Contenuto sponsorizzato

Bimbo di 7 anni in fin di vita per il formaggio contaminato: un milione di euro di risarcimento, la sentenza in appello. L'avvocato Chiariello: "Sentenza storica"

Il giudice di Pace aveva condannato a dicembre per lesioni personali gravissime l'ex presidente del caseificio sociale di Coredo Lorenzo Biasi e il casaro Gianluca Fornasari. Confermata in appello la sentenza di primo grado con inoltre il risarcimento di 600 mila euro di provvisionale a favore del bambino e 200 mila euro rispettivamente al padre e alla madre

Di Federico Oselini - 20 luglio 2024 - 09:46

TRENTO. Un milione di euro di risarcimento di provvisionale: è questa la cifra che dovranno pagare l'ex presidente del caseificio sociale di Coredo Lorenzo Biasi e il casaro Gianluca Fornasari, condannati lo scorso dicembre per lesioni personali gravissime dopo che nel 2017 Mattia Maestri, che allora aveva 7 anni, aveva mangiato del formaggio contaminato dal batterio Escherichia Coli prodotto dal caseificio e aveva contratto la Seu (Sindrome Emolitico-Uremica) che lo ha ridotto in uno stato "vegetativo insanabile".

 

La sentenza d'appello, con cui è stata confermata quella di primo grado, è arrivata al Tribunale di Trento nel pomeriggio di venerdì con il giudice Rigon che, al termine della discussione, ha respinto gli appelli degli imputati, presenti in aula, accogliendo invece la richiesta di risarcimento presentata dagli avvocati Paolo Chiariello e Monica Cappello che assistono la famiglia Maestri: nel dettaglio, a favore del bambino andranno 600 mila euro mentre ai genitori Giovanni Battista Maestri e alla moglie Ivana rispettivamente 200 mila euro.

 

"Ora verrà presentato il ricorso in cassazione ma siamo di fronte ad una sentenza quasi storica – racconta a il Dolomiti l'avvocato Paolo Chiariello – dal momento che sembrava praticamente impossibile dimostrare la connessione tra l'ingestione del formaggio contaminato e l'insorgenza della malattia, è stato un processo molto complesso, ma tutti hanno lavorato al meglio".

 

"Non voglio attribuire valori simbolici a questa sentenza – commenta a caldo il padre di Mattia, Giovanni Battista Maestri – ma tutto quello che abbiamo fatto in questi anni dà valore alla vita di nostro figlio e spero che possa aiutare a far sì che fatti del genere non accadano più ad altri bambini".

 

Alla luce della complessità della vicenda processuale, sotto vari punti di vista, l'avvocato Paolo Chiariello ripercorre nel dettaglio quanto accaduto, dal momento in cui il piccolo Mattia Maestri ha manifestato i primi sintomi della Seu, fino alla lettura della sentenza odierna.

 

"Il bambino il 5 giugno del 2017, dopo aver manifestato i primi malesseri, è stato portato prima all'ospedale di Cles e poi trasferito all'ospedale di Trento – spiega Chiariello – e dopo qualche giorno il quadro clinico è evoluto in modo negativo ed è stata ipotizzata la diagnosi di Seu, confermata poi da un centro specialistico di Padova".

 

Il bambino ha avuto in seguito un tracollo fino ad arrivare versare allo stato vegetativo in cui si trova tuttora: "I genitori dapprima non si capacitavano di quello che era successo, ma nel dicembre del 2017 è stata resa nota la notizia di un sequestro, in seguito ad una serie di ispezioni dell'Apss, di formaggio contaminato dal batterio portatore della tossina che causa la Seu, questo in un caseificio sociale trentino e in seguito al fatto che un bambino si era sentito male".

 

Ed è in questo momento che la famiglia Maestri si rivolge ai due legali, che prendono in carico il caso: "Dopo esserci accertati che il bambino in questione fosse Mattia, siamo venuti a conoscenza anche del fatto che era inoltre in corso un'indagine per frode alimentare nei confronti del caseificio sociale in questione".

 

Le indagini sul caso, rivelatesi fin da subito molto complesse, prendono il via e dopo circa due anni si affaccia lo spettro dell'archiviazione.

 

"Le indagini si sono scontrate con un'evidenza scientifica – spiega l'avvocato – perché dalla lettura delle analisi sui fluidi corporei del piccolo Mattia l'Istituto superiore di sanità ha ritenuto che il piccolo fosse stato colpito da un ceppo specifico del batterio portatore della tossina in grado di scatenare la Seu".

 

Ed è qui che gli avvocati Chiariello e Cappello decidono di contattare i migliori specialisti sul batterio incriminato, istituendo un vero e proprio collegio in grado di evidenziare come l'Istituto superiore di sanità, pur non commettendo errori di valutazione, avesse interpretato gli unici dati disponibili al momento, seguendo solo l'ipotesi più probabile.

 

"Siamo riusciti ad escludere ogni altra possibile causa d'infezione capendo che quelle analisi potevano essere fatte corrispondere perfettamente con i risultati di quelle effettuate sul formaggio  sequestrato – prosegue l'avvocato Paolo Chariello –. I tasselli del puzzle da incastrare erano tanti, e così è stato fatto, e nel 2020 abbiamo presentato un'opposizione alla richiesta di archiviazione del caso: quando il Pubblico Ministero e il Gip hanno analizzato il materiale da noi preparato, hanno disposto la prosecuzione delle immagini".

 

Poi la nomina di un consulente tecnico del Pubblico Ministero, esperto in materia, e questo porta al ad un ulteriore traguardo: ad essere ipotizzato è che le possibilità che il bambino avesse sviluppato la malattia per una causa diversa rispetto al formaggio prodotto dal caseificio fossero pari a 6 su un milione.

 

Nella primavera del 2023 si arriva quindi in giudizio davanti al giudice di pace del Tribunale di Cles: "Un lunghissimo processo nei confronti dell'ex presidente del caseificio sociale e del casaro produttore, culminato con una sentenza di condanna per entrambi per il reato di lesioni personali gravissime ai danni del bambino".

 

La sentenza è stata poi appellata dai condannati, ma anche dagli avvocati della famiglia Maestri: "Questo nella consapevolezza che quasi sicuramente si sarebbe finiti in cassazione e, in mancanza di una condanna al risarcimento del danno, il procedimento che fosse andato in prescrizione sarebbe stato cancellato in ogni sua valenza. Il nostro appello riguardava la dichiarata incompetenza, per valore, del giudice di pace e il rifiuto della richiesta di condanna al risarcimento del danno, o direttamente o con una provvisionale".

 

E oggi, come detto, è arrivata la sentenza – che prevederà comunque un ricorso in cassazione – che ha respinto gli appelli degli imputati, confermando la condanna e accogliendo invece l'appello degli avvocati Chiariello e Cappello: "Questo prevede il pagamento di una provvisionale di 600 mila euro a favore del bambino e di 200 mila euro ad ognuno dei genitori, con rinvio al giudice civile per la liquidazione totale del danno".

 

"Si è trattato di una sentenza a cui si è arrivati attraverso un percorso straordinariamente complesso, sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista scientifico, e voglio sottolineare come tutti i comparti abbiano lavorato al meglio: all'inizio tutti ci dissero che era praticamente impossibile dimostrare la connessione tra l'ingestione di sostanze contaminate dal quel batterio e l'insorgenza della Seu, e invece questo è stato possibile" conclude l'avvocato Chiariello che, assieme alla collega Cappello, specifica come: "Il processo ha raccontato la storia di Mattia e dei suoi genitori che hanno condotto una battaglia generosa, non cercando colpevoli ma solo la verità che spiegasse tutto quello che è accaduto, questo perché questo non accada più ad altri e perché si possa migliorare l'aspetto della prevenzione della Seu. Questo processo, in cui il costo emotivo per gli interessati è stato altissimo, ha un significato importantissimo anche da questo punto di vista".

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Cronaca
22 gennaio - 18:19
Claudio Cia ha mostrato, dati alla mano, che dal 2019 al 25 ottobre 2024, ben 790 infermieri e 447 medici hanno deciso volontariamente di lasciare [...]
Sport
22 gennaio - 17:53
Nella due giorni che ha rappresentato anche il test event delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, le due azzurre hanno incantato: "Però è troppo [...]
Montagna
22 gennaio - 15:55
I ragazzi avevano deciso di affrontare una pista chiusa (al buio) e hanno finito per farsi male. Dopo essere stati soccorsi, i due sono stati [...]
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato