come l'Ucraina non sarebbe un vero e proprio "Paese" ma piuttosto “parte della storia russa” e annunciando l'invio di “forze di pace” per la protezione degli abitanti delle zone interessate. “In queste ore si stanno moltiplicando i presunti avvistamenti di truppe e mezzi militari nei territori indipendentisti – conferma Elia – anche se al momento c'è molta confusione in merito e manca ancora un'evidenza ufficiale. In ogni caso è comunque questione di ore”.
Che l'obiettivo delle forze russe in Ucraina non sia una missione di peacekeeping è già stato ribadito nelle ultime ore da diverse autorità occidentali (gli americani hanno bollato l'ipotesi come “un'assurdità”). “Smontando la narrativa russa dell'invasione da parte ucraina rilanciata negli scorsi giorni – spiega Elia – è chiaro che le forze inviate da Mosca non possano essere di pace: da ormai 7 anni in linea di massima il cessate il fuoco sul confine orientale stava tenendo (nonostante più o meno sporadiche violazioni, molte volte anche con vittime) e Kiev avrebbe deciso di provare a riguadagnare terreno proprio quando oltre il confine sono stanziate 190mila militari russi? Non avrebbe nessun senso”.
Analizzando la situazione dalla prospettiva russa invece, la decisione di ieri di Putin può esser letta come detto in diversi modi, fermo restando che di per sé non rappresenta una mossa “particolarmente pesante”, spiega Elia. “È la montagna che partorisce il topolino – dice il giornalista – Putin non aveva bisogno di un dispiegamento di forze tali né per riconoscere né per annettere i territori separatisti, già peraltro governati da pseudo-autorità fantoccio sotto il controllo di Mosca. Da una parte potrebbe trattarsi di una mossa disperata, per essersi ritrovati alle strette (grazie ad una reazione tutto sommato coesa da parte della Nato e dell'Occidente) dopo il grande dispiegamento di forze delle scorse settimane e il continuo battere i pugni sul tavolo”.
Potrebbe essere in sostanza l'unica operazione “tecnico-militare” (per utilizzare il lessico del Cremlino) disponibile, una sorta di operazione di facciata. “Potrebbe però anche essere il preludio di qualcosa di molto peggiore – avverte Elia – ed il rischio c'è: con la presenza di truppe russe nel Donbass il pericolo di un casus belli diventa molto più concreto. Mettiamola così: se oggi i separatisti denunciano i presunti (e sottolineo, presunti) bombardamenti ucraini contro di loro, un domani la stessa denuncia potrebbe arrivare direttamente dalle forze russe”.
Una prospettiva resa ancora più concreta dal discorso di ieri del presidente russo: “Secondo Putin l'Ucraina non deve e non può pretendere di andare per la propria strada – sottolinea Elia – e lo stesso discorso varrebbe in sostanza per tutti i Paesi post-sovietici. È chiaro poi che passare dalle parole ai fatti in questa fase è molto complesso e nessuno al momento capisce che tipo di vantaggi potrebbe avere la Russia da un'invasione. Diciamo però che, immedesimandosi in un decisore unico e totale che ascolta e segue una cerchia sempre più ristretta d'alleati, non va sottovalutata la possibilità che la decisione finale venga eventualmente presa su basi non prettamente razionali”.
Nel suo contenuto “il discorso di ieri di Putin è inquietante e mette a rischio i fondamenti dell'equilibrio di pace del secondo Dopoguerra – conclude Elia, anche se – le sue parole hanno allertato i più indecisi tra i leader occidentali e c'è stata una reazione più ferma, che ha scosso il torpore anche dei più 'cauti' come Scholz (nelle scorse ore Berlino ha bloccato il progetto per il Nord Stream 2, il gasdotto che unisce Russia e Germania, mentre sanzioni sono state annunciate da Usa, Regno Unito e Unione Europea ndr). Ora bisognerà vedere quanto proseguirà questa situazione. In generale, se le forze russe si limitassero ad entrare nei territori separatisti, di fatto si tratterebbe di una sorta di 'ufficializzazione' di una situazione che de facto si porta avanti da anni. Il Cremlino poi risponderà alle critiche occidentali dicendo, come sempre, di essere intervenuto per difendere la popolazione locale e innalzando, come sempre, una cortina di fumo sulla questione”.