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Salari in Trentino, "Imprese sempre più ricche ma per i lavorati buste paga ferme". Il sindacato: "Stop all'avidità", la Pat? "Continua a procrastinare le scelte"

In questo quadro per il segretario della Cgil del Trentino, Andrea Grosselli, serve una seria assunzione di responsabilità nella classe imprenditoriale locale e spiega: "I lavoratori e le lavoratrici ci hanno perso due volte. In primo luogo perché sono stati parte centrale di questa crescita del valore aggiunto, ma ne hanno portato a casa solo le briciole. In secondo luogo perché i bassi incrementi salariali si sono polverizzati a fronte di un consistente aumento dell’inflazione"

Pubblicato il - 23 December 2024 - 12:40

TRENTO. In Trentino la crescita della ricchezza prodotta dalle imprese non si è tradotta in una pari crescita delle retribuzioni. A dirlo è la Cgil  commentando i dati Istat su valore aggiunto e retribuzioni nel periodo tra il 2018 e il 2022.

 

Tra il 2018 e il 2022  il nostro territorio ha visto aumentare il valore aggiunto molto di più delle regioni limitrofe, eppure questo balzo in avanti della produttività non si è tradotto in trasferimento di ricchezza sulle lavoratrici e sui lavoratori, visto che le retribuzioni sono cresciute meno rispetto all’Alto Adige e restano in media più basse di quelle del Nordest. 

 

L'analisi realizzata dal Centro Studi della Cgia di Mestre (QUI L'ARTICOLOha mostrato che Bolzano si trova all'11esimo posto con una retribuzione media mensile nel 2023 di 2.002 euro con un aumento, rispetto l'anno procedente del 4,3%. La provincia di Trento, invece, si trova al 40esimo posto con 1.726 euro e un aumento rispetto al 2022 del 4,1%. Un valore, quest'ultimo al di sotto della media italiana che è di 1.820 euro mensili. 

 

“In questo disallineamento sta una delle ragioni delle basse retribuzioni in Trentino – spiega il segretario Andrea Grosselli -. E’ incontestabile infatti che l’aumento della ricchezza prodotta sia nel comparto industriale, ma soprattutto in quello dei servizi, si sia tradotto in maggiori guadagni per le imprese. I lavoratori e le lavoratrici, dunque, ci hanno perso due volte. In primo luogo perché sono stati parte centrale di questa crescita del valore aggiunto, ma ne hanno portato a casa solo le briciole. In secondo luogo perché i bassi incrementi salariali si sono polverizzati a fronte di un consistente aumento dell’inflazione. Insomma mentre l'economia cresceva, i lavoratori sono diventati più poveri”.

 

In questo quadro per il segretario della Cgil del Trentino serve una seria assunzione di responsabilità nella classe imprenditoriale locale. “Le imprese non hanno più alibi: devono mettere da parte la loro avidità e lavorare per una maggiore diffusione della contrattazione integrativa territoriale, soprattutto in quei settori maggiormente frammentati dove ci sono anche i lavoratori più fragili e meno pagati. E’ un atto di responsabilità verso il futuro della nostra comunità. Se non vogliamo un Trentino sempre meno attrattivo e impoverito in termini di capitale umano e competenze”.

 

In questo scenario, secondo Grosselli, anche la Provincia deve fare la propria parte. “Buone intenzioni e promesse hanno fatto il loro tempo. La Giunta provinciale continua a procrastinare le scelte. Deve invece intervenire in modo concreto sul piano delle politiche industriali, sulla selettività degli incentivi e sulla promozione della contrattazione. Anche la legge di stabilità appena approvata, nel concreto, non fa nessun passo avanti in queste direzioni. Crediamo invece che sia giunto il tempo che l’Esecutivo superi i veti interni e apra una nuova stagione di dialogo con le parti sociali per negoziare misure concrete ed efficaci per risolvere l’emergenza salariale. Non si possono continuare a prendere in giro lavoratrici e lavoratori”, conclude il segretario generale.

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