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L’attacco dei cloni: la scienza secondo Hwang

Snuppy è il primo cane ottenuto tramite una tecnica chiamata ‘trasferimento nucleare di cellule somatiche’ (SCNT). Non siamo nel futuro, bensì nell’anno 2005, e il cane non è certo il primo né sarà l’ultimo animale a venire al mondo in queste circostanze singolari
DAL BLOG
Di Open Wet Lab - 13 March 2018

Siamo un'associazione di giovani studenti o ex-studenti, impegnati nella divulgazione scientifica. La wet biology è l'attività di ricerca che si fa in laboratorio e a noi piace mettere le mani in pasta

Prologo

Si chiama Snuppy, o ‘Seoul National University Puppy’. A vederlo sembra un cucciolo come un altro, non fosse che il concentrato di padre che gli ha dato la vita non fu uno spermatozoo, ma un pezzetto di orecchio di un levriero afgano [1]. Snuppy è il primo cane ottenuto tramite una tecnica chiamata ‘trasferimento nucleare di cellule somatiche’ (SCNT). Non siamo nel futuro, bensì nell’anno 2005, e il cane non è certo il primo né sarà l’ultimo animale a venire al mondo in queste circostanze singolari. Nemmeno 5 anni dopo lo ‘scandalo’ del toro Galileo, tuttavia, di Snuppy si parlò ben poco.

 

Nonostante il successo commerciale, il caso del levriero riscosse infatti relativamente scarso interesse in quanto, nello stesso periodo, il suo creatore Prof. Whang si trovava sotto i riflettori per altri motivi. Egli aveva infatti da poco dichiarato di aver realizzato con successo una prima clonazione terapeutica con cellule umane, attirando su di sé l’attenzione dei media e della comunità scientifica globale [2].

 

Per comprendere appieno la portata di questa affermazione, basti pensare al caso delle scimmiette clonate in Cina proprio questo gennaio [3]; la notizia ha fatto parecchio discutere principalmente perché intuitivamente, una volta che è tecnicamente possibile clonare un primate, la distanza che separa dal gradino successivo sembra pericolosamente breve a percorrersi. Allo stesso modo, Hwang aveva in sostanza bruciato le tappe e ora si trovava tra le mani una tecnologia estremamente potente e controversa. Prima di addentrarci nella vicenda, spendiamo qualche parola sulla tecnica in questione.

 

Le due facce della clonazione

La clonazione è una tecnica che si basa sul già menzionato trasferimento nucleare di cellule somatiche (SCNT), lo stesso processo che fu utilizzato per generare la pecora Dolly. Una cellula donatrice da un tessuto del corpo (e.g. la pelle) e un ovulo non fecondato (Figura 1a) vengono fusi assieme dopo la rimozione del nucleo dell’ovulo (Figura 1b). L'uovo "riprogramma" il DNA nel nucleo ospite ad uno stato primordiale e la nuova cellula ringiovanita si divide fino a raggiungere lo stadio iniziale dello sviluppo embrionale, quello della blastocisti (Figura 1c). A questo punto, a seconda del destino di tale blastocisti, si parla di clonazione terapeutica (rilevante in ambito biomedico) o riproduttiva (rilevante in ambito agro-veterinario). Nel caso della clonazione terapeutica, le cellule della blastocisti vengono raccolte e coltivate per creare una linea cellulare stabile detta ‘pluripotente’, ovvero che ha la potenzialità di dare origine a praticamente ogni tessuto ed è perfettamente compatibile con il proprietario del nucleo donatore (Figura 1d). Questa particolarità rende le cellule ottenute tramite questa tecnica particolarmente appetibili per future applicazioni nel campo della medicina rigenerativa personalizzata. Alternativamente, se la blastocisti ottenuta non viene utilizzata per creare una linea cellulare, ma impiantata in una madre surrogata, si può potenzialmente dare origine a un individuo identico al donatore (Figura 1e). Si parla a questo punto di clonazione riproduttiva, come fu il caso di Dolly, Snuppy e compagni. Se non contiamo i milioni di bambini rinchiusi in laboratori segreti nella giungla, le attuali limitazioni tecniche in ambito scientifico ed etiche in ambito giuridico, rendono la clonazione riproduttiva umana impossibile.

Figura 1: SCNT applicato alla clonazione terapeutica o riproduttiva. Le lettere corrispondono alle diverse fasi descritte sopra.

 

Nascita di un guru

Hwang, nell’articolo pubblicato da Science nel giugno 2005, affermava di aver generato con successo 11 linee cellulari pluripotenti a partire da cellule e ovociti umani tramite SCNT, 

compiendo un significativo passo avanti verso l’ultima frontiera della clonazione terapeutica. In quel periodo l’interesse per l’argomento era ai massimi storici e tale affermazione infuse nuovo entusiasmo nell’ambito della medicina rigenerativa. Il lavoro del dott. Hwang proponeva la possibilità di trattare svariati tipi di malattie con cellule riprogrammate e contenenti lo stesso patrimonio genetico dei pazienti, evitando quindi il rigetto da parte del sistema immunitario. La prospettiva di ricreare tessuti per trapianti a rischio zero faceva gola agli investitori e stimolava la fantasia del grande pubblico. Non a caso, già nel 2004, a Hwang venne conferito il titolo di Scienziato Supremo dal Ministero della Scienza e Tecnologia sudcoreano, nonché l’appellativo di ‘Orgoglio Nazionale’. La sua faccia compariva sui francobolli, la sua auto era guidata da una scorta nell’intento di prevenire tentativi di rapimento da parte dei competitivi vicini a Nord. Il suo nome figurava nella classifica del Time ‘People Who Mattered 2004’.

 

Sempre nel 2005, cominciarono tuttavia a circolare alcune sparute voci sulla condotta sua e del suo team durante lo studio. Dapprima queste insinuazioni furono soffocate sotto il peso della notorietà del personaggio. Basti pensare che una stazione televisiva sudcoreana fece un primo tentativo di inchiesta, ma il programma fu cancellato a fronte di un’ondata di indignazione dovuta alla popolarità e sostegno pubblico per il dott. Hwang. Tuttavia, una serie di blog su un sito web frequentato da giovani scienziati sudcoreani, misero in discussione l'autenticità di alcune immagini contenute nella pubblicazione scientifica in questione.

 

Effetto domino: ‘Se stiamo fermi non ci vede’

Questi piccoli focolai di scetticismo sarebbero forse passati in sordina, non fosse che a seguito di tali accuse, il secondo autore del documento, Gerald Schatten dell'Università di Pittsburgh, chiese che venisse rimosso il suo nome dall’articolo. Il gesto non passò inosservato, la comunità scientifica era ora sul chi va là. Altri campanelli d’allarme non tardarono a farsi sentire: un paio di giorni dopo, un altro coautore, Roh Sung-il, sostenne che il dott. Hwang aveva ammesso, in circostanze poco chiare, di aver falsificato i dati su 9 delle 11 linee di cellule staminali che costituivano la base delle sue scoperte. Come se non bastasse, il capo di una clinica per l'infertilità a Seoul che aveva collaborato con il Dr Hwang in passato, nonostante fosse citato nella lista degli autori, affermò di non essere stato a conoscenza del lavoro se non dopo la pubblicazione. La crepa continuò ad allungarsi, saltò fuori che molti degli ovociti utilizzati nello studio furono ottenuti attraverso meccanismi di coercizione non esattamente legali, tantomeno in linea con la Dichiarazione di Helsinki per la sperimentazione umana, per cui studentesse e collaboratrici sarebbero state spinte a cedere i loro stessi ovuli per ‘la causa’. Le prime accuse di appropriazione indebita di fondi dovettero mettersi in coda, in quello che iniziava a prendere la forma di uno scandalo di dimensioni colossali. Non fu un caso quindi, che nello stesso mese fu istituita dall'Università Nazionale di Seoul una commissione interna con lo scopo di verificare l’attendibilità dello studio [4].

 

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Il gruppo si barricò nei laboratori del Prof. Hwang per una settimana. Durante questo periodo essi condussero un'indagine approfondita, raccogliendo testimonianze di Hwang, Roh e di altre persone coinvolte nello scandalo e ripercorrendo il protocollo degli esperimenti principali presentati nello studio. Il 23 dicembre, il verdetto: tutta fuffa. L’infondatezza totale e disarmante dello studio in ogni sua parte [4]. Non solo i risultati di ricerca sulle cellule staminali sarebbero stati fabbricati, ma venne fuori come Hwang fosse perfettamente al corrente della donazione degli ovuli da parte delle studentesse, ed avesse egli stesso distribuito i moduli per il consenso. L’accusa si spinse fino ad affermare che egli avesse addirittura accompagnato di persona una ricercatrice all’Ospedale MizMedi per la procedura di estrazione delle uova. Al centro della tempesta finì anche il consulente presidenziale per la scienza e la tecnologia, Park Ky-young, biologo molecolare coautore del lavoro del dott. Hwang nel 2004. Il governo sudcoreano aveva investito oltre 26 miliardi di won (circa 20 milioni di €) nella ricerca, venendo ora accusato di non aver saputo tenere d'occhio il suo protetto. E non a torto, alla luce dell’accusa a Hwang di aver utilizzato 2,8 miliardi di won per scopi personali e per l'acquisto illegale degli ovuli utilizzati negli esperimenti.

 

Ciliegina sulla torta, il panel realizzò che le cellule ottenute dal gruppo di ricerca non fossero in realtà proprio da buttare [5]. Dapprima increduli, si accorsero che le suddette cellule staminali fasulle provenissero in realtà da fenomeni di divisione degli ovuli. Tale processo è chiamato partenogenesi e permette di ottenere linee cellulari identiche alla madre donatrice. Diffusa come tecnica riproduttiva negli insetti e altri viventi, nessuno era mai riuscito a riprodurre il fenomeno con cellule umane. Non fosse per quel piccolo grande scandalo di mezzo, un risultato del genere sarebbe bastato a elevare nuovamente Hwang a divinità incontrastata della clonazione.

 

Fine di un sogno?

Il 12 maggio 2006, Hwang fu accusato di frode, appropriazione indebita e violazioni di leggi bioetiche varie e assortite. Gli fu tolta la cattedra presso l'Università Nazionale di Seoul e i fondi governativi si volatilizzarono, il tutto condito da una condanna a una sentenza sospesa di due anni di reclusione, poi ridotta di 6 mesi [6]. Ma il sostegno pubblico non si esaurì altrettanto facilmente [7]. Durante quella primavera scoppiarono disordini, vi furono delle manifestazioni fuori dai laboratori con tanto di fiori e bigliettini di incoraggiamento. Più di 1000 donne fecero richiesta esplicita di donare i loro stessi ovuli affinché la ricerca potesse proseguire. Un camionista mostrò il suo risentimento dandosi fuoco dopo aver distribuito volantini per richiedere la ripresa degli studi. Per quanto quella che si può definire isteria di massa lasci quantomeno increduli, essa traeva la sua inerzia non dall’ipotetico appeal del Dr. Hwang, ma dalla speranza che tale tecnologia potesse un giorno aiutare a combattere malattie degenerative tuttora incurabili, speranza che rifiutava di essere stata illusa e raggirata. Il centro di ricerca sulle cellule staminali di cui Hwang era a capo prima delle sue dimissioni dichiarò di sperare che sarebbe tornato, anche se i suoi errori avrebbero potuto danneggiare l’immagine dell’istituto.

 

Probabilmente tali danni d’immagine interessavano poco il Dr. Hwang. Da quando il polverone si è diradato, egli ha infatti pubblicato attivamente altri manoscritti, molti dei quali sono apparsi su PubMed, il database online per la ricerca biomedica. Nel febbraio 2011 visitò un centro di ricerca in Libia nell'ambito di un progetto da 133 milioni di dollari (poi cancellato causa guerra civile) per la realizzazione di un centro di ricerca e transfer tecnologico sulle cellule staminali. Inoltre, alla faccia del basso profilo, il ‘Professore’ iniziò a lavorare presso il Sooam Bioengineering Research Institute di Yongin, dove attualmente conduce attività di ricerca sulla creazione di embrioni di suini clonati per la produzione di linee di cellule staminali embrionali [4]. Nel novembre 2015, una società biotech cinese ha annunciato che collaborerà con tale laboratorio per aprire una delle più grandi aziende nel settore della clonazione animale. Tra le altre cose, qualche anno fa Hwang si guadagnò qualche trafiletto di giornale e articolo di National Geographic quando annunciò di voler riportare in vita il mammut lanoso. Naturalmente non andò egli stesso a scavare nel permafrost in Siberia, ma si specula che tale incarico fu portato a termine da gruppi di affiliazione pseudo-mafiosa. Ad oggi, gli esiti del progetto rimangono avvolti nel mistero.

 

Considerazioni: abbiamo bisogno della clonazione?

La clonazione è stata accolta quasi due decadi fa come la grande speranza per una rivoluzione biomedica, agricola, ecologica basata sull'uso di tecniche di SCNT. Da allora, l'approccio è stato avvolto nel dibattito etico e macchiato dalle frodi. Ad anni di distanza, gli impieghi sono rimasti circoscritti a clonazione di tipo riproduttivo in contesti per ora rari e limitati nella ricaduta economica. Ad oggi due soli studi, pubblicati nel 2013 e 2015, sono riusciti dove Hwang e molti prima di lui hanno fallito, creando linee cellulari pluripotenti umane tramite clonazione [9]. Per quanto i risultati siano stati validati, non si è sentito molto parlare di quello che dieci anni prima veniva dipinto come un avanzamento epocale. Gli studi successivi  si contano sulle dita di una mano, a nessuno interessa quasi più nulla. La domanda che sorge quindi spontanea è “Abbiamo davvero ancora bisogno della clonazione?”.

 

Per quanto complessa, la risposta, che piaccia o meno è: “Probabilmente no”. Negli stessi anni in cui Hwang pasticciava con gli ovuli delle sue dottorande e scopriva per sbaglio la partenogenesi umana, il team di un biochimico giapponese di nome Shin'ya Yamanaka creava la prima linea di cellule pluripotenti umane senza l’uso di SCNT. Questo nuovo tipo di tecnica non utilizza un ovulo per riprogrammare il nucleo di una cellula allo stadio pluripotente, ma simula quella stessa azione tramite fattori aggiunti esternamente, il che la rende di fatto molto diversa dalla clonazione in senso canonico. Per farla breve, le cellule di Yamanaka fecero tutti così contenti che gli valsero il Nobel nel 2012, nemmeno dieci anni dopo la scoperta [10].

 

Ad oggi, quelle che vengono chiamate “Cellule Staminali Pluripotenti indotte” o iPSCs sono oggetto di una quantità esorbitante di studi, volti a studiarle e perfezionarle di modo che presto possano un giorno essere utilizzate come un’alternativa etica per la ricerca sulle cellule staminali e in medicina rigenerativa. La quantità di applicazioni in ambito biomedico è potenzialmente infinita e richiederebbe un articolo a sé stante. Per ora basti sapere che i primi trial clinici sono già in corso ed evidenziano, per lo spettro delle patologie affrontate, le potenzialità e la versatilità di queste nuove tecnologie. Si va dalla degenerazione maculare senile a malattie genetiche come l’anemia falciforme, che è tuttora curabile solo mediante trapianto di midollo osseo, una procedura pericolosa e che dipende dalla disponibilità di donatori compatibili.

 

Il solo sentire nominare la clonazione provoca ancora oggi un sussulto di paura e indignazione nella maggior parte delle persone. E non c’è dubbio che la condotta e l’operato di Hwang siano scientificamente ed eticamente da condannare. Ma la pecora Dolly, le scimmiette, Il toro Galileo, Il pastore Snuppy, non devono essere considerati come incidenti di percorso; la scienza non butta via niente. È infatti anche grazie ai dati raccolti trasversalmente a tali studi che oggi disponiamo di valide alternative che in futuro forse salveranno o miglioreranno la vita di molti, persino degli scettici.

 

 

di Davide Visintainer

 

Fonti (in inglese):

 

  1. http://www.nature.com/news/2009/012345/full/news.2009.1073.html
  2. http://www.nytimes.com/2005/05/31/science/without-apology-leaping-ahead-in-cloning.html
  3. https://www.nytimes.com/2018/01/24/science/cloned-monkeys-china.html?rref=collection%2Ftimestopic%2FCloning&action=click&contentCollection=science&region=stream&module=stream_unit&version=latest&contentPlacement=3&pgtype=collection
  4. http://www.nature.com/news/2005/051219/full/news051219-3.html
  5. http://www.nytimes.com/2007/08/03/science/03cell.html?mtrref=undefined&gwh=515211CF58AF16FE62F88E819447FD05&gwt
  6. http://www.nytimes.com/2006/05/12/world/asia/12korea.html?mtrref=undefined&gwh=7846F3E276A7211017ABE5C1204C9F86&gwt
  7. https://www.economist.com/node/14781624
  8. http://www.nytimes.com/2006/06/28/world/asia/28briefs-004.html?mtrref=undefined&gwh=90E498C2C91BB889B2C84A4BCA44B675&gwt
  9. http://www.cell.com/cell/fulltext/S0092-8674(13)00571-0
  10. https://www.economist.com/blogs/babbage/2012/10/nobel-prize-physiology-or-medicine

 

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