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''Siamo seduti sopra una bomba'', in Trentino è allarme. Gli assistenti sociali: ''Sempre più poveri e continuano gli sfratti. Maggiore conflittualità nelle famiglie''

Una crisi economica ma anche sociale. Gli sfratti sono il problema maggiore ma a creare preoccupazione è anche il venir meno di una rete famigliare. Aumentano i giovani in difficoltà: "Sono sempre di più quelli che non lavorano e nemmeno sono inseriti in percorsi di studio ma rimangono a casa e si isolano"

Di Giuseppe Fin - 23 ottobre 2022 - 06:01

TRENTO. Una povertà assoluta che con il passare dei giorni  si sta ampliando coinvolgendo sempre più persone. Non solo economica ma anche di relazione. “Siamo davvero seduti su una bomba” spiega con preoccupazione a il Dolomiti, Angela Rosignoli, presidente regionale degli assistenti sociali.

 

Un vero e proprio dramma lasciato sul campo dopo due anni di pandemia e che oggi si aggrava ulteriormente con una crisi economica che non risparmia nessuno.

  
Ci sono persone che hanno perso un lavoro e anche una casa, i giovani depressi che non escono più nemmeno dalla loro camera, aumentano le conflittualità all'interno delle famiglie, l'assistenza agli anziani viene a mancare, il sistema di assistenza domiciliare è in crisi, la rete di relazioni famigliari è andata in frantumi. Emergenze a cui stanno facendo fronte la rete di assistenti sociali presenti in Trentino. Parliamo di 542 assistenti, per il 60% occupate in ambito pubblico, che stanno cercando di  affrontare questo muro di bisogno che continua a crescere e a farsi sempre più imponente. 

 

Dottoressa Rosignoli, in diverse zone d'Italia le richieste sono crescenti e gli uffici al collasso con le amministrazioni comunali in crisi che non riescono a fornire abbastanza risorse. Qui in Trentino come è la situazione?  
Fortunatamente il Trentino ha una spesa pro-capite alta, siamo una provincia con un livello di welfare buono e questo ci permette di avere un assistente sociale ogni 3750 abitanti. E' però certo che ci troviamo davanti ad un aumento enorme delle richieste soprattutto che riguardano cittadini che prima non avevano mai richiesto alcun servizio sociale.  

 

E quali sono i problemi maggiori che vi vengono posti?
La casa, senza dubbio, e siamo solo all'inizio. Per due anni sono stati congelati gli sfratti ed ora stanno arrivando tutti uno dietro l'altro. E' davvero un problema impegnativo e grave. Le persone rimangono senza un tetto dove poter stare, ci sono intere famiglie in questa situazione. Itea ha un numero di case che però non mette a disposizione perché sono da sistemare e si trovano anche loro davanti a bandi che vanno a vuoto perchè le aziende non riescono più a prendere i lavori con gli aumenti energetici che ci sono.  E' tutto un concatenarsi e a farne le spese sono le persone più vulnerabili. 

 

Da chi provengono oggi le richieste di aiuto? Sono le fasce di popolazione che già conoscete oppure nuovi cittadini?
Sta cambiando profondamente la situazione. Non ci troviamo più davanti solamente le classiche fasce di popolazione e il numero sta aumentando inesorabilmente. Stiamo assistendo sempre più a richieste richieste che arrivano da nuovi cittadini, cioè persone che mai prima di ora avevano avuto bisogno di rivolgersi ai servizi. Tanti hanno iniziato durante il periodo della pandemia con i buoni spesa ed ora siamo in attesa dell'arrivo di nuove fasce che prima chiamavamo solamente 'vulnerabili'. Stiamo parlando anche di quelle persone che si trovavano in una situazione al limite, bastava un imprevisto per sprofondare nella povertà. Tutti gli indicatori ci dicono che la povertà nei prossimi tempi aumenterà di molto. 

 

La crisi sta mettendo a dura prova la stessa unione famigliare?
Sicuramente il tema della povertà ha diverse sfumature. Una persona perde il lavoro e iniziano spesso i problemi anche a casa.  C'è un fortissimo aumento della conflittualità famigliare che porta sempre più spesso l'intervento dell'assistente sociale. 

 

E i giovani?
E' un altro problema grossissimo che stiamo affrontando. E' molto delicato e grave purtroppo. Ci sono sempre più giovani che non lavorano e nemmeno sono inseriti in percorsi di studio ma rimangono a casa. C'è l'aumento drammatico della sindrome di “Hikikomori”, del completo ritiro sociale  dei ragazzi e dei problemi psicologici. E' drammatico l'aumento della fragilità famigliare e delle conflittualità con una complicazione inesorabile delle relazioni. 

 

Una maggiore fragilità delle reti famigliari che si riversa anche nel mondo dell'assistenza degli anziani. 
Certamente, tante persone che prima facevano assistenza in casa ora non lo possono più fare perché devono andare a lavorare. E le cooperative private si trovano sempre più in difficoltà nel trovare personale sanitario che spesso decide di cambiare lavoro o di trasferirsi negli ospedali o nelle Rsa.

 

Come possiamo uscire da una situazione del genere?
Ci troviamo difronte ad polveriera sociale, siamo seduti su una 'bomba' che riguarderà tante famiglie. Oggi servirebbero interventi sistematici e non a spot. I bonus? Vanno benissimo come misure emergenziali ma dobbiamo pensare a politiche di miglioramento a lungo termine che puntino anche a rinforzare le relazioni. Servono strategie strutturate e integrate. Oggi, invece, i diritti sociali non sembrano trovare spazio nelle agente delle forze politiche.  

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